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Alitalia–ITA, il tribunale di Roma scardina il segreto voluto da UE e governi italiani

Altro che newco, fu cessione di ramo d’azienda, gli ex dipendenti non riassunti hanno diritto al posto di lavoro

Ieri 15 giugno è stato depositato, sulla base della produzione del contratto di cessione segreto Ita-Alitalia, il dispositivo della prima sentenza favorevole a 77 dipendenti ex Alitalia, tra cui molte donne, che sono stati tutti reintegrati nel posto di lavoro vedendosi riconosciuto anche il diritto a un anno e mezzo di arretrati.

Una prima tappa contro l’ingiustizia e la disapplicazione delle leggi italiane, con il riconoscimento da parte del giudice del Lavoro di Roma che il contratto con il quale è nata ITA – ostinatamente tenuto segreto da un’azienda a capitale pubblico – altro non era che una cessione di ramo d’azienda.

USB esprime oggi grande soddisfazione ma non può fare a meno di sottolineare con rabbia come non sia stata ascoltata nella sua dura critica alla nascita di ITA, basata su un progetto industriale enormemente limitato che, invece di essere un volano dopo la ripresa economica e post pandemica, provoca oggi l’attesa messianica dell’ingresso di Lufthansa, un ingresso senza garanzie di sviluppo e chiaramente già scritto nei piani di Bruxelles quando la UE decretò la condanna a morte di Alitalia.

Tutto già scritto e tutto denunciato fin dal primo momento da USB, con assemblee, manifestazioni e convegni fin sotto le finestre del Parlamento e del governo.

ITA avrebbe dovuto dare lavoro a tutta una platea di dipendenti dei vettori, dopo il commissariamento di Alitalia, le crisi del 2020 e le chiusure di AirItaly, di Blue Panorama ed altre.

Invece la discontinuità si è trasformata in assunzioni privilegiate senza oggettività e proprio in questi giorni assistiamo alle stabilizzazioni di CTD provenienti da altri bacini e da compagnie low cost mentre migliaia sono ancora i lavoratori a casa pagati dallo Stato.

Sono più di 1.100 le cause pendenti per chiedere la reintegra nel posto di lavoro e a queste potrebbero adesso seguirne altre da parte dei 3500 dipendenti che non hanno avviato i ricorsi e che oggi sono ancora in Cigs (saltuariamente pagata) a zero ore, scesi in piazza questa mattina con USB a Roma per reclamare reddito e lavoro.

La stima dei costi in caso di ulteriori vittorie dei ricorrenti è di parecchie decine di milioni di euro, tali da mettere in discussione la svendita a Lufthansa.

Grave quindi è stata l’imprudenza della politica tutta: dei ministri dell’Economia Franco (governo Draghi) e poi di Giorgetti con l’attuale governo Meloni, che hanno forzato in ogni modo il passaggio di discontinuità negando le leggi italiane; del management di Ita Alfredo Altavilla, responsabile di spaventose discriminazioni nelle assunzioni, in un percorso condiviso dal sindacato confederale e di categoria nell’accettazione di contratti al ribasso e oggi del salario d’ingresso.

Si tratta di modalità che neppure oggi sono state corretto dall’attuale management cioè dal presidente Turicchi e dall’AD Lazzerini.                    

Ora le conseguenze potrebbero essere anche politiche, oltre che economiche. Soprattutto, ci deve essere una severa valutazione dell’operato degli attori che con disinvoltura hanno distrutto un’azienda e messo migliaia di famiglie in enorme difficoltà.

Calpestando oltretutto le leggi della Repubblica Italiana, con l’ostinata segretezza imposta al contratto che ha sancito la trasformazione di Alitalia in ITA, un segreto di pulcinella, scardinato oggi per la prima volta dal giudice del lavoro del Tribunale di Roma.

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2 Commenti


  • Gianfranco

    una telefonata di amici degli amici, due paroline al giudice, problema risolto.


  • Angelo De Marco

    tutto ciò con la complicità più o meno dichiarata di CGIL CISL UIL ugl e sindacati piloti

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