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Qatargate. Il “cambio di giudizio” del Parlamento europeo sugli Emirati Arabi Uniti

Lo scandalo sulla corruzione da parte del Qatar abbattutosi sul Parlamento europeo, si intreccia indubbiamente con le relazioni complessive che le istituzione dell’Unione Europea hanno intessuto con le ricche, ma spesso impresentabili, petromonarchie del Golfo.

Qualche avvisaglia sul fatto che ci fossero pressioni e ingerenze di paesi stranieri sul Parlamento europeo, c’era già stata a febbraio 2022. Una risoluzione approvata dal PE al paragrafo BY scriveva testualmente: “Vi è una grave carenza di norme vincolanti e a livello dell’applicazione del registro sulle attività di lobbying nell’UE, il che rende praticamente impossibile individuare le attività di lobbying provenienti da paesi terzi; che attualmente non vi è modo di monitorare le attività di lobbying negli Stati membri che influenzano l’attività legislativa e la politica estera attraverso il Consiglio europeo; che le norme sulle attività di lobbying nell’UE riguardano principalmente i contatti personali e non tengono conto dell’intero ecosistema dei diversi tipi di lobbying esistente a Bruxelles; che paesi come la Cina e la Russia, ma anche il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia, hanno investito pesantemente nelle operazioni di lobbying a Bruxelles”.

Ma a febbraio 2022 il parlamento e l’Unione Europea nel suo complesso erano già entrati nella logica della nuova Guerra Fredda, per cui avevano antenne drizzate e propositi bellicosi solo contro Russia e Cina.

L’attenzione oggi si è invece concentrata sulla ricerca di una “buona reputazione in Europa” da parte del Qatar, balzato sulla scena internazionale per aver ospitato i contestati Campionati mondiali di calcio appena conclusisi.

Ma un osservatore più attento affiancherebbe la dovuta attenzione su un’altra petromonarchia del Golfo – gli Emirati Arabi  Uniti (EAU) – anch’essi alla ricerca di una “buona reputazione in Europa”, e dunque disponibile ad “oliare” gli apparati affinchè giudizi negativi si convertano in positivi.

In fondo gli EAU (1) sono quelli di Dubai diventato un centro del business internazionale al quale moltissimi ricchi occidentali guardano come nuovo paradiso degli affari.

Nei primi giorni dell’indagine che sta squassando la credibilità delle istituzione europee e delle Ong “impegnate sui diritti umani” a Bruxelles, era circolata la notizia – poi sparita – che dietro l’inchiesta ci fosse una imbeccata dei servizi segreti degli Emirati Arabi Uniti, fino a ieri rivali frontali del Qatar (sottoposto a quattro anni di embargo da parte delle altre petromonarchie del Golfo) e oggi in una situazione di tregua relativa.

Al Qatar gli altri emiri non hanno mai perdonato tre cose: la nascita del network televisivo Al Jazeera che per anni in tutto il mondo arabo-islamico ne ha sferzato le malefatte, il sostegno alla rete dei Fratelli Musulmani (spesso in conflitto aperto con molti governi) e un atteggiamento meno ostile nei confronti dell’Iran.

Gli Emirati Arabi Uniti sono assolutamente estranei a questa indagine” ha affermato nei giorni scorsi Ebtesam Al-Ketbi, presidente e fondatrice dell’Emirates Policy Center di Abu Dhabi, respingendo le accuse di chi sostiene che siano state “spie” degli Emirati a dare il ‘la’ all’inchiesta belga sul Qatargate che sta facendo tremare l’Europarlamento.

Secondo la Al-Ketbi, dietro queste notizie ci sono “coloro che sono contro gli Emirati Arabi Uniti”, aggiungendo che il Paese del Golfo “non trae alcun vantaggio da questa vicenda”.

E qui occorre però conoscere qualche informazione in più che ci aiuta a collegare alcuni puntini.

Era il settembre 2021 quando il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione severa sulla situazione dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti (dove, tra l’altro, alcuni detenuti politici dei Fratelli Musulmani sono ancora in carcere nonostante abbiano già scontato la loro pena detentiva, ndr).

La risposta degli EAU fu dura: “Le accuse inaccettabili incluse nella risoluzione del Parlamento europeo rappresentano un’ingerenza ingiustificabile negli affari interni degli Emirati Arabi Uniti e non è nel mandato del parlamento internazionale autorizzare alcuna organizzazione regionale a valutare i record sui diritti umani che non è sotto loro competenza regionale”.

Ma a novembre del 2021 è l’eurodeputato del gruppo socialista Andrea Cozzolino (citato nelle indagini sul Qatargate, non indagato e sospeso dal PD) a intervenire in sede di Parlamento europeo accusando duramente gli Emirati Arabi Uniti: “Dietro l’immagine di una classe dirigente illuminata, progressista, tollerante e che rispetta i diritti, si nasconde un regime illiberale” – sosteneva Cozzolino – “Abu Dhabi e Dubai non calpestano soltanto i diritti umani: sono noti, come dimostra lo scandalo Pegasus, l’ingerenza e il tentativo di indebolire le democrazie nei paesi musulmani arabi e soprattutto in Europa. Lo abbiamo visto in Egitto, in Siria, in Sudan e non da ultimo in Tunisia, per non parlare del loro diretto coinvolgimento nella guerra in Libia e in Yemen, dove sono corresponsabili insieme all’Arabia Saudita di crimini di guerra.

Come rispondiamo a tutto questo? La situazione dei diritti umani negli Emirati è l’ennesima prova che il sistema di dialogo di alto livello sui diritti umani dell’UE ha enormi problemi, poiché è stretto tra l’esigenza di far rispettare i diritti e il realismo politico degli affari. E ovviamente i paesi con cui l’UE dialoga approfittano di questa contraddizione, utilizzandola come una foglia di fico”.

L’eurodeputato Andrea Cozzolino aveva proposto che l’Unione Europea adottasse dure misure contro gli Emirati Arabi Uniti: “Nel caso specifico degli Emirati, dovrebbe tradursi nell’embargo delle vendite delle armi, nella sospensione di regime facilitato di visti di Schengen, in sanzioni nei confronti dei criminali coinvolti nell’arresto di Mansoor e nei crimini commessi in Yemen, a cominciare dal generale Ahmed Nasser Al Raisi, candidato tra l’altro alla presidenza dell’Interpol, di cui l’UE è il principale finanziatore”.

Fino al 2021 quindi abbiamo riscontro che i rapporti tra il Parlamento europeo e gli Emirati Arabi Uniti sono decisamente turbolenti. Ma cosa accade nel 2022?

Succede che a marzo 2022 una delegazione del Parlamento europeo va in delegazione negli Emirati Arabi Uniti e qui qualcosa deve essere cambiato perché gli EAU commentano soddisfatti che: “Una delegazione di membri del Parlamento europeo, guidata da Anna Michel, membro del Parlamento europeo e vicepresidente della commissione per il commercio internazionale, ha espresso grande ammirazione per i successi degli Emirati Arabi Uniti nel sostenere le donne e promuovere l’equilibrio di genere”.

“La delegazione del Parlamento UE ha espresso ammirazione per le azioni misurabili e sostenibili intraprese dagli Emirati Arabi Uniti per portare le donne nei ruoli di leadership. La delegazione ha dichiarato che avrebbe ulteriormente esplorato e mirava a imparare dall’approccio delle quote degli Emirati Arabi Uniti per i consigli di amministrazione e i parlamenti. Inoltre, i delegati hanno espresso il desiderio di saperne di più su come gli Emirati Arabi Uniti stanno sviluppando un modello di budgeting basato sul genere e basato sull’evidenza che sarà implementato nel prossimo ciclo di bilancio”.

A ottobre 2022 si diffonde la notizia che la Commissione europea proporrà al Parlamento europeo e al Consiglio di aggiungere gli Emirati Arabi Uniti all’elenco Ue dei paesi terzi ad alto rischio riciclaggio, secondo quanto richiesto da Mairead McGuinness, il commissario europeo ai servizi finanziari.

Passa però solo un mese e a novembre 2022 un’altra delegazione del Parlamento europeo si reca negli Emirati Arabi Uniti nel quadro di una missione dal titolo decisamente indefinibile e piuttosto ambivalente: “Tecnologia per un futuro migliore” e “Diritti dei bambini ad un ambiente più sicuro”.

La delegazione europea, è composta da membri del Parlamento europeo e da nove bambini di età compresa tra 12 e 17 anni, ed era guidata dal membro del Parlamento europeo Isabel Wiseler-Lima, coordinatrice per i diritti umani del gruppo PPE al Parlamento europeo, la quale ha discusso con i funzionari degli Emirati gli sforzi del governo degli Emirati Arabi Uniti su due temi critici: “Tecnologia per un futuro migliore ‘ e ‘Diritti dei bambini a un ambiente più sicuro’.

In una riunione separata, il tenente colonnello Dana Al Marzouqi, direttore generale dell’Ufficio per gli affari internazionali del ministero dell’Interno, ha sottolineato l’importanza dei governi e dei responsabili politici che forniscono spazi sicuri per i giovani online e quando interagiscono con le moderne tecnologie. L’eurodeputata Isabel Wiseler-Lima ha dichiarato: “L’interessante discussione con il tenente colonnello Dana Al Marzouqi ha evidenziato la necessità di ulteriori scambi globali per avere successo nella lotta contro gli abusi sessuali sui minori in tutto il mondo”.

L’eurodeputato rumeno Alin Mituta del gruppo Renew Europe ha commentato: “La nostra visita a Masdar City è stata molto utile per capire i modi in cui le nuove tecnologie possono aiutare a costruire un futuro migliore e più sostenibile. Sono fiducioso che una cooperazione rafforzata tra l’Unione Europea e gli Emirati Arabi Uniti contribuirà a realizzare la transizione digitale ed ecologica”.

In conclusione. Nel mirino degli inquirenti belgi (ma sulla base di un lavoro congiunto dei servizi segreti di ben cinque paesi, ndr) ci sono le ingerenze del Qatar sui parlamentari e alcune Ong con sede a Bruxelles. Appare però evidente che i segnali indicati nella risoluzione del Parlamento europeo di febbraio 2022 non rilevavano solo il Qatar come soggetto di ingerenza. Se, come sembra, l’inchiesta coinvolge una sessantina di europarlamentari, soprattutto dei due gruppi maggioritari del Parlamento europeo – socialisti/democratici e democristiani/popolari – il panorama che si potrebbe aprire sarebbe assai più ampio del solo Qatar. Tra le petromonarchie del Golfo e la loro ricerca di una “buona reputazione in Europa” c’è ancora molto da scavare.

L’unico dato certo è che la credibilità delle istituzioni europee e di molte Ong legate a doppio nodo con questi gruppi parlamentari ne esce a pezzi, così come ne esce a pezzi la presunta “superiorità morale dell’Europa” con la quale ci ammorbano ormai da anni e che è diventata l’ideologia che sta legittimando anche la linea guerrafondaia adottata dalle istituzioni europee tutte in questi mesi. Il “Giardino” evocato dall’ossesso guerrafondaio Borrell non è minacciato dalla “Jungla”, le male piante ce le aveva già inseminate all’interno.

(1) Gli Emirati Arabi Uniti sono sette. Gli emirati di Abu Dhabi e Dubai, per ragioni di estensione territoriale, peso demografico e rilevanza economica, sono i due più importanti.

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2 Commenti


  • Gaspare

    Cosa farebbe l’Europa . . dal momento che si arroga il diritto di parlare dei Diritti Umani . . ( degli altri ) .. , vergognandosi di guardarsi allo specchio per quel che sta combinando . . accanendosi contro la Russia e ciucciando come forsennati a scopo di indebolirla . Gas e Petrolio dagli EAU ? E come la metterebbero se gli Emirati gli chiudessero la fornitura dei prodotti petroliferi per codesta accusa e della loro ingerenza nei loro affari interni accusandoli del Qatargate che dovrebbe chiamarsi Eurogate ?


  • Deanna Melanimelanideanna22@gmail.com

    Penso Europa al di sopra di ogni sospetto..vergogna…i panni sporchi si lavano in casa…

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