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Il Qatar, con tutti i suoi eccessi, è l’immagine del mostro capitalista che lo ha generato

I nostri democratici gridano: “Vergogna sul Qatar, vergogna sui barbari!” Mai l’appello al boicottaggio di una Coppa del Mondo è stato così forte, nemmeno ai tempi della Coppa del 1978 nell’Argentina fascista.

Tutti gli elementi condannano, va detto, l’organizzazione dei Mondiali di calcio da parte di questo Paese: il criminale disprezzo delle norme necessarie per preservare il pianeta dall’aggravarsi del cambiamento climatico (per cui gli stadi eretti in pieno deserto sono dotati di aria condizionata), il trattamento riservato ai lavoratori migranti venuti a costruire gli stadi in fretta e furia, a rischio della propria vita, e più in generale il disprezzo per l’umanità da parte di un regime arcaico e tirannico.

Quindi, quanto siamo bravi e quanto condividiamo valori opposti a quelli del piccolo e brutto Qatar, “boicottiamo”. Ecco perché i media, cassa di risonanza della saggezza occidentale, parlano positivamente dei migranti, o degli immigrati, mentre denunciano le loro condizioni di vita, il modo in cui sono quasi schiavizzati. Proprio così!

Vi rendete conto che gli immigrati sono ridotti in schiavitù? È passato molto tempo da quando la schiavitù è stata abolita nel nostro Paese, nella Repubblica! Di certo, la schiavitù in Libia è direttamente collegata all’intervento francese sotto la direzione di Sarkozy e Bernard-Henri Lévy.

È vero che l’ex presidente della Repubblica doveva somme esorbitanti all’autocrate di Tripoli, che era stato utilizzato per finanziare la vittoriosa campagna elettorale del 2007 dell’ex ministro degli Interni. Sì, sì, ma è diverso. Poiché si trattava di “liberare il popolo libico dal suo tiranno”. Siamo così bravi…

In Francia non trattiamo i migranti in questo modo perché, nella maggior parte dei casi diciamo loro, finché sono sulle loro fragili imbarcazioni, che non li accoglieremo e che, se li lasciamo sbarcare sulle nostre coste perché, ad esempio, da bravi democratici, non osiamo essere schietti come l’ereditiera di Mussolini, la Meloni, è solo per rimandarli nei loro rispettivi Paesi dove, forse, soffriranno l’inferno.

Ma alla fine non è colpa nostra se vivono in “Barbaria”. E non è nemmeno colpa nostra se, appena un anno fa, i pescatori hanno trovato i corpi galleggianti dei migranti al largo di Calais. Ricordiamo che la colpa è dei contrabbandieri. Lo stesso vale per il piccolo Aylan. Si può notare che non è la stessa cosa. Siamo così bravi…

Noi che siamo i veri eredi dell’universalismo. In linea con le ossessioni delle signore Fourest, Badinter e Aram, non abbiamo forse, noi per prime, tagliato una ciocca di capelli per sostenere la giusta lotta delle donne iraniane? Siamo così bravi…

A questo proposito l’atteggiamento di Hugo Lloris, portiere della squadra francese, ci rende un po’ ridicoli. Rifiuta di indossare una fascia al braccio in solidarietà con le persone LGBT, sostenendo di rispettare le usanze del Qatar.

La Germania sta rubando la scena e mostrerà la sua solidarietà a rischio di pagare una multa. Naturalmente, se i tedeschi sono in prima linea nella lotta internazionale contro l’omofobia, è perché i nazisti mettevano gli omosessuali nei campi di concentramento con un triangolo rosa cucito sullo straccio che copriva il loro petto. L’indignazione contro il Qatar – che ancora una volta non ha nulla a che fare con Auschwitz – è un’ottima occasione per lavarli. Sono così buoni… Vergogna per Lloris.

Infine, aria condizionata ovunque. Che scandalo!  È vero che siamo in gran parte responsabili del deterioramento del pianeta. Di certo, abbiamo contribuito in larga misura a rendere l’Arabia Saudita e le altre petro-monarchie quello che sono. Certo, i terminali di gas di scisto nel porto di Le Havre o l’eventuale riavvio di centrali o miniere a carbone sono un po’ noiosi, ma lo sfruttamento di combustibili fossili essenziali per le nostre economie, che scandalo! Siamo così bravi…

L’appello al boicottaggio dei Mondiali di calcio in Qatar non è altro che il nome di una nevrosi. Il Qatar, in tutti i suoi eccessi, è l’immagine del mostro capitalista che lo ha generato. L’invito al boicottaggio è il nome di un rifiuto. Si tratta di un rifiuto di riconoscere la propria discendenza. Nascondete questo Qatar che non possiamo vedere. Non è altro che lo specchio concentrato della violenza occidentale nel corso dei secoli.

A questo proposito, la presenza di Gérald Darmanin alla cerimonia di apertura della competizione è un’ulteriore offesa alla memoria dei migranti che sono morti per gli stadi costruiti a rotta di collo e i cui fratelli in condizione di morire vicino alle coste francesi.

 * da QG Decolonial/ Investig’action.net

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    OMBRE SCURE SUL FRONTE POLISARIO

    Gianni Sartori

    Sicuramente Hadj Ahmed Barrikallah, ex dirigente del Polisario divenuto ormai un oppositore (in quanto dirigente del Movimento Sahrawi per la Pace, da lui fondato nel 2020), avrà le sue ragioni. Non si può restare eternamente sulla breccia mentre intorno mutano gli scenari mondiali. E probabilmente, dato che vive attualmente in Spagna, quando propone un’analogia con l’Irlanda (“il Polisario finirà come l’IRA”) magari sta pensando ai Paesi Baschi. Conoscendo sicuramente il profondo, pluridecennale rapporto tra la sinistra basca abertzale e la resistenza della popolazione dell’ex Sahara spagnolo. Era infatti abituale incontrare, magari sulla spiaggia di Donosti, gruppi numerosi, intere scolaresche di bambini sahrawi ospiti da qualche organizzazione basca come espressione di solidarietà internazionalista. Per non parlare dell’impegno di alcuni esponenti di Herri Batasuna – come Gorka Martinez – a sostegno dei rifugiati sahrawi in Algeria. Altri tempi, sicuramente.

    A differenza (non da poco) di altri ex esponenti, dopo aver lasciato il Polisario, Hadj Ahmed Barrikallah non si è trasferito in Marocco (da dove le sue critiche agli ex compagni potrebbero risultare sospette), ma appunto in Spagna.

    La sua militanza è di antica data. Dal 1980 questo giornalista aveva assunto un ruolo particolare come ambasciatore della Repubblica araba saharawi democratica (RASD), raggiungendo in breve posizioni di grande responsabilità, anche di potere diciamo, nella direzione della stessa. Ma dovendo nel contempo, stando alle sue recenti dichiarazioni, constatare amaramente derive e contraddizioni del movimento di liberazione.

    Per esempio aver toccato con mano come- nonostante il sostegno anche economico della solidarietà internazionale – la situazione nei campi profughi rimanesse sostanzialmente la stessa dal 1975. Ossia precaria, con i rifugiati ridotti in miseria.

    Se non addirittura, si spinge a dire “presi in ostaggio”.

    Così come il potere politico sarebbe rimasto stabilmente in mano a una cerchia ristretta di dirigenti.

    Coincidenza, ancora in ottobre, in vista del 16° congresso del Fronte Polisario (dicembre) Brahim Ghali aveva parlato di “riconciliazione” tra il Fronte e la popolazione sahrawi.In particolare con i rifugiati del campo di Tindouf.

    Ossia di voler “avviare un processo di riparazione per le vittime degli errori commessi nei loro confronti nelle ultime fasi della nostra lotta di liberazione nazionale”. Per questo il Polisario intende “voltare questa pagina dolorosa per impegnare l’intero organismo nazionale e mobilitarlo in questa fase decisiva della nostra marcia vittoriosa”.

    Un evidente riferimento, un’ammissione di colpa, per le violazioni dei diritti umani commesse dai guerriglieri nel campo di Tindouf dove molti dissidenti erano stati imprigionati nel carcere di Errachid e talvolta anche torturati e assassinati.

    C’era un precedente, risalente al 2019 quando un altro esponente del Polisario, Bachir Mustapha Sayed, aveva riconosciuto che nei confronti dei ribelli dell’ottobre 1988 (una rivolta interna repressa duramente) erano stati commessi abusi. Soprattutto nei confronti delle tribù Oulad Dlim, Tekna e Ait Oussa, fino ad allora sottoposte all’egemonia della tribù Reguibat.

    Più recentemente a Ginevra (Consiglio per i diritti umani, dal 12 settembre al 7 ottobre 2022), altri due dissidenti, Fadel Breika e Mahmoud Zeidan, avevano denunciato il Fronte Polisario come responsabile della loro carcerazione, durata alcuni mesi, nel 2019. Con accuse simili era intervenuto alle Nazioni Unite M’Rabih Ahmed Mahmoud Adda che attualmente vive in Marocco.

    Tali circostanze potrebbero aver determinato l’ulteriore presa di posizione di Hadj Ahmed Barrikallah che recentemente (vedi un’intervista a Jeune Afrique) arriva asostenere non solo il “dialogo costruttivo” con il Marocco ma anche la positività, il valore delle recenti proposte di “autonomia” provenienti da Rabat. 

    Visto e considerato che ormai “la vittoria militare è impossibile”(e qui torna l’analogia con l’Irlanda degli anni novanta) sarebbe giunto il tempo di “esplorare nuove vie”.

    Sostanzialmente quelle, se non della resa, perlomeno del compromesso.

    Gianni Sartori

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