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La “prima” della Scala e la politica. Dal 1968

Il 7 dicembre 1968 il Movimento Studentesco si presentò in Piazza della Scala munito di uova, ortaggi e di qualche secchio di minio (con cui furono “vivacizzati” pellicce e abiti firmati) per contestare la “prima” della Scala, evento che rappresentava e ancora rappresenta (dopo 54 anni) un’ostentazione di ricchezza e opulenza capitalista, ma anche d’ignoranza e stupidità.

Tale evento, che si tiene nella serata di Sant’Ambrogio, patrono di Milano, ha infatti ben poco a che vedere con la musica e la cultura, a prescindere dalla qualità dello spettacolo che si rappresenta.

Si tratta in realtà di un avvenimento mondano, una passerella di personaggi politici, televisivi, attori e attrici, indossatrici, capitani d’industria e manager della comunicazione che vanno alla “prima” per esibire la loro presenza (nel caso delle signore anche dei loro abiti), pur essendo assolutamente disinteressati a quanto si mette in scena.

Naturale che poi tutti, senza avere ascoltato nemmeno una battuta di musica, si spertichino in lodi per i cantanti e il direttore. Insomma, una scena socialmente e culturalmente disgustosa.

I biglietti per assistere a una “prima” costano diverse migliaia di euro, ma ciò ha poca importanza; quasi nessuno degli spettatori li paga, essendo quasi totale la presenza di invitati, sponsorizzati, spesati ecc.

Naturalmente, a nessuno che non faccia parte della cerchia dei ricchi e dei potenti è dato assistere a una “prima”; tuttavia, per i poveri esiste sempre la possibilità di vedere l’opera attraverso dei punti video disseminati in città, che ritrasmettono le riprese RAI. Insomma, le briciole dal banchetto dei ricchi.

La lontana contestazione del 1968 a cui ho accennato in apertura ha avuto dei meriti storici. Oltre a denunciare il carattere elitario della prima della Scala ha fatto di questo evento un’occasione annuale di discussione e contestazione politica. In pratica ha cambiato la giornata del 7 dicembre milanese.

Anche quest’anno, mentre all’interno del teatro la borghesia celebrava il suo stolto rito, che si conclude in ristoranti da centinaia di euro, all’esterno si svolgeva una manifestazione dei sindacati di base e del comitato contro il carovita che protestava contro gli aumenti delle bollette di luce e gas, e denunciava gli extraprofitti che le aziende fornitrici stanno realizzando nell’ultimo anno. In pratica, un apologo del disgustoso divario che si sta sempre più allargando tra le classi sociali.

Sempre in tema di Scala, il sottosegretario alla cultura Sgarbi ha mancato l’occasione di stare zitto, dichiarando che la Scala, dopo diversi anni di sovrintendenti “stranieri” dovrebbe averne finalmente uno italiano. Uno scivolone provincial-nazionalista tipico della destra di cui dovrebbe vergognarsi, anche perché in vari paesi europei esistono direttori e sovrintendenti italiani di enti culturali e lirici, in accordo con una visione cosmopolita della cultura.

In mattinata, invece, in occasione della consegna degli “Ambrogini d’oro” del Comune di Milano si era tenuta una manifestazione dei lavoratori delle biblioteche e dei musei milanesi.

Questi lavoratori laureati sono pagati 4 euro l’ora, attraverso delle cooperative che appaltano i servizi comunali. Una paga evidentemente scandalosa. Alla protesta il sindaco Sala ha risposto confusamente dicendo che certamente tali paghe sono basse e dovrebbero essere aumentate, ma che i soldi non ci sono e che dovranno essere reperiti forse con un prossimo taglio dei contributi proprio alla Scala.

In ogni caso, secondo Sala, l’ente lirico milanese, dato il suo prestigio potrà coprire il taglio dei contributi comunali attraverso sponsorizzazioni private.

Purtroppo, i fondi risparmiati dal taglio dei contributi alla Scala non potranno passare direttamente ai dipendenti delle cooperative, che sono indipendenti dal bilancio comunale e alle quali il Comune affida la gestione dei servizi in base al principio del costo più basso.

Insomma, una risposta pasticciata, ma evidentemente al sindaco Sala l’idea che forse nel ‘patto di stabilità’ che obbliga gli enti locali al pareggio di bilancio ci sia qualcosa che non va proprio non entra in testa. E nemmeno che il continuo ricorso ai privati per finanziare gli enti pubblici ne limiti l’indipendenza culturale.

Nella vivace giornata milanese non è mancata anche una protesta della comunità ucraina che sosteneva che aprire la stagione della Scala con il Boris Godunov di Modest Musorskij è “propaganda russa”. Una protesta che concorda con la richiesta, espressa alcune settimane orsono dal console ucraino a Milano alla Sovrintendenza della Scala di annullare l’apertura di stagione con un’opera russa.

Una posizione assurda e provocatoria che si rivolge non certo contro l’attuale governo di Putin, ma contro la cultura russa nel suo insieme, che dovrebbe essere cancellata dalle programmazioni. Boris Godunov è un’opera scritta nel 1870, tratta da una tragedia di Puškin che, vale al pena di ricordarlo, ha un soggetto fortemente critico contro la sete e l’arbitrarietà del potere. Nulla dunque, che possa essere riferito a un sostegno all’attuale governo russo.

Tuttavia, è il caso di ricordare che in febbraio il sindaco Sala e il sovrintendente Meyer cacciarono dalla Scala il direttore Valery Gergiev, accusato di essere filoputiniano. Quando si comincia con certe discriminazioni politiche ci si pone su un piano inclinato che apre a conseguenze imprevedibili.

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4 Commenti


  • c. Sergio Binazzi

    È una indecenza che si facciano ancora spettacoli mondani di questo genere, quando si parla di dignità questi borghesi parassiti non si vergognano della miseria che c’è in giro in questo paese ed altri, tutta opera di questi maiali


  • Pasquale

    Purtroppo, di festival della borghesia nostrana in Italia ne esistono parecchi, cominciando da quelli disgustosi messi in atto nel parlamento.


  • Giovanni

    Il nostrano “capitalismo straccione” (com’ e’ classificato da C. Napoleoni), continua parassitariamente a surgere dalle scarse risorse ormai rimaste…
    Tanto, ai peones regaleranno il ponte sullo Stretto (…) e lo scudetto al Napoli, ai pasciuti industriali e alle colluse coperative rosa del Nord congrui fondi da mettere a procfitto.


  • marat

    Bravo l’autore del servizio Maurizio Disoteo. Ottimo, calzante e concreto esempio di marxismo. «Agli inizi storici del modo di produzione capitalistico — ed ogni capitalista ultimo arrivato percorre individualmente questo stadio storico — predominano l’istinto d’arricchimento e l’avarizia come passioni assolute. Ma il progresso della produzione capitalistica non crea soltanto un mondo di godimenti, apre anche con la speculazione e col credito mille fonti di arricchimento improvviso. A un certo livello di sviluppo un grado convenzionale di sperpero, che è allo stesso tempo ostentazione della ricchezza e quindi mezzo di credito, diventa addirittura necessità di mestiere per il «disgraziato» capitalista. Il lusso rientra nelle spese di rappresentanza del capitale» (Marx).

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