Lo aveva già annunciato nel 2018, il reato di tortura “impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro” e per questo andava abolito. Oggi che è presidente del Consiglio, Giorgia Meloni mantiene la promessa in merito a quell’annuncio.
Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge per annullare il provvedimento introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017, dopo un tormentato iter parlamentare.
La necessità di introdurre tale reato emerse dopo i drammatici fatti del G8 di Genova del 2001: l’Italia fu sanzionata nel 2015 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per per la mancanza di adeguate ed efficaci misure di prevenzione e repressione delle condotte di tortura, contrarie all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, qualificando le violenze commesse in quei giorni dalle forze di polizia contro i manifestati come tortura.
Il testo, che vede tra prima firmataria Imma Vietri (assieme a Amich, Cangiano, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Iaia, La Porta, Longi, Maiorano, Michelotti e Tremaglia), intende di fatto eliminare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale che introducevano il reato e si lascia in piedi solo una sorta di aggravante all’articolo 61 del codice.
Una proposta a sole 24 ore dalla notizia della sospensione di 23 agenti di polizia penitenziaria del carcere di Biella, accusati proprio di tortura ai danni di tre detenuti che sarebbero stati “colpiti con calci pugni e schiaffi mentre erano ammanettati e denudati”, come da accusa del pubblico ministero.
La risposta della maggioranza è un liberi tutti perché, nella logica meloniana, se non si abrogassero gli articoli 613-bis e 613-ter “potrebbero finire nelle maglie del reato in esame comportamenti chiaramente estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico particolarmente delicate o la collocazione di un detenuto in una cella sovraffollata”.
La proposta di legge fa proprio il caso delle carceri, dove sono sorte le principali indagini e processi proprio in merito alla tortura. Secondo Fratelli d’Italia “gli appartenenti alla polizia penitenziaria rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate”.
“Alla luce di tali considerazioni, per tutelare adeguatamente l’onorabilità e l’immagine delle Forze di polizia, che ogni giorno si adoperano per garantire la sicurezza pubblica rischiando la loro stessa vita e per evitare le pericolose deviazioni che l’applicazione delle nuove ipotesi di reato potrebbe determinare, la presente proposta di legge – si sottolinea ancora nella relazione – prevede l’introduzione di una nuova aggravante comune per dare attuazione agli obblighi internazionali” e “la contestuale abrogazione delle fattispecie penali della tortura e dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura di cui rispettivamente agli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale“.
Immediata le razioni delle opposizioni. La più dura è quella della senatrice Ilaria Cucchi, che si è spinta ad un appello al capo dello Stato Sergio Mattarella affinché non si cancelli dall’ordinamento l’aggaravante del reato di tortura “come invece intende fare Fratelli d’Italia”.
“Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Far finta di niente e voltarsi dall’altra parte è già questa una violazione dei diritti umani e lo so perché l’ho provata sulla mia pelle – ha affermato la senatrice -. Più di un giudice, prima dell’introduzione di questa legge si è trovato a non poter procedere perché la legge non esisteva. Abbiamo lottato per la sua introduzione e ora rivolgo un appello a tutte le forze politiche soprattutto al Presidente della Repubblica: giù le mani dalla legge che punisce la tortura. Chi ha paura del reato di tortura legittima la tortura”, l’attacco durissimo di Cucchi.
* da il Riformista
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