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Quebec: 700 arresti, ma la repressione non ferma gli studenti

 

Dopo la grande manifestazione di domenica sera, conclusasi con un bilancio di più di 300 tra fermi e arresti, ieri decine di migliaia di studenti e giovani lavoratori sono di nuovo tornati in piazza a Montreal, la capitale del Quebec, in quella che è stata la trentesima marcia dall’inizio della protesta. Continua così il duro e lungo braccio di ferro ingaggiato ormai da più di tre mesi dai movimenti studenteschi contro l’aumento delle tasse universitarie e la repressione decisi dal governo del Partito Liberale della provincia francofona del Canada.
Già martedì il centro di Montreal era stato invaso da centinaia di migliaia di persone che hanno così voluto celebrare il centesimo giorno di rivolta: non soltanto studenti, ma anche professori, attivisti dei sindacati, gruppi indipendentisti e di sinistra hanno sfilato a Montreal mentre a Toronto, Vancouver e Calgary, ma anche a New York e a Parigi, si svolgevano presidi di solidarietà con tanto di bandiere rosse, il colore scelto dal movimento studentesco in Quebec. Non era mancata la repressione, neanche martedì: un centinaio i fermi e qualche ferito lieve.
E anche ieri sera la manifestazione si è conclusa con l’intervento della Polizia che, dopo aver dichiarato illegale il corteo – che contravveniva alle nuove disposizioni decise dal governo liberale proprio per cercare di bloccare la protesta studentesca – lo ha attaccato facendo ampio uso di manganelli e gas lacrimogeni. I portavoce della Polizia di Montreal si sono poi giustificati affermando che alcuni manifestanti avevano lanciato oggetti contro gli agenti mentre altri si erano coperti la faccia. Alla fine circa 700 persone, per lo più giovanissimi studenti universitari, sono stati fermati o arrestati con l’accusa di ‘assembramento illegale’ e ‘resistenza a pubblico ufficiale’. Un bilancio impressionante, quello della repressione, fornito dagli stessi responsabili degli apparati di Polizia: 518 gli arrestati a Montreal, e il resto in altre località del Quebec.
Se il governo del leader Liberale Jean Chares non sembra voler rinunciare ad un progetto di università di classe che è evidentemente prioritario, la protesta degli studenti non si arresta. Quella di ieri è stata la trentesima manifestazione degli studenti e di vari movimenti sociali e politici di sinistra del Quebec contro l’aumento draconiano delle tasse universitarie (il 75% a regime entro 7 anni, l’82% in 5 anni nella versione originale del governo prima che iniziassero le proteste) e contro la già famigerata ‘Loi 78’, la legge ad hoc che rende molto difficile manifestare il dissenso e concede mano libera alla repressione. E nonostante la prevedibile repressione anche ieri sono scesi in piazza  studenti, ma anche precari e lavoratori di diversi settori, stanchi dei continui atti autoritari del governo regionale e dei provvedimenti di stampo liberista.
Dall’approvazione della legge contro le manifestazioni in molte zone di Montreal, allo scoccare delle 20, la gente mette in atto una sorta di ‘cacerolazo’, sbattendo pentole e coperchi per protestare contro la negazione del diritto di manifestazione ed espressione. E ieri molti studenti si sono portati pentole e mestoli al corteo.
Quello di ieri è stato un cosciente ed esplicito atto di disobbedienza di massa da parte dei manifestanti, moltissimi dei quali hanno scelto di deviare dal percorso stabilito e di rimanere in piazza anche dopo l’inizio delle violente cariche da parte degli agenti in tenuta antisommossa.
“Dopo un avvenimento come questo, il governo non può più paragonare la disobbedienza civile al vandalismo. Qui ci sono decine di migliaia di persone che oggi stanno disobbedendo alla a Loi 78 – ha detto Gabriel Nadeau-Dubois, uno dei portavoce del sindacato studentesco ‘Classe’ – Oggi abbiamo dimostrato che questa legge è assurda e inapplicabile, ed è anche la prova che la piazza può far capire al potere politico i suoi errori”.

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