La misura della follia reazionaria di questi tempi sta in questo genere di notizie. C’è un gruppo musicale, in Italia, che rischia otto anni di carcere per le canzoni che scrive e canta.
La cosa è così “straniante” che se n’è occupato anche il quotidiano britannico Guardian, moderatamente progressista, secondo il noto adagio “la reazione del vicino è sempre più nera”. E solo a questo punto anche qualche agenzia di stampa italiana – qui abbiamo ripreso parzialmente il lancio dell’Agi – “si accorge” che qualcosa non va nella linea d’azione della magistratura.
I nomi d’arte sono già un programma: Astore, Jimmy Pentothal, Dimitri e Yung Stalin. Sono quattro ragazzi tra i 25 e i 33 anni che formano la band P38. I loro testi citano personaggi come Ho Chi Minh, Rosa Luxemburg, Antonio Gramsci, l’anarchico Gaetano Bresci. Di tutto un po’, insomma, purché sia dichiaratamente “contro”.
Il quotidiano inglese descrive così il concerto del quartetto musicale dello scorso 1° maggio a Reggio Emilia: “Si sono coperti il volto con i passamontagna e hanno fatto un gesto con tre dita che rappresentava la P38, la pistola-simbolo del movimento di sinistra degli anni ’70 Autonomia Operaia”.
Poi, “come di consueto, il gruppo ha sventolato la bandiera delle Brigate Rosse in fondo al palco, titolo del loro album di debutto del 2021, ‘Nuove Br’”. E si può immaginare il brivido lungo la schiena e l’”oooh!” scandalizzato che segue questa descrizione.
Chi possiede un briciolo di cultura musicale sa che proprio la scena punk inglese ha abbondato in provocazioni “violentiste”, senza che mai nessun magistrato si sentisse in diritto (o dovere) di aprire indagini.
Ricordiamo, solo a titolo di esempio, un video dei Sex Pistols – My way – in cui Sid Vicious chiudeva il pezzo sparando sul pubblico (fatto di alta borghesia e aristocrazia britannica), seminando “morte e distruzione”.
Ma evidentemente lo scandalismo segue un doppio standard, come la retorica sulla “democrazia…
Fino a quel 1° maggio, scrive ancora il Guardian, la band bolognese “era stata considerata una delle esordienti più bizzarre e originali della scena trap italiana: arrabbiata, divertente, oltraggiosa, paradossale, anche una novità, a seconda dei giudizi”. Troppo successo, hanno pensato procure e questure… E quindi il 25 novembre i quattro componenti la band “sono stati identificati dalla polizia e le loro case perquisite”.
Attualmente sono indagati dalla Procura di Torino per “istigazione a delinquere, con l’aggravante di terrorismo” dal settembre 2020 quando la band è nata. Il caso è ancora in fase istruttoria, ma l’inizio del processo è tra qualche mese: se giudicati colpevoli, rischiano una condanna a più di otto anni.
Loro si difendono così: “Crediamo che la Procura di Torino ci abbia scambiato per un gruppo terroristico quando in realtà siamo solo un gruppo musicale. Sicuramente nelle nostre canzoni diciamo cose forti… forse inaccettabili per certi versi. Ma non speriamo nel ritorno della lotta armata.
Stiamo maldestramente cercando di fare qualcosa d’artistico. Che ha, ovviamente, una connotazione politica, come qualsiasi opera artistica”.
Fatto sta che la band P38 è stata costretta a sospendere l’attività musicale e avviare una una raccolta fondi per sostenere le spese legali, raccogliendo più di 16 mila euro in una settimana.
Ma siamo comunque un “paese democratico” che difende la libertà di espressione, no?
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DF
Rispondo alla domanda finale:
Evidentemente non siamo (piu’) un paese democratico!
Si puo’ organizzare l’assalto ad una sede di una Organizzazione sindacale senza che nessuno se ne accorga, ma se non sei allineato allora….
Mauro
Be’, musicalmente sono BRavi,non c’è che dire…
Stefano
Vabbe pure in UK… L’articolo sul Guardian l’ha scritto un italiano.
Walter
No, non lo siamo.