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“Sono seppellito vivo in una tomba, in un luogo di morte”. Lettera di Alfredo Cospito

La mia lotta contro il 41bis è una lotta individuale da anarchico” e perciò “porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un ricatto ma perché questa non è vita. Se l’obiettivo dello Stato italiano è quello di farmi dissociare dalle azioni degli anarchici fuori, sappia che io ricatti non ne subisco. Sono pronto a morire per far conoscere al mondo cosa è veramente il 41 bis”.

Lo scrive di suo pugno Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto nel carcere di Opera al 41bis, in un passaggio di una lettera scritta nella casa di reclusione milanese a fine gennaio.

Da buon anarchico credo che ognuno è responsabile delle proprie azioni” e perciò “da anarchico coerente non prendo le distanze da altri anarchici per opportunismo e convenienza“, scrive ancora Cospito, che precisa: “Ho sempre rivendicato con orgoglio le mie azioni (anche nei Tribunali e per questo mi ritrovo qui) e mai criticato quelle degli altri compagni“.

Il più grande insulto per un anarchico è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini, si legge in un altro passaggio, “non ho mai spedito ‘pizzini” ma “articoli per giornali e riviste anarchiche”.

Cospito descrive la sua situazione come quella di un uomo “seppellito vivo in una tomba, in un luogo di morte” e aggiunge: “Non posso vivere in un regime disumano come quello del 41bis, dove non posso leggere quello che voglio, libri, giornali, periodici anarchici, riviste d’arte e scientifiche, di letteratura e di storia. Un regime dove non posso aver alcun contatto umano, dove non posso più vedere o accarezzare un filo d’erba o abbracciare una persona cara. Un regime dove le foto dei tuoi genitori vengono sequestrate“.

il testo della lettera:

La mia lotta contro il 41 bis è una lotta individuale da anarchico, non faccio e non ricevo ricatti. Semplicemente non posso vivere in un regime disumano come quello del 41 bis, dove non posso leggere liberamente quello che voglio, libri, giornali, periodici anarchici, riviste d’arte, scientifiche e di letteratura e storia.

L’unica possibilità che ho di uscire di qua è quella di rinnegare la mia anarchia e vendermi qualcuno da mettere al posto mio. Un regime dove non posso avere alcun contatto umano, dove non posso più vedere o accarezzare un filo d’erba o abbracciare una persona cara. Un regime dove lo foto dei tuoi genitori vengono sequestrate. Seppellito vivo in una tomba, in un luogo di morte. Porterò avanti la mia lotta fino alle estreme conseguenze, non per un “ricatto”, ma perché questa non è vita.

Se l’obiettivo dello Stato italiano è quello di farmi “dissociare” dalle azioni degli/e anarchici/e fuori, sappia che io ricatti non ne subisco. Da buon anarchico credo che ognuno è responsabile delle proprie azioni, e da appartenente alla corrente anti-organizzazione, non mi sono mai “associato” ad alcuno e quindi non posso “dissociarmi” da alcuno. L’affinità è un’altra cosa.

Un anarchico/a coerente non prende le distanza da altri anarchici/e per opportunismo o convenienza. Ho sempre rivendicato con orgoglio le mie azioni (anche nei tribunali, per questo mi ritrovo qui) e mai criticato quelle degli altri compagni/e, tanto meno quindi in una situazione come quella in cui mi ritrovo.

Il più grande insulto per un anarchico/a è quello di essere accusato di dare o ricevere ordini. Quando ero al regime di alta sorveglianza avevo comunque la censura, e non ho mai spedito “pizzini”, ma articoli per giornali e riviste anarchiche. E soprattutto ero libero di ricevere libri e riviste e scrivere libri, leggere quello che volevo, insomma mi era permesso di evolvere, vivere.

Oggi sono pronto a morire per far conoscere al mondo cosa è veramente il 41 bis, 750 persone lo subiscono senza fiatare, mostrificati di continuo dai massmedia.

Ora tocca a me, mi avete prima mostrificato come il terrorista sanguinario, poi mi avete santificato come l’anarchico martire che si sacrifica per gli altri, adesso mostrificato di nuovo come capo della terribile “spectra”. Quando tutto sarà finito, non ho dubbi, portato sugli altari del martirio. Grazie, no, non ci sto, ai vostri sporchi giochetti politici non mi presto.

In realtà il vero problema dello Stato italiano è quello che non si venga a sapere tutti i diritti umani che vengono violati in questo regime, il 41 bis, in nome di una “sicurezza” per la quale sacrificare tutto. Be’! Ci dovevate pensare prima di mettere un anarchico qui dentro, non so le reali motivazioni o le manovre politiche che ci sono dietro. Il perché qualcuno mi abbia usato come “polpetta avvelenata” in questo regime.

Era abbastanza difficile non prevedere quali sarebbero state le mie reazioni davanti a questa “non vita”. Uno Stato quello italiano degno rappresentante di un’ipocrisia di un occidente che dà continue lezioni di “moralità” al resto del mondo. Il 41 bis ha dato lezioni repressive ben accolte da stati “democratici” come quello turco (i compagni/e curdi ne sanno qualcosa) e quello polacco.

Sono convinto che la mia morte porrà un intoppo a questo regime e che i 750 che lo subiscono da decenni possano vivere una vita degna di essere vissuta, qualunque cosa abbiano fatto.

Amo la vita, sono un uomo felice, non vorrei scambiare la mia vita con quella di un altro. E proprio perché la amo, non posso accettare questa non vita senza speranza.

Grazie compagni/e del vostro amore

Sempre per l’anarchia

Mai piegato

Alfredo

* da Osservatorio Repressione

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1 Commento


  • pietro

    Ancora oggi non capisco il perché’ del rivendicare l’abolizione del 41bis anche per i prigionieri non politici.
    La mafia , in tutte le sue declinazioni , politiche , sociali , economiche e culturali , è sempre stata nemica di classe.
    Sono questi i primi cani che la borghesia scioglie quando si da’ la caccia ai proletari , per fermare le loro iniziative ( Impastato ,Rizzotto ) o le loro rivendicazioni ( Giuliano , Portella ) .insieme al fascistume del quale sono intrisi gli organi di stato

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