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Noi vogliamo la pace, voi volete la guerra

Questi giorni di guerra sono caratterizzati da un dibattito estremamente polarizzato. L’indignazione per l’attacco ordinato da Putin all’Ucraina ha scatenato un’onda emotiva che la maggior parte dei mezzi di informazione ha potuto cavalcare facilmente, annullando la rilevanza politica di qualsiasi avvenimento precedente il 24 febbraio di quest’anno.

Alcune verità storiche documentate e alcuni concetti basilari vengano obnubilati dal conformismo, dal perbenismo, dal dovere di patria e dalla retorica che viene applicata alla narrazione degli avvenimenti.

Occorre sintetizzare due punti fondamentali: il primo riguarda l’Ucraina, il secondo riguarda l’Italia.

UNO

La responsabilità della Nato, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti nella attuale crisi militare è assolutamente sottostimata da tutti i principali mezzi di informazione.

In seguito al fallimento delle trattative per un accordo di libero scambio fra Ucraina e UE, il governo in carica presieduto da Victor Janukovic è stato rovesciato all’inizio del 2014 con un colpo di stato organizzato dall’Euromaidan, una organizzazione filoccidentale appoggiata da formazioni paramilitari di estrema destra.

A questo stato di cose si oppose il governo locale della Crimea, che fu annessa unilateralmente da Putin all’interno della Federazione Russa, e le popolazioni del Donbass, che videro in pericolo il diritto all’autodeterminazione linguistica e la loro integrità fisica.

Da questo momento in poi l’Occidente ha fatto di tutto per accellerare un processo (già ampiamente in atto) che trasformasse l’Ucraina in uno stato razzista e militarista sul modello di Israele, cercando di allontare per sempre la politica di quelle terre dalla sfera di influenza russa.

La formazione paramilitare neonazista Pravyi Sektor prese possesso (con sospetta facilità) alla fine del 2013 di un arsenale del Ministero degli Interni nella città di Leopoli e presto sarebbe passata all’azione.

Il 2 maggio del 2014 nella città di Odessa rinchiusero all’interno della Casa dei Sindacati alcuni rappresentanti delle forze di sinistra che si opponevano al colpo di stato e diedero fuoco all’edificio. Morirono arse vive 42 persone tra cui un compagno di 17 anni, Vadim Papura. Il governo archiviò l’accaduto come un normale incidente e non ci fu mai un processo.

Chi fa parte di Pravyi Sektor ha una connotazione politica molto precisa e si ritiene erede diretto di Stepen Bandera, criminale di guerra che durante l’invasione nazista dell’URSS fondò una falange armata che affiancò l’esercito tedesco nel rastrellamento di 1 milione e 600 mila ebrei e nello sterminio degli oppositori politici.

Bandera finita la guerra visse a Monaco sotto copertura della CIA fino al 1959, quando i servizi segreti sovietici lo individuarono e lo uccisero. Nel 2010 fu dichiarato Eroe Nazionale dall’allora presidente ucraino Viktor Juscenko, temporaneo leader della cosiddetta “rivoluzione arancione”.

Ma Pravyi Sektor non è l’unica formazione politica di estrema destra che pratica la violenza in Ucraina senza alcun disturbo. Il gruppo più importante e numeroso è il famoso “battaglione Azov”.

Formatosi nell’aprile del 2014, quando il ministero dell’interno autorizzò i reparti paramilitari di “volontari”, nel 2015 il battaglione viene assorbito nelle forze di difesa e diventa un reparto regolare dell’esercito ucraino, con il compito specifico di contrastare la guerriglia dei gruppi separatisti che vogliono l’indipendenza del Donbass in contrasto con il governo centrale.

Anche il battaglione Azov è una formazione di estrema destra, esplicitamente nazista, e la sua nascita è stata finanziata da alcuni oligarchi il cui capofila, Igor Kolomoyskyi, è un politico miliardario con cittadinanza israeliana.

Inoltre dal 2016, in seguito a un voto del Congresso, il Battaglione Azov riceve soldi dal Pentagono, che si occupa anche dell’addestramento e del rifornimento di armi. L’Ocse si è occupata in più rapporti dei crimini delle milizie ucraine quali torture, uccisioni, violenze e occultamento di cadaveri nelle fosse comuni, il tutto finalizzato al controllo politico del paese.

Se da un lato il governo ucraino ha istituzionalizzato la violenza fascista, dall’altro lato ha deciso nel luglio del 2015 di dichiarare fuorilegge i partiti di sinistra e molti attivisti dei movimenti sono stati picchiati, imprigionati o uccisi.

Anche i giornalisti critici nei confronti del governo vengono perseguitati, come Oles Buzina, assassinato con un colpo di pistola nel 2015 davanti alla porta di casa. O Andrea Rocchelli, fotoreporter italiano ucciso sul fronte della guerra del Donbass da un colpo sparato dall’esercito ucraino.

Persino questo episodio in Italia è stato declassato a incidente anche grazie all’interessamento delle forze politiche atlantiste, soprattutto Emma Bonino e i Radicali, che hanno difeso Vitalij Markiv, il principale imputato nel processo per omicidio, con lo scopo di insabbiare l’accaduto e bloccare il procedimento penale.

A questo quadro si aggiungono le privatizzazioni di servizi e materie prime e le violenze del Donbass, dove sono state uccise più di 14.000 persone e un milione e mezzo di profughi hanno dovuto ripiegare verso la Russia.

È in questo contesto che nel 2019 la star televisiva Volodymyr Zelenskyy ha vinto le elezioni presidenziali.

Per questo indigna (ma in verità non stupisce) come in questi giorni le vittime civili delle bombe russe siano utilizzate in maniera funzionale dai partiti atlantisti per difendere e legittimare quella che ho più volte sentito definire “democrazia ucraina”.

Quale democrazia? La democrazia dei colpi di stato finanzianti dagli Usa? Della soppressione fisica degli oppositori politici? La democrazia delle stragi impunite? Delle persecuzioni razziali? Del controllo militare dei territori? È questa la democrazia che piace all’Occidente, al governo italiano, al Partito Democratico?

La risposta è sì. Ed è raccapricciate constatare come le vittime civili di un’invasione militare siano strumentalizzate per legittimare un sistema di potere coercitivo e assassino.

DUE

Nel nostro Paese durante le manifestazioni e le iniziative per chiedere il cessate il fuoco, alcuni partiti e alcuni sindacati hanno chiesto l’intervento armato della Nato. Già un giovane Benito Mussolini nel 1915 durante le “radiose giornate” riuniva le folle per spingere l’Italia in guerra.

Cari guerrafondai, chiedete pure la guerra nelle piazze, ma non chiamatele “piazze pacifiste”, chiamatele per quello che sono: piazze militariste. E presentatevi per ciò che siete: perché state chiedendo di violare l’art.11 della Costituzione, e siete complici di un governo che ha aggirato la legge 182 del 1990 che vieta la vendita di armi a una nazione belligerante.

Siete tecnicamente eversivi, dei sovvertitori delle regole di pace e di democrazia che ci siamo dati legalmente attraverso il processo legislativo e costituente. Corre una grande differenza fra difendere i valori della Costituzione e gli interessi economici degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

Noi vogliamo la pace, voi volete la guerra. Noi difendiamo il popolo ucraino, voi una minoranza bianca, fascista e assassina che esegue gli ordini di Washington. Noi difendiamo tutti i popoli, voi le oligarchie serve della Nato, che non è certamente (come viene detto in questi giorni) una libera alleanza di difesa fra stati sovrani, ma l’organizzazione dedita alla guerra più potente della storia dell’umanità.

Ed è per questo che non smetteremo mai di chiedere: fuori la Nato dall’Italia, fuori l’Italia dalla Nato.

* Potere al Popolo Milano

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