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Appello per i sindacalisti arrestati a luglio 22

Il 19 luglio a Piacenza sei militanti del sindacalismo di base (appartenenti a Si Cobas e USB) sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di aver costituito delle associazioni a delinquere che agivano sotto la copertura dell’attività sindacale. Si tratta dell’ennesimo e più grave attacco ai sindacati che da oltre dieci anni si battono per i diritti dei lavoratori e lavoratrici nel settore della logistica.

Delle accuse contenute nelle 350 pagine del dossier della Procura piacentina si è parlato a livello nazionale: gli arrestati sono accusati di aver fatto conflitto per migliorare le condizioni di lavoro in uno dei settori strategici dell’economia italiana, ma anche un settore caratterizzato da livelli altissimi di sfruttamento.

L’impianto accusatorio mira a una pesante delegittimazione dell’attività sindacale mettendo sotto la sua lente l’organizzazione di un conflitto collettivo, le forme di autofinanziamento per sostenere l’attività e il fatto che vengano strappate a imprese locali e multinazionali più denaro e migliori condizioni di lavoro. Ma cos’altro dovrebbe fare un sindacato precisamente, ci chiediamo?

I sindacati di base che lottano nella logistica in Italia, e in particolare a Piacenza, sono conosciuti a livello internazionale. Della loro capacità di organizzare lavoratori e lavoratrici per lo più migranti nei magazzini delle multinazionali della logistica si discute in ambienti sindacali e accademici in Europa e nelle Americhe.

Anche perché le lotte piacentine dell’ultimo decennio sono tra le più durature e radicate, ma non certamente uniche nel settore logistico: scioperi, picchettaggi e blocchi delle merci avvengono ciclicamente in altri hub logistici, dal porto di Rotterdam a quelli di Hong Kong e Los Angeles.

Se c’è qualcosa di unico nel caso piacentino, questo è casomai il livello di repressione incontrato dai sindacati di base locali, che negli anni hanno dovuto affrontare cariche violente, arresti e denunce quasi quotidiane.

Lo stato d’eccezione subito dal sindacato nella logistica si vede anche nelle leggi scritte ad hoc per colpirlo. Per esempio, il decreto sicurezza di Salvini, nel 2018, ha reintrodotto il reato di “blocco stradale”, che punisce con pene fino a sei anni una delle principali forme di lotta nella logistica, cioè il picchettaggio per bloccare la circolazione delle merci.

Poche settimane fa, l’associazione padronale AssoLogistica ha festeggiato l’introduzione di una norma nel PNRR del governo Draghi: una deroga alle leggi nazionali che abolisce la “responsabilità in solido” delle imprese nel solo settore logistico.

Significa che lavoratori e lavoratrici non potranno più rifarsi sulla ditta committente (per esempio la grande multinazionale) per gli abusi perpetrati dalle ditte che lavorano in appalto per essa (le interinali e cooperative della logistica). Si abolisce così un meccanismo rodato usato dai sindacati per recuperare per esempio i salari non pagati dalle cooperative.

Il mondo del sindacalismo di base e dei movimenti ha già dato una prima risposta alle accuse della procura piacentina sabato 23 luglio con un corteo che ha portato in piazza a Piacenza una grande espressione di solidarietà con gli imputati. Nel frattempo scioperi e manifestazioni di solidarietà continuano in Italia e in tutto il mondo.

L’udienza del Tribunale del riesame si svolgerà a Bologna i primi di agosto.

Siamo accademicə, studiosə, attivistə, sindacalistə e operaiə, solidali con gli arrestati. Con questo appello ci rivolgiamo ad intellettuali, giuristə, politicə, giornalistə, scrittori e scrittrici, attivistə, artistə e a tutte le persone solidali che vogliano aggiungere la propria voce per dire che il sindacalismo di base deve poter avere la piena legittimità di iniziativa e per chiedere l’immediato decadimento delle misure cautelari.

Per approfondimenti: 

https://jacobinitalia.it/dallo-statuto-dei-lavoratori-allo-statuto-albertino/ 

https://ilmanifesto.it/arrestati-6-sindacalisti-a-piacenza-la-procura-in-guerra-contro-i-cobas 

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For the union activists arrested in Italy

On July 19 in Piacenza, Italy, six grassroots union activists have been put under house arrest. They are accused of having set up a criminal conspiracy disguised as labour union activity. This is the latest and most severe assault to the unions that since the early 2010s fight for the rights of workers in the logistics sector.

The accusations included in the 350-page dossier issued by Piacenza magistrates have been discussed in the entire country: the arrested are accused of having struggled to improve workers’ conditions in one of the Italian economy’s strategic sectors, an industry characterized by high levels of exploitation. It is a serious denigration of labour organizing, as the accusations include collective conflicts, forms of fundraising used to sustain the unions’ activities, and the fact that better conditions and salaries have been won from both local firms and multinational corporations. But what else should a union do then?

The grassroots unions that struggle in the logistics industry in Italy, and in Piacenza in particular, are known internationally. Their ability to organize warehouse migrant workers is discussed in both labour and academic circle in Europe and the Americas. Indeed, recent struggles in Piacenza have been among the most enduring and radical. But they are not unique to Piacenza: strikes, picket lines and street blocks cyclically take place in other logistical hubs, from Rotterdam’s port to those of Hong Kong or Los Angeles. If there is something unique to the Piacenza case, it is the level of repression encountered by local labour unions. In the last few years, they have faced violent police charges, arrests, and almost daily lawsuits.

The state of exception endured by unions in logistics in visible in the ad hoc laws that have been issued to strike them. For instance, the 2018 “security decree” of minister Salvini re-introduced the crime of “street stoppage,” which punishes with up to six years of prison time one of the main forms of struggle in the industry’ that is picket lines to block the circulation of commodities. Just a few weeks ago, a new law introduced by the Draghi government abolished (in the logistics sector only!) the responsibility of multinational corporations when their subcontracting firms, such as cooperatives or temp agencies) fail to pay salaries. This was a well-established tool for workers to fight wage theft.

Grassroots unionism and social movements have already answered to the accusations with a large demonstration that took the streets of Piacenza in a show of solidarity with the arrested. Strikes and other initiatives continue in Italy and across the globe.

As academics, scholars, activists, unionists and workers, we stand in solidarity with the arrested. We call on intellectuals, jurists, politicians, journalists, artists and writers to add their voices to ours as we say: grassroots unions must have full freedom to act; the arrested in Piacenza must be freed.

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2 Commenti


  • Gianfranco

    Lo schwa no, NO per favore!


    • Redazione Contropiano

      Gli appelli, purtroppo, non li scriviamo noi…

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