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Tanto rumore per gli striscioni contro La Russa

Uno striscione è comparso a Roma sul ponte di via Annibaldi di fronte al Colosseo con scritto “Benvenuto presidente La Russa, la resistenza continua”, con il nome del neoeletto presidente del Senato, Ignazio La Russa, scritto sottosopra ovvero “a testa in giù”.

Il giorno prima a Milano, a Piazzale Loreto, un altro striscione sorretto da un gruppo di giovani recitava “Nessuna memoria condivisa, antifascisti sempre”. I manifestanti contestavano in particolare il discorso di La Russa al Senato in cui ha messo nello stesso passaggio i due giovani compagni milanesi Fausto e Iaio uccisi nel 1978 e Sergio Ramelli il giovane neofascista ucciso nel 1975 sempre a Milano.

Lo striscione apparso al Colosseo non era anonimo ma firmato “Cambiare rotta”, organizzazione giovanile comunista, che ne ha spiegato le motivazioni in un post pubblicato sui social: “Ci tenevamo a portare i nostri sentiti auguri di benvenuto al nuovo presidente del Senato. A quanto pare, la sua figura è ben apprezzata anche dai partiti della fantomatica opposizione antifascista. Saremo ben lieti di mostrare a questo governo e a questo parlamento il significato di antifascismo militante. Ai nostri posti ci troverete, nelle strade, nelle piazze delle città”.

Lo striscione comparso al Colosseo, più una scritta anonima sulla serranda di una sede dell’ex Msi a Garbatella (il quartiere di Giorgia Meloni, ndr), hanno suscitato un vespaio di reazioni nel mondo politico.

La presidente del Consiglio dei Ministri in pectore Giorgia Meloni, solidarizzando con La Russa,  ha commentato che “diversi esponenti politici hanno deciso di renderlo un bersaglio, come persona e per le sue idee, rinfocolando un clima d’odio, già ben alimentato durante una campagna elettorale costruita sulla demonizzazione dell’avversario politico”.

A tranquilizzare Giorgia Meloni è arrivato prontamente un messaggio di Enrico Letta: “Solidarietà mia e di tutto il Pd al Presidente del Senato La Russa. Quelle scritte sono inaccettabili”.

Mentre Matteo Salvini ha commentato che “La sinistra non si rassegna e attacca con violenza la seconda e la terza carica dello Stato, appena democraticamente elette. Un clima di odio che va avanti da mesi e che continua a produrre attacchi fisici, minacce e insulti, in un momento in cui servirebbero unità e serenità, in Italia e nel mondo. La Lega e il centrodestra risponderanno col sorriso e col lavoro a questi violenti attacchi”.

Dunque è bastato un semplice striscione  – non una bomba – per mandare in fibrillazione un ceto politico di governo o di “opposizione” che si appresta a dover affrontare un autunno e un inverno non solo a rischio gelo per la crisi del gas, ma irto di tutte le contraddizioni sociali che si sono venute accumulando in anni di recessione, pandemia, aumento delle disuguaglianze sociali ed ora di guerra.

Le sorti del paese sono state messe in mano ad un governo di destra, che riesce con difficoltà a celare la sua identità e la sua continuità non tanto con il fascismo del ventennio quanto con quello del dopoguerra, ma soprattutto a coniugarsi perfettamente con il fascismo del XXI Secolo cioè quel combinato disposto tra tecnocrazia euro atlantica e politica. E’ questo il vero segno autoritario che incombe sul paese e non certo solo dall’avvento della Meloni al governo, e il clima di guerra tende ad appesantire questa ipoteca.

C’è chi a questo scenario fa buon viso a cattivo gioco o addirittura “paga per vendersi”, ma nella società e nelle sue contraddizioni riemergono punti di vista e capacità di iniziativa che non intendono cedere terreno senza lottare e dimostrare che il “re è nudo”, anche con un semplice striscione.

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1 Commento


  • Pasquale

    La colpa è tutta del nonnetto neosenatore che qualche decennio addietro ha aperto le fogne.

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