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Alfredo Cospito, detenuto politico, è al 41° giorno di sciopero della fame

Il detenuto politico Alfredo Cospito è arrivato al suo quarantunesimo giorno di sciopero della fame contro il regime carcerario in 41 bis.

La scorsa settimana su incarico dell’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini, un medico – la dottoressa  Milia ha potuto visitare il detenuto e l’ha trovato «in condizioni discrete», pur se sofferente per il freddo e dunque, per precauzione, non usufruisce dell’ora d’aria. Alfredo Cospito ha già perso oltre 20 kg di peso. Il primo dicembre è prevista la decisione relativa al reclamo presentato dai suoi legali in merito all’applicazione del regime di 41-bis.

Nel reclamo presentato, l’avvocato difensore scrive che la difesa reputa “che la sottoposizione del proprio assistito al regime speciale di detenzione di cui all’art. 41 bis commi 2 e 2 quater O.P. sia illegittima per l’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti applicativi di cui al comma 2 della norma in esame, ovvero, in particolare, per l’attuale insussistenza “dell’associazione criminale, terroristica o eversiva” rispetto a cui la norma de qua mira ad impedire i collegamenti tra i sodali ristretti in carcere e quelli che si trovano all’esterno”.

Cospito, è un militante anarchico detenuto che dallo scorso aprile è sottoposto dal regime di 41-bis, dopo sei anni passati regime in Alta Sicurezza. E’ stato condannato per il reato di strage – anche se la strage non è avvenuta né ci sono stati morti – perché così prevede il dispositivo del reato utilizzato dai magistrati, anche se l’attentato in questione non ha provocato conseguenze letali.

La vicenda nasce con i due pacchi-bomba esplosi nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006, alla scuola Allievi Carabinieri di Fossano (Cuneo), i quali non provocano morti, feriti o danni gravi.

“Fortunatamente non ci sono stati feriti nè danni gravi, anche se il secondo ordigno avrebbe potuto uccidere. Le bombe erano nascoste in due cassonetti dell’immondizia. L’esplosione ha danneggiato la recinzione esterna di una abitazione privata nei pressi della caserma” scriveva la Repubblica del 2 giugno 2006 a proposito dell’attentato.

Eppure la Corte d’Assise d’Appello ha qualificato il fatto come strage (art. 422 del Codice penale): delitto contro la pubblica incolumità, che prevede una pena non inferiore ai 15 anni. Successivamente, nel luglio scorso, la Cassazione ha modificato l’imputazione nel ben più grave delitto (contro la personalità interna dello Stato) di strage, volta ad attentare alla sicurezza dello Stato (art. 285 del Codice penale), condannando due militanti anarchici, Alfredo Cospito e Anna Beniamino all’ergastolo. Infine, da aprile 2022, venti anni dopo, per Cospito le condizioni di detenzione vengono ulteriormente peggiorate con il passaggio al regime del 41 bis. La questione è rappresentata dal regime di 41-bis, la cui esclusiva finalità è, per la legge, quella di “interrompere i rapporti tra il detenuto e l’organizzazione criminale di appartenenza”, ma la cui applicazione trascende di frequente i limiti previsti dalla norma.

Così che la reclusione in 41-bis tende a tradursi in un sistema di privazioni e afflizioni che nulla hanno a che vedere con la ratio della legge e che rischiano di trasformarsi in altrettanti provvedimenti persecutori” scrive in articolo Luigi Manconi, per molti anni Garante dei detenuti.

La corrispondenza destinata ad Alfredo Cospito viene trattenuta. I rapporti consentitigli con altri tre detenuti sono ormai ridotti a quelli, occasionali, con una sola persona. Le ore d’aria cui ha diritto possono essere trascorse esclusivamente all’interno di un cubicolo dai muri molto alti, che permettono di guardare il cielo solo attraverso una grata posta sul soffitto.

Contro questo trattamento detentivo Alfredo Cospito ha deciso di intraprendere lo sciopero della fame, perché – ha scritto – «La vita non ha senso in questa tomba di vivi».

Il nuovo Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, una decina di giorni fa ha visitato in carcere Alfredo Cospito, mentre sul caso sono state presentate alcune interrogazioni parlamentari da parte dei deputati e senatori Peppe De Cristofaro, Ivan Scalfarotto, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi e Silvio Lai.

Ma nella “tomba di vivi” non è sepolto solo Alfredo Cospito. Anche altri prigionieri politici – arbitrariamente accomunati ai mafiosi ma spesso trattati nei tribunali e nelle carceri assai peggio dei mafiosi – sono da anni sottoposti alle vessatorie restrizioni del 41 bis pur non ravvedendosene alcuna necessità. E’ dal 2005 che il 41 bis venne applicato ai prigionieri politici arrestati nel 2003 e successivamente condannati per appartenenza alle Nuove Brigate Rosse. Sono i casi di Nadia Lioce, Marco Mezzasalma, Roberto Morandi. Un’altra detenuta politica, a cui è stato applicato il 41 bis per parecchi anni, era Diana Blefari; dopo quasi quattro anni di carcere duro e di totale isolamento il 41 bis gli venne revocato, ma le sue condizioni psico-fisiche erano ormai definitivamente compromesse e nel 2009 si tolta la vita.

L’avvocato Caterina Calia, che ha seguito molti di questi casi, definisce tutto questo come Il “ diritto penale del nemico”, il che come indica la stessa definizione, “presuppone  l’esistenza di un nemico assoluto nei  cui confronti non si applicano le norme  ordinarie, ma  si applicano invece norme speciali  giustificate dalla ragion di stato”.

Va da se che questo accanimento carcerario, oltre quello giudiziario nei processi, si configura più come spirito vendicativo da parte degli apparati dello Stato verso i detenuti politici che come esercizio della giustizia.

Dobbiamo augurarci che questa contraddizione, per essere portata all’attenzione che merita, non abbia necessità che un prigioniero politico muoia in carcere per lo sciopero della fame (come accaduto spesso in altri paesi come Irlanda e Turchia) per poter procedere finalmente all’abrogazione o alla revisione dell’art.41 bis.

 

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