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Gli insindacabili aumenti ai sindaci

Se da una parte le funzioni dei sindaci sono diventate più complesse rispetto a qualche decade fa, l’aumento del 100% di stipendio per questa categoria – che è stato inserito nell’ultima Finanziaria – lascia senza fiato rispetto alle polemiche sui costi della politica e alla crisi economica complessiva che sta attraversando il Paese.

Si tratta di aumenti che nel caso delle grandi città – le Città Metropolitane – vedono il compenso del primo cittadino esattamente raddoppiato. Vediamo nel dettaglio queste cifre, direttamente dalla “legge di Bilancio”.

L’indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei Comuni delle Regioni a statuto ordinario viene incrementata in percentuale al trattamento economico complessivo dei presidenti delle Regioni. L’aumento sarà graduale per il 2022 e 2023 e permanente dal 2024. Anche le indennità di funzione dei vice-sindaci, assessori e presidenti dei Consigli comunali saranno adeguate a quelle dei corrispondenti sindaci, con l’applicazione delle percentuali vigenti.

Dal 2024, l’indennità di funzione dei sindaci metropolitani e dei sindaci dei Comuni ubicati nelle Regioni a statuto ordinario sarà parametrata al trattamento economico complessivo dei presidenti delle Regioni, attualmente pari a 13.800 euro lordi mensili, secondo quanto definito dalla “Conferenza Stato-Regioni” in relazione alla popolazione risultante dall’ultimo censimento ufficiale:

– del 100% per i sindaci metropolitani (13.800 euro lordi mensili);

– dell’80% per i sindaci dei Comuni capoluogo di regione e per i sindaci dei Comuni capoluogo di provincia con popolazione superiore a 100.000 abitanti (11.040 euro lordi mensili);

– del 70% per i sindaci dei Comuni capoluogo di provincia con popolazione fino a 100.000 abitanti (9.660 euro lordi mensili);

– del 45% per i sindaci dei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti (6.210 euro lordi mensili);

– del 35% per i sindaci di Comuni con popolazione da 30.001 a 50.000 abitanti (4.830 euro lordi mensili);

– del 30% per i sindaci dei Comuni con popolazione da 10.001 a 30.000 abitanti (4.140 euro lordi mensili);

– del 29% per i sindaci dei Comuni con popolazione da 5.001 a 10.000 abitanti (4.002 euro lordi mensili);

– del 22% per i sindaci dei Comuni con una popolazione da 3.001 a 5.000 abitanti (3.036 euro lordi mensili);

– del 16% per i sindaci dei Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti (2.208 euro lordi mensili).

Sono cifre importanti come si può vedere, che non necessitano della retorica parassitaria grillina (M5S, che ha l’indignazione a giorni alterni, critica il provvedimento nei Consigli comunali, dopo averlo votato: sì esatto, hanno votato a favore dell’aumento in Parlamento) per essere definite fuori luogo in un momento così particolare, in cui milioni di persone hanno perso il lavoro a causa della pandemia mentre altri milioni sono sulla soglia della povertà a cui resistono con innumerevoli sacrifici.

Ad accendere la miccia sull’urgenza degli aumenti era stato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il quale appena insediato aveva lamentato di non riuscire a trovare assessori di spicco per la sua giunta perché avrebbero dovuto rinunciare a stipendi di molto superiori nella vita “non politica”.

Non dobbiamo dimenticare però che in nessun caso gli stipendi pubblici – perché tale è il ruolo di sindaco o assessore, e questo non è un aspetto trascurabile – possono eguagliare le cifre che offrono ditte di privati.

Per essere chiari: lo stipendio che secondo alcuni assessori è troppo basso si aggira fra i 4 e i 5 mila euro al mese, ovvero lo stipendio medio di 6 mesi di un rider o di un giornalista precario o di un operatore sociale. Tanto per capirci.

Che non si tratti di un semplice adeguamento al costo della vita – oltretutto non è aumentata soltanto per chi fa politica – è reso ancora più evidente proprio dalle scelte fatte dallo stesso Gualtieri per il suo staff. Ed è facile con un motore di  ricerca trovare gli articoli in cui esponenti dell’attuale giunta Gualtieri criticavano le spese per lo staff di Virginia Raggi, che l’ha preceduto in Campidoglio.

Intanto parliamo di 85 persone fra sindaco e assessori. Ma colpisce ancor di più che buona parte dei designati a ruoli tenici, politici e comunicativi del Campidoglio siano ex presidenti di municipio, ex consiglieri e militanti del centrosinistra.

Totale 4 milioni di spesa per lo “staff” di fedelissimi – superiore a quella fatta da Marino e da Alemanno. Ma, risponde alle critiche il capo di gabinetto di Gualtieri Albino Ruberti (per lui 200 mila euro l’anno di paghetta, 69 mila di indennità ad personam, 14 mila euro in più di quanto guadagnava precedentemente in Regione per ricoprire lo stesso ruolo con Zingaretti) “il budget è lo stesso di Virginia Raggi con 6,6 milioni di euro”.

Sia nel caso degli aumenti ai sindaci che degli stipendi dello staff del sindaco in una città come Roma, è da sottolineare come il compimento della parabola degli “anticasta” grillini – diventati ormai il perno della “casta”, inchiodati da 4 anni alle poltrone di governo con qualsiasi tipo di maggioranza possibile – ha  coinciso con il prepotente ritorno sulla scena degli “odiati” piddini (talmente odiati che oggi sono gli alleati privilegiati dei 5 stelle) e della loro concezione di una politica separata dalla società reale e dai suoi problemi, che proprio al grillismo diede vita come forma esasperata di reazione ai privilegi della politica.

E non può essere considerato un caso che, persa dai grillini qualsiasi credibilità nel contestare un sistema di cui ormai sono i soci di maggioranza, l’opposizione ai costi della politica anziché a  iniziative di parti politiche venga relegata a sporadici articoli come il mio e poco altro.

Forse era proprio questa la loro missione.

* da La Bottega del Barbieri

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