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Alla Sapienza democrazia in trincea. Il 18 mobilitazione nazionale degli studenti

Ieri nella Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza c’è stato un importante e molto partecipato momento di confronto e dibattito, non solo per rimettere al centro le ragioni delle proteste degli studenti, ma anche per aprire il dibattito sull’agibilità democratica per le organizzazioni e strutture politiche, giovanili e non solo, che oggi come ieri rappresentano l’opposizione sociale e politica nel paese, nelle scuole e nelle università come nei posti di lavoro e nei quartieri.

Infatti, non si può guardare alle violenze sugli studenti a Scienze politiche e alla conseguente straordinaria mobilitazione culminata nell’occupazione della facoltà se non ricordiamo le proteste che nelle settimane precedenti avevano attraversato tutto l’ateneo per il problema delle aule sovraffollate, un tema vertenziale ma che ha sin da subito prodotto negli studenti una rinnovata consapevolezza che le loro specifiche problematiche derivano da anni di disinvestimento sulla formazione pubblica e di dirottamento dei fondi su altre priorità politiche, in ultimo l’aumento della spesa militare a fronte della guerra aizzata dalla NATO.

La fine della funzione di ascensore sociale della filiera della formazione pubblica è il motivo e leva profonda che spinge i giovani e gli studenti ad attivarsi e a mobilitarsi, la repressione e la mancanza di soluzioni strutturali da parte delle istituzioni è l’unica risposta che da anni la nostra generazione senza prospettive riceve.

Il dato oggettivo della volontà repressiva del governo di Giorgia Meloni e il conseguente e pericoloso avvitamento antidemocratico del decreto 434bis trovano infatti terreno fertile in questo paese: i manganelli sugli studenti in Sapienza non sono diversi da quelli di Mario Draghi sugli studenti medi in lotta l’anno scorso contro l’alternanza scuola lavoro, sugli operai che nelle fabbriche della logistica lottavano per una vita dignitosa e il decreto 434bis è in perfetta continuità con i decreti di Minniti e Sicurezza di Salvini e 5Stelle.

L’aggressività delle forze dell’ordine va infatti interpretata come effetto ultimo della progressiva chiusura di spazi di partecipazione e di democrazia reale nel nostro paese a tutti i livelli, una chiusura che ha una radice storica riconducibile ai processi di integrazione europea e di appartenenza dell’Italia all’Alleanza Atlantica, elementi che la pandemia, la crisi economica e soprattutto la guerra stanno facendo riemergere con forza.

La tenuta democratica di un paese si misura infatti sulla presenza di contestazioni, confronto politico e conflitto.

Per questo l’unica risposta necessaria deve essere continuare a costruire percorsi di mobilitazione e lotta.

Il 18 novembre saremo in piazza con gli studenti dei licei per rompere con questo modello formativo che non ha più una funzione di emancipazione sociale, verso lo sciopero generale del 2 dicembre e della manifestazione nazionale del giorno successivo a Roma al fianco dei lavoratori, dei sindacati di base e conflittuali perché di fronte a questo contesto è importante per noi capire e saldare le lotte con i nostri alleati.

 

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