Non si era ancora spenta l’eco positiva delle proposte di legge costituzionale delle deputate di ManifestA alla Camera dei Deputati e del senatore De Falco al Senato i cui testi prevedevano la cancellazione del comma 3 dell’art 116 della Costituzione con cui , sostanzialmente, si bloccava il processo di attuazione della cd.“autonomia differenziata” che, puntualmente, il Governo, ai primi di Giugno, nella persona del Ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini, presentava la legge quadro di attuazione propria dell’autonomia differenziata.
Novità positive rispetto ad altri disegni di legge? Per nulla Rispetto del Parlamento e trasparenza per i cittadini? Niente affatto.
L’approccio è sempre lo stesso: la devoluzione delle 23 materie potenzialmente attribuibili alle Regioni a statuto ordinario che intendono avviare un processo di autonomia differenziata, è sempre lo stesso: una trattativa privata tra Governo e singola Regione così come si era comportato il moribondo Governo Gentiloni nel 2018 con le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Il testo della Gelmini prevede infatti semplicemente un parere non vincolante da parte della Commissione bicamerale per le questioni regionali (significativamente definita “Bicameralina” nella stessa relazione illustrativa). Alle Camere spetterebbe solo l’approvazione a maggioranza assoluta.
Il vincolo della maggioranza governativa, magari con voto di fiducia, sarebbe dunque dietro l’angolo. Se la forma è disdicevole, peggiore è anche la sostanza. Infatti, in attesa di definizione di costi e fabbisogni standard, il riferimento per l’individuazione dei livelli delle prestazioni è individuato sulla base della “spesa storica”.
Siamo dunque all’esplicita cristallizzazione dei divari tra i cittadini e tra le diverse realtà territoriali per quanto riguarda servizi essenziali quali sanità, scuola, ecc.
Sembra tutto passato in cavalleria: la pessima prova data da Regioni quali Veneto e Lombardia uin primis nell’affrontare l’emergenza sanitaria pandemica frutto anche della regionalizzazione privatistica del SSN, l’impatto economico negativo che sta avendo la guerra in Ucraina sulle condizioni di vita delle classi meno abbienti che determina ulteriori squilibri e divari sociali e territoriali, una linea di comando, dallo Stati centrale agli Enti Locali che non ha mai funzionato, ecc. Nessuna riflessione, nessuna autocritica. Le classi dirigenti rilanciano l’autonomia differenziata.
E’ il caso, infatti, di parlare di classi dirigenti. Al plurale. Perché in realtà delle novità , dopo la presentazione della legge quadro Gelmini, si sono presentate. Crepe all’interno della maggioranza governativa si sono manifestate, essendo i diversi gruppi politici che ne fanno parte anche su base territoriale fortemente interessati agli impatti elettorali ed ai propri scranni parlamentari che, nel frattempo, si sono pure ridotti.
Il PD, che nella versione DS, fu uno dei promotori della sciagurata riforma del titolo V della Costituzione nel 2001 , manifesta spaccature e divisioni. Se Bonaccini in qualità di Presidente della Regione Emilia-Romagna rilancia la sua versione “soft” dell’autonomia differenziata (meno materie rivendicate rispetto alle regini leghiste Veneto e Lombardia) , il Presidente della Regione Campania De Luca, da Napoli, tuona contro il progetto Gelmini definendolo una provocazione, un calpestamento della Costituzione. Posizione ribadita da M. Sarracino , segretario del PD napoletano e “last but non least” da quella del Sindaco, targato centrosinistra, Gaetano Manfredi.
Che dire? Se “Atene piange, Sparta non ride” ed i forzaitalioti pure si stanno dividendo con la Ministra per il Sud Mara Carfagna che critica apertamente il ddl Gelmini, temendo l’incremento del divario tra Nord e Sud, ma soprattutto di minare il tentativo di accaparramento dei voti del M5S in caduta libera.
In estrema sintesi i gruppi parlamentari del Governo Draghi, riferimenti di componenti diverse e con interessi talvolta contrastanti, della borghesia si dividono e si combattono.
A noi resta il compito arduo di individuare le forme più efficaci di informazione dei cittadini e delle cittadine, illustrando i reali obiettivi dell’autonomia differenziata: la gestione ad esclusivo vantaggio dei propri ceti ricchi da parte delle Regioni economicamente più robuste saccheggiando risorse finanziarie pubbliche nel tentativo di rafforzare i propri legami produttivi con le nazioni più forti dell’Unione Europea, incremento dei processi di privatizzazione dei servizi pubblici locali in simbiosi con il ddl concorrenza , abbattimento dei “vincoli” dei CCNL di categoria, stravolgimento dei principi fondamentali di uguaglianza tra i cittadini presenti nella carta costituzionale.
* Potere al Popolo, Roma
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