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Il parlamento è connivente con il commercio di armi?

Che fine ha fatto la legge per il controllo sull’esportazione di armi?  La legge 185 sull’export di armi è sotto attacco.

Nel 2021 l’Italia ha revocato sei licenze per la fornitura di armi e missili ad Arabia Saudita e Emirati arabi uniti.

La reazione del settore della difesa non si è fatta attendere, mettendo nel mirino la norma della legge 185/1990 “la revoca delle licenze non dovrebbe essere l’eccezione ma la regola” spiega rete pace e disarmo.

La legge del 1990 prevede che siano vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione e la cessione della relativa tecnologia.

Un excursus nel passato

E’ dal 1984 che il comitato contro i mercanti di morte chiede maggiori controlli.

Nel 1987 diversi coraggiosi magistrati hanno tolto il coperchio che copriva questi traffici tutti poco conosciuti e molto illeciti. Grazie alle inchieste giudiziarie, l’opinione pubblica ha conosciuto il significato di triangolazione. Ossia come ci si poteva arricchire con la guerra Iran Iraq,  con la spregiudicatezza di molte industrie belliche e la connivenza di troppi industriali statali.

È sempre nel 1987 che si è iniziato a distribuire in parlamento il testo di una legge che controllasse il commercio di armamenti, la prima legge della Repubblica italiana.

Il governo che inizialmente aveva proposto un suo disegno di legge più orientato a promuovere le esportazioni che a limitarle, ha cambiato atteggiamento. Spinto dai parlamentari più pacifisti, si è aperto un dialogo con le proposte di maggior controllo fatte dall’opposizione.

Però avendo scelto la strada giusta, il governo ha ingranato la marcia più lenta. Di 31 articoli che formavano la legge, solo uno e mezzo sono approvati in sede legislativa dalla commissione parlamentare appositamente costituita.

Le industrie belliche si attivano

Intanto, fuori dal palazzo, le industrie non sono rimaste ad aspettare. Dopo il calo delle esportazioni di armi, verificatosi a partire dal 1984, cercano di lanciarsi con i finanziamenti statali. Il progetto di una nuova legge straordinaria per l’acquisto di nuove armi che sta nel cassetto degli Stati maggiori, sembra fatta più per rilanciare le industrie belliche che per affrontare la nuova fase di disarmo. Il secondo obiettivo delle industrie belliche è quello di fare un salto tecnologico che le renda più competitive sui mercati internazionali. Queste industrie tendono ad accollare i costi del salto tecnologico allo Stato. Le spese per la ricerca e lo sviluppo militare sono in continuo aumento negli ultimi anni.

La nonviolenza contro i mercanti di morte

Ancora una volta i mercanti di morte si ritrovano a fare affari. Nel 1989 a Genova si inaugura la settima edizione della Mostra navale Italia, la principale esposizione di sistemi d’arma nel nostro paese. Per entrare alla Mostra, i mercanti di morte dovranno scavalcare migliaia di pacifisti seduti di fronte ai cancelli.

L’opposizione nonviolenta è organizzata dal comitato contro la mostra insieme a decine di organizzazioni e associazioni laiche, sindacali, religiose, culturali, insieme a partiti e movimenti giovanili e ad associazioni per la pace. Il pacifismo in Liguria era impegnato da anni perché la città si rifiutasse di operare e di ospitare la filiera e la fiera delle armi che finiscono vendute innanzitutto al terzo mondo e persino ai paesi belligeranti.

La discussione è riuscita a coinvolgere anche le amministrazioni locali e ha provocato polemiche a non finire. Ma evidentemente le ragioni degli organizzatori della mostra sono state più convincenti dell’appello rivolto dai pacifisti alla popolazione locale.

Invito a non legittimare le armi e la violenza

Il comitato contro la mostra ha comunque invitato le autorità a non legittimare con la propria presenza l’inaugurazione della Mostra di armi: ci sarà qualcuno che vorrà almeno con questo piccolo gesto testimoniare di aver ascoltato le voci di Pace? L’appuntamento per i pacifisti di tutti Italia dunque era a Genova insieme per dire con la forza della nonviolenza NO alla mostra e SI al disarmo e alla riconversione dell’industria bellica.

L’attualità del boicottaggio degli armamenti

Attualmente vediamo ancora la Liguria al centro del ciclone mediatico perché il Movimento dei portuali di Genova e La Spezia sono impegnati a boicottare il traffico di armi e a rifiutarsi di caricare ordigni militari di distruzione sulle navi che salpano dai porti.

Un appello al mondo del pacifismo perché è molto triste tutto ciò che succede in questa martoriata madre terra. Gli eventi non volgono al meglio.

Una cosa rattrista molto ed è il fatto che tra noi pacifisti non vi sia Unione di intenti. Troppe divisioni e per questo i potenti possono fare oramai tutto quello che vogliono.

Per i poteri forti la guerra ad oltranza anche con la possibilità dell’utilizzo di armi di distruzione di massa nucleari è la via per la Pace. Diamo il giusto senso alle parole. La guerra non può essere pace e la pace deve sussistere perché non è guerra.

Dobbiamo rifondarci come umanità e dobbiamo farlo subito: non vi è più tempo.

Superiamo i problemi che ci dividono e torniamo assieme a lottare per la Pace, la Pace che hanno tentato di donare all’intera umanità i nostri padri Partigiani.

Facciamolo per loro, per noi e per le future generazioni.

Stiamo chiedendo accoratamente una tregua natalizia di pace per una guerra tra Ucraina e Russia e Nato che sta seminando morte e disperazione.

Chiediamo al mondo del pacifismo una tregua anche tra di noi in modo da essere più efficaci e soprattutto credibili nel contrastare le guerre che stanno avvenendo.

Un invito a vedere questo meraviglioso video “I bambini della Pace”.

Impariamo dai bambini che sono la speranza per un mondo senza guerre.

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