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Quando i lavori forzati per gli occupanti dei licei?

Il ministro dell’Istruzione “e del Merito” Valditara l’ha detta davvero grossa: lavori socialmente utili per gli studenti che compiono, a scuola, atti violenti o danneggiano le strutture.

Dal punto di vista giuridico, si tratta di una enorme corbelleria e stupisce che un “professore di diritto”, come il ministro, possa fare un’affermazione così sconcertante. Infatti, l’affidamento ai servizi sociali viene deciso, come pena alternativa al carcere, dal magistrato per i detenuti condannati.

Per esempio, si avvale di tale provvedimento l’ex presidente della Lombardia – il pluricondannato Formigoni – che attualmente svolge il lavoro sociale d’insegnare italiano alle suore straniere dei conventi lombardi. Si tratta quindi di una decisione che segue un iter giudiziario preciso e non può essere di competenza né di un preside né di un consiglio di classe.

Escluso che il ministro possa essere tanto ignorante, resta da chiedersi perché abbia detto una sciocchezza del genere.

La risposta è abbastanza semplice: sfruttando l’onda reazionaria e fascistoide che lo ha portato al potere, il governo conduce una campagna per fare pulizia di ogni senso democratico e pedagogico nella scuola e ristabilire il potere del manganello.

Valditara dice che “non si può più tollerare che docenti vengano aggrediti in aula oppure che studenti danneggino le strutture scolastiche“. Frasi che potrebbero apparire sensate a chi non vive nella scuola, ma che nascondono secondi fini.

Anzitutto, Valditara ciancia di restituire “autorevolezza” agli insegnanti. E per ottenere ciò, pensa solo a provvedimenti repressivi verso gli studenti.

Si potrebbe discutere sulla nota differenza, tante volte chiarita, tra autorevolezza e autoritarismo, che non sono affatto la stessa cosa. Tuttavia mi limito a chiedere come si possa ridare autorevolezza agli insegnanti quando li si tratta come soldatini che devono “meritare” in base alla loro adesione agli orientamenti aziendalisti del ministero.

Insegnanti a cui si prescrive non solo con quale metodo insegnare, ma anche quali contenuti, come nel caso dello strampalato dossier sulle vicende del confine orientale durante l’ultima guerra mondiale (per la verità idea di Patrizio Bianchi, lasciatagli in eredità) oppure scavalcandoli indirizzando direttamente agli studenti una delirante lettera sulla “tragedia” del comunismo (questa invece farina del sacco di Valditara).

Per tacere sulla pessima considerazione dimostrata concedendo, recentemente, aumenti di stipendio umilianti.

In realtà a Valditara non importa nulla né dell’autorevolezza degli insegnanti, né delle strutture scolastiche, peraltro tanto fatiscenti che crollano da sole. Interessa piuttosto coagulare intorno alla scuola un blocco reazionario-fascista che cancelli qualunque istanza di vita democratica.

Lo ha detto chiaramente un sodale di Valditara, il capogruppo della Lega in Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera, Rossano Sasso, già attivista del sindacato filo-fascista UGL che, in merito alla proposta dei lavori socialmente utili agli studenti “indisciplinati”, ha dichiarato che si deve annullare la “deriva progressista” che ha coinvolto la scuola “dal sei politico in poi”.

Ciò anche se non risulta che il “sei politico” sia mai stato in vigore nelle scuole italiane, se non nella fantasia di Sasso.

Il progetto di Valditara rieccheggia tutto l’armamentario del presunto “buon senso” fascista: chi non si conforma al potere deve essere duramente punito, non importa se con i lavori socialmente utili o i voti punitivi e magari, chissà, alle cento militaresche flessioni di che forgerebbero il maschio ( per le femmine ci saranno forse da “fare le pulizie”).

Se episodi di violenza, prepotenza e bullismo accadono nella scuola, ciò è sintomo di un disagio giovanile diffuso che la scuola da sola non può fronteggiare. Purtroppo i governi degli ultimi decenni hanno distrutto i servizi che dovevano affiancare la scuola garantendo ai ragazzi e ai giovani l’aiuto necessario per lo sviluppo della loro personalità e della loro socialità.

Oggi la scuola è sola, non è parte di un sistema educativo sociale ampio e integrato e proprio da questo hanno origine anche gli episodi violenti nelle scuole che non solo non saranno evitati, ma saranno aggravati dalla politica del manganello.

Esaminiamo inoltre più da vicino i recenti provvedimenti del governo Meloni, caratterizzati dalla vaghezza dei riferimenti ai fatti e ai reati.

In particolare il decreto contro i rave party non nomina mai tali eventi, ma si riferisce in generale alle “invasioni” di spazi pubblici o privati e alla “pericolosità” – peraltro tutta da dimostrare – di chi le compie. Proprio per questo, sono in corso in tutta Italia diverse occupazioni di istituti superiori che denunciano che con tale decreto il governo si appresta a colpire proprio le azioni di protesta studentesche, oltre che quelle dei lavoratori.

Gli studenti occupanti sono anche consapevoli che potrebbero incorrere negli strali di una possibile legislazione che colpisse gli atti “violenti” o i “danneggiamenti” alle strutture (chi li valuta?) evocati da Valditara.

Inoltre, se ci si pone sul terreno dell’“indisciplina”, il campo dell’opinabile è decisamente molto vasto e sappiamo bene come molti responsabili scolastici considerino da reprimere qualunque attività associativa e politica degli studenti; anche la semplice convocazione di un “collettivo” d’istituto.

In pratica il governo, attraverso una serie di provvedimenti spacciati come “sensati” e “in difesa del buon funzionamento scolastico” si prepara a utilizzare la repressione contro le lotte degli studenti (e a mettere in riga anche le/gli insegnanti).

Altrimenti, non avrebbe senso parlare di “lavori socialmente utili” per gli studenti che aggrediscono un insegnante – per fortuna sinora pochi e isolati casi in Italia – poiché un tale atto è già da sempre riconosciuto come reato, disciplinato perciò dal codice penale (aggressione a pubblico ufficiale) e, nel caso, segue un proprio iter giudiziario.

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