Quando ho saputo dai mass-media che Draghi ha definito “un successo” l’accordo UE che bloccava l’importazione di greggio dalla Russia ho avuto un sussulto.
Ho lavorato fino a dieci anni fa, e per 35 anni, nella produzione della raffinazione petrolifera e conosco quindi questa realtà in Italia.
A Priolo, vicino Siracusa, è presente la più grande raffineria petrolifera italiana (in verità è l’unione di due raffinerie, già molto grandi in passato).
La ISAB, questo il nome della raffineria, processa un quarto del greggio importato in Italia, di cui circa il 10% è di origine russa, e dà lavoro con l’indotto a non meno di 10mila persone, quindi circa 50mila persone, specialmente in Sicilia, vivono di questa attività.
La raffineria ISAB è di proprietà della russa Lukoil.
Anche il greggio che arriva dalla Algeria è gestito dalla Lukoil, se non ricordo male.
Mentre il governo ungherese ha mantenuto la tutela della sua industria petrolifera e quindi della sua indipendenza energetica, e di conseguenza delle sua tenuta sociale ed economica, Draghi ha messo in forse quella di noi italiani, non ha interrotto l’importazione di gas russo, ma con il petrolio grezzo rischia lo stesso risultato.
Spero che il gruppo parlamentare di Manifesta ponga immediatamente la domanda al “question time” a Draghi e al ministro dell’economia chiedendo cosa intende fare dopo questa decisione scellerata, che destino ha l’ISAB e quali sono le contro misure necessarie e le conseguenze economiche.
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Andrea Bo
Ma a Draghi che gliene frega dell’Italia, degli italiani e dei lavoratori in genere, italiani e no?