L’Autorità per la concorrenza e il mercato ha avviato sette istruttorie e adottato sette provvedimenti cautelari nei confronti di Enel, Eni, Hera, A2A, Edison, Acea ed Engie per presunte modifiche unilaterali illegittime del prezzo di fornitura di energia elettrica e di gas naturale.
Una partita da 7 milioni e mezzo di contratti, con 2,6 milioni di consumatori che già starebbero pagando più del dovuto. In realtà la truffa è molto più grave, se si pensa che hanno realizzato extraprofitti rivendendo al prezzo maggiorato di oltre 10 volte quello che avevano già acquistato a prezzi nettamente inferiori.
Come si legge in un comunicato di Usb (*) “la denuncia presentata dall’avv. Vincenzo Perticaro di USB si basava proprio sulla presa d’atto “di un ingiustificato rialzo dei prezzi del gas e dell’energia elettrica con una ingente moltiplicazione dei ricavi da parte delle società che li commercializzano e/o distribuiscono e ingenti danni per gli utenti” e chiamava in causa oltre le società oggi sotto inchiesta anche le autorità deputate al controllo, in particolare ARERA, AGCM e Mister Prezzi (Garante per la sorveglianza dei prezzi istituito presso l’allora Ministero per lo Sviluppo Economico – MISE)”.
Ci sarebbero gli estremi per il reato di truffa e aggiotaggio. Con l’aggravante che si tratta di aziende pubbliche o a partecipazione pubblica, i cui azionisti dovrebbero risponderne in solido, aziende i cui management andrebbero rimossi con effetto immediato. Ma so cuggini e fra parenti / non se fanno comprimenti / torneranno più cordiali / li rapporti personali / poetava Trilussa un secolo fa.
Fatto sta che, non solo hanno fatto ricorso contro la norma decretata dal governo Draghi che li costringeva a una maggiore tassazione su quei profitti illeciti, perdendo poi la causa davanti al Tar del Lazio a novembre, ma già ad agosto sono andati avanti, pretendendo aumenti, con quella formula truffaldina che va sotto il nome di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, che come ha come sottotitolo cambio le regole quando mi pare, mi piace e mi conviene.
Contemporaneamente, come fosse un piano preordinato dall’intenzione di reiterare tutti quei comportamenti che servono a sfruttare la situazione senza scrupoli, ecco che Confindustria, alla quale sono iscritte le stesse aziende colpite dal provvedimenti dell’Antitrust, presenta un bel progetto, teso a mettere le mani sui finanziamenti pubblici in materia di transizione energetica.
Si chiama Proposta di riforma del mercato elettrico italiano, ed è stata presentata in occasione di un apposito seminario a cui hanno partecipato, tra gli altri, Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della sicurezza Energetica, e Stefano Besseghini, Presidente di ARERA, l’Autorità che dovrebbe vigilare sul corretto comportamento delle aziende energetiche.
Secondo gli organizzatori, la proposta punta a favorire lo sviluppo delle rinnovabili e il loro potenziale sul piano della competitività, costruendo un modello di mercato che separi la loro valorizzazione dal costo del gas.
Dice Aurelio Regina, Presidente del Gruppo tecnico Energia di Confindustria “In una fase in cui, durante l’estate, il prezzo del gas ha raggiunto picchi di aumento di oltre 12 volte il prezzo del gennaio 2021 e di circa 10 per il settore elettrico, invece che solidarietà e approccio comune in Europa abbiamo assistito a una concorrenza spietata per l’acquisto autonomo di rigassificatori e soluzioni autonome per l’approvvigionamento.” (**)
Insomma, gli aumenti sono colpa di “quelli che vengono da fuori”, non dell’insopportabile ingordigia delle aziende che il presidente rappresenta in Confindustria
Senza contare che i costi della “transizione energetica”, cioè la progressiva sostituzione di carbone, petrolio e gas, a favore di rinnovabili, si pretende siano scaricati sugli utenti delle aziende energetiche, in attesa di ricevere finanziamenti pubblici per le necessarie tecnologie. Come al solito, in Confindustria si parla solo e sempre con la bocca piena.
Dopo due anni di pandemia, in cui i profitti di queste aziende hanno sofferto il fermo della produzione e della mobilità, ecco che subito si sono voluti rifare con gli interessi, ben prima che scoppiasse la guerra in Ucraina.
Che è poi diventato uno straordinario, per non dire sensazionale, veicolo di aumenti generalizzati, non solo dell’energia. E riuniti fra de loro / senza l’ombra di un rimorso, / ce faranno un ber discorso/ su la Pace e sul Lavoro / pe quer popolo cojone / risparmiato dar cannone /, così Trilussa concludeva Ninna nanna de la guerra.
Perché la storia non si ripeta, oltre a denunciare con forza i trucchi delle aziende energetiche e le complicità politiche che li assecondano, è tempo di capire quali forme di lotta al caro-energia, causa del carovita e dell’inflazione, sia possibile mettere in campo per difendere le condizioni materiali di vita e di lavoro delle vittime della speculazione sulle bollette.
Va creato politicamente qualcosa di simile a quella che fu l’autoriduzione delle bollette negli anni Settanta, che costrinse il governo e le aziende all’introduzione delle fasce sociali, qualcosa di molto più efficace dei bonus a tempo, denari che non solo vengono bruciati, come il gas delle caldaie dell’acqua calda, ma che diventano, neanche tanto paradossalmente, niente altro che una sorta di autorizzazione agli aumenti, come fossero semplici calamità, e non precise regole di accumulazione di capitale.
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