Il governo Meloni ci sta trascinando sempre più dentro una spirale di guerra dagli esiti imprevedibili. L’Italia è evidentemente un paese belligerante e attivo nel conflitto, nonostante la grande maggioranza della popolazione sia contraria alla guerra e al conseguente forte aumento delle spese militari.
Per sostenere queste ultime, ci si chiede di aderire a una economia di guerra che si colloca in piena continuità con l’operato del precedente governo Draghi, e più in generale con tutti gli esecutivi che in questi anni ci hanno chiesto di pagare con l’austerità i costi di crisi che non abbiamo creato né voluto. Mentre i salari, le pensioni, i redditi da lavoro e gli ammortizzatori sociali sono al palo da anni, il fortissimo aumento dei prezzi per tutti i beni e servizi essenziali produce un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita. Ormai arrivare a metà del mese è un problema, altro che alla fine…
E in questo contesto è inaccettabile che la gran parte dei sostegni vada alle grandi imprese! Altro che flat tax, taglio del cuneo fiscale, cancellazione del reddito di cittadinanza e riduzione dei servizi pubblici, controriforma della scuola e ulteriore taglio della sanità pubblica: serve che si colpiscano i grandi profitti e i patrimoni accumulati per decenni.
Le risorse ci sono, come dimostra la vicenda dei 40 miliardi di extraprofitti ottenuti con la speculazione sul prezzo del gas, e vanno messe a disposizione di salari, pensioni e per aumentare il reddito degli strati sociali più colpiti dalla crisi, in primis i precari e i disoccupati.
Anche le promesse avanzate nei mesi scorsi sul tema della conversione ecologica si sono tradotte in progetti di installazione di nuovi rigassificatori e inceneritori in diversi territori, utili al business dei soliti noti e non certo alla salvaguardia dell’ambiente. Si ricomincia a parlare di grandi opere inutili (come il Ponte sullo stretto), mentre scuole, università, strutture sanitarie, territori stravolti dal dissesto idrogeologico, dal cambiamento climatico e dalla speculazione cadono e franano letteralmente in testa alle persone che li attraversano.
In poche settimane, il nuovo governo ha già pienamente svelato la propria natura reazionaria, con l’attacco ai diritti e alle agibilità democratiche, la criminalizzazione degli immigrati e un’ulteriore inasprimento della repressione del conflitto sociale e sindacale, come dimostra l’introduzione nel codice penale del reato di “occupazione abusiva e raduni illegali” che rafforza e generalizza le norme repressive già esistenti.
Dai posti di lavoro alle scuole e alle università; dai movimenti per la difesa dell’ambiente alle realtà sociali e sindacali indipendenti e conflittuali: è ora di dire basta!
Venerdi 2 dicembre sciopero generale
Sabato 3 dicembre alle ore 14 – Roma – p.zza della Repubblica – Manifestazione nazionale
Si Cobas – Unione Sindacale di Base – Sindacato Generale di Base – Confederazione Unitaria di Base – Movimento di lotta disoccupati 7 novembre – Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – Movimento per il diritto all’abitare – Prendiamo Casa Cosenza – Genova City Strike – Perugia Solidale – Cambiare Rotta organizzazione giovanile comunista – Laboratorio politico Iskra – Osservatorio Repressione – Opposizione Studentesca d’Alternativa – Potere al Popolo – DemA – ManifestA – Partito della Rifondazione Comunista – Unione Popolare – Fronte della Gioventù Comunista – Rete dei Comunisti – Fronte Comunista – Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria – PLAT Piattaforma di Intervento Sociale – Collettivo Militant – Casa del Popolo Teramo – Centro sociale Intifada – Dazebao Centocelle – Operatori Sociali Autorganizzati Perugia – Spazio Catai Padova – Centro Internazionale Crocevia – Centro sociale Nuvola Rossa (Rc) – Spazio Pueblo (Cava de’ Tirreni) – Collettivo No al Fossile Civitavecchia – Comitati contro il rigassificatore di Piombino – FIR La voce delle lotte
Foto di Patrizia Cortellessa
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa