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Il lavoro non è schiavitù. Un brusco risveglio per i “prenditori”

Mercoledì 1 giugno, tante città d’Italia sono state tappezzate da manifesti con scritto “cercasi schiavo per bar, alberghi e ristoranti”. Quasi contemporaneamente il presidente di Confindustria, Bonomi, ammetteva che il Reddito di Cittadinanza, cioè poche centinaia di euro, è il principale concorrente delle misere retribuzioni che le aziende propongono a milioni di lavoratrici e lavoratori ma che oggi trovano, finalmente, un rifiuto ad essere accettate.

I manifesti comparsi in varie città sono certo una provocazione, ma evidentemente è la risposta alle lacrime di coccodrillo degli imprenditori da parte di chi l’attività turistica, stagionale, nei locali e nei ristoranti la conosce meglio: lavoratori e lavoratrici.

Negli ultimi mesi, infatti, i datori e perfino il ministro del turismo hanno lamentato la mancanza di manodopera in questi settori, dando la colpa ora al Reddito di Cittadinanza, ora alla presunta “schizzinosità” dei giovani, che in questo ambito lavorano a migliaia.

A questo si unisce spesso l’arroganza dei datori che in troppi casi sfocia in ricatto, o addirittura molestia.

Se un imprenditore si lamenta perché qualcuno preferisce il Reddito di Cittadinanza – con un importo medio di 473€ per i singoli e 596€ per famiglie – al lavoro che lui offre, dovrebbe vergognarsi delle condizioni infime che sta proponendo ai dipendenti.

A dicembre è scaduto il contratto nazionale “Pubblici esercizi, ristorazione e turismo”, e crediamo che il dibattito sul rinnovo debba essere l’occasione per mettere paletti capaci di sollevare le condizioni dei dipendenti:

“Noi conosciamo le condizioni di lavoro nel turismo e nella ristorazione, che sia stagionale o meno, e da anni siamo impegnati in una lotta per migliorarle: salari bassi, lavoro nero e frequenti irregolarità da parte dei datori, carichi di lavoro usuranti ed estrema precarietà” scrive in un comunicato Slang-Usb, l’organismo sindacale nato proprio per tutelare le lavoratrici e i lavoratori più precari, sfruttati, sottopagati e irregolari, insomma quelli che caratterizzano il settore della ristorazione e del turismo e il lavoro stagionale.

Quali sono le richieste di questi lavoratori che stanno dicendo basta con il lavoro schiavile?

Aumento dei salari: è la priorità numero uno, si devono garantire paghe da contratto dignitose e capaci di fare fronte all’aumento dei prezzi che non sembra destinato a risolversi presto.

Solo per la rivalutazione dell’inflazione, il salario di un livello 5 oggi dovrebbe essere 1558,85€ al mese anziché 1462,34. Riteniamo che ragionare solo di sopravvivenza sia riduttivo, ma questa è la base da cui partire per aumentare ulteriormente.

Lotta al lavoro nero e “grigio”: il contratto di assunzione deve coprire tutto l’orario di lavoro, e tutte le ore devono essere pagate in busta. Non è un esercizio di legalità: dall’importo dello stipendio in busta dipendono la Naspi, il Tfr e, un giorno, la pensione.

Le istituzioni pubbliche devono controllare i datori irregolari, non girarsi dall’altra parte.

Lotta al demansionamento: alle mansioni svolte e alle responsabilità deve corrispondere con precisione il livello di inquadramento, da cui dipende la paga orario base del dipendente.

Rispetto delle maggiorazioni per straordinari, lavoro notturno e festivo.

No intermediazione di manodopera: gli appalti o le cooperative di manodopera sono un ulteriore problema per i dipendenti. Le assunzioni devono essere dirette, da parte di chi gestisce attività o servizi.

Per i servizi di pubblica utilità come mense, o stabilimenti balneari, bisogna aumentare il ruolo pubblico nella gestione.

Rispetto di pause e turni o giornate di riposo

Naspi prolungata per i lavoratori stagionali

Con questi obiettivi è stata avviata una campagna estiva di incontro e organizzazione con lavoratori e lavoratrici, per condividere le condizioni di lavoro e una piattaforma di rivendicazione.

E’ alzando la testa che possono essere riconquistati diritti in settori dove fino ad oggi i maggiori sindacati hanno finto di non vedere.”Noi vogliamo costruire un percorso per far valere le nostre ragioni in un settore dove chi lavora produce profitto, che tuttavia resta in mano a imprenditori e associazioni di categoria” – scrive Slang-Usb – “Invitiamo tutti coloro che vengono sfruttati in questi settori a contattarci, prendere appuntamento ai nostri sportelli e partecipare alle assemblee e iniziative nei propri territori”.

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