Come da circa 16 mesi cerchiamo di documentare su questo giornale, l’Europa torna a vivere sul proprio territorio l’incubo della guerra, venticinque anni dopo la disgregazione della Jugoslavia.
Oggi come allora, l’Unione Europa, all’interno di quella Nato dove si è ricompattato il Blocco euroatlantico, gioca un ruolo guerrafondaio pericoloso per le popolazioni del Vecchio continente.
Oggi come allora, il governo italiano partecipa attivamente all’escalation bellica, nelle forme in cui questa si esprime: lanciando bombe allora con D’Alema premier, inviando armi oggi (per ora) con Meloni presidente.
“E al popolo?” Niente, se non rincaro del costo della vita, diminuzione dello Stato sociale e un orizzonte fosco fatto di distruzione e povertà, il tutto per accontentare gli interessi geopolitici degli Stati Uniti e quelli di classe degli industriali europei.
Parola, oltre che nostra, di analisti militari, abituati a fare i conti con la durezza dei fatti e non con la propaganda ideologica. Per questo, vi proponiamo di seguito l’intervento del generale Fabio Mini letto domenica al convegno “Guerra o pace?”, e la ricostruzione delle nuove forniture militari occidentali all’Ucraina fatta dal sito specializzato Analisi Difesa.
Buona lettura.
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Non sono molte le occasioni offerte a un militare per esprimere opinioni sulle scelte politiche. E non è molta la disponibilità dei militari a discuterne.
Esiste il forte pregiudizio che la politica debbano farla soltanto i politici e i militari debbano occuparsi solo di aerei e carri armati. Salvo poi “fare politica” con le armi, rendendo i servitori dello Stato servi d’interessi contrari alla Costituzione.
Perciò ho sempre ritenuto che sia un dovere dei militari esprimere opinioni e giudizi anche su questioni sociali e politiche che riguardano la sicurezza dello Stato. E che sia un diritto e un dovere dei governi e dei legislatori ascoltare anche i loro pareri.
Oggi l’Europa è in guerra: sia perché la ospita entro i suoi confini geografici, sia perché partecipa attivamente con il sostegno politico, economico e militare a uno dei belligeranti.
Il nostro Paese è in guerra e ne subisce le conseguenze con la prospettiva di doverne subire di peggiori. La guerra in tutte le sue forme sembra l’unica via d’uscita. Non la guerra metaforica, ma quella reale, materiale, cinetica come diciamo noi militari, che poi siamo chiamati ad affrontare.
Si dice che occorre aiutare l’Ucraina a difendersi e che la difesa dell’Ucraina è la difesa dell’Europa. Che è una battaglia di civiltà e libertà. Ho molti dubbi in proposito e mi domando come mai non ci siamo preoccupati prima delle minacce alla libertà di quegli stessi ucraini quando erano soggetti a una guerra da parte del loro stesso governo.
E come mai la preoccupazione della libertà dei popoli non si estenda ad altre popolazioni soggette alle guerre e alle repressioni.
La guerra in Ucraina è un obbligo nei confronti di un Paese aggredito: è vero, ma il ricorso alla forza deve essere approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e questo non c’è ancora stato.
La Nato si sta solo difendendo: è vero,. ma per vent’anni ha condotto un attacco subdolo alla Russia e senza autorizzazione ha già attaccato uno stato sovrano membro delle Nazioni Unite.
La guerra riguarda Russia e Ucraina: non è vero, riguarda Stati Uniti e Russia e soprattutto riguarda l’intera sicurezza europea.
L’Ucraina nella Nato rafforzerà l’alleanza e porterà alla vittoria: non è vero, l’Ucraina è un Paese in guerra e l’inclusione nella Nato porterà al coinvolgimento diretto della Nato e quindi degli Stati Uniti nella guerra.
Una clausola fondamentale del trattato atlantico stabilisce che i nuovi membri debbano contribuire alla sicurezza dell’Alleanza. L’Ucraina in guerra contribuirà alla sicurezza in peggio.
Il sostegno all’Ucraina è imposto dalla Nato: è vero, ma le norme del trattato stabiliscono che le decisioni siano prese all’unanimità e questa non c’è. E quando ci dovesse essere sarebbe l’unanimità nella rinuncia a esprimere e far valere la sovranità dei Paesi membri.
Si dice che la partecipazione alla guerra è un interesse nazionale che coincide con quello della Nato: non è vero, l’interesse nazionale di Paesi come l’Italia è la cooperazione, la competizione se si vuole, ma non il conflitto. Se la Nato, come ora, si schiera in guerra fa solo gli interessi di qualche Paese in particolare.
L’Italia sta pensando agli interessi nella produzione di armi e nella ricostruzione post bellica dell’Ucraina: vero, il mondo intero sta pensando a questo e oggi occorre valutare quanta parte potrà avere nella ricostruzione. Riuscirà questa parte a compensare le perdite secche che ora stiamo subendo in materiali, economia e finanza?
Abbiamo bisogno di pace: è vero, ma non a qualsiasi costo e nemmeno una pace temporanea che contenga, come tutti i trattati di pace, i semi del successivo conflitto.
Le scelte politiche di questo periodo sono importanti e una soluzione del conflitto è possibile sul piano politico-diplomatico come era possibile evitarlo del tutto o interromperlo in qualsiasi momento.
Oggi è sempre più difficile negoziare e per farlo occorre rinunciare a qualcosa. Non servono soltanto le rinunce della Russia e dell’Ucraina: serve un compromesso che salvaguardi la sicurezza europea.
La politica deve rispolverare concezioni vecchie, ma collaudate. Per esempio, la de-militarizzazione del conflitto, come quando Iran e Iraq in guerra per dieci anni furono privati degli aiuti esterni; la smilitarizzazione di una fascia di sicurezza in Ucraina e Russia e la neutralità di quei Paesi avviati al conflitto come strumento per diminuire la percezione d’insicurezza dei vicini.
Sono tutte cose che sembrano inefficaci e inattuabili e quindi sono state eliminate dalla visione politica orientata in un unico senso: la guerra. Occorre ribaltare l’approccio e considerarle possibili perché la soluzione militare sul campo non solo è impossibile, ma pericolosa qualunque essa sia.
Un’ultima riflessione: “Magari perderò voti, ma il mio programma di governo è: 1. Finire il conflitto in Donbass; 2. Parlare con i russi; 3. Neutralità ucraina”.
Era il 2019 e il neoeletto presidente Zelensky lo dichiarò al Parlamento. Dall’estrema destra gli arrivò un avvertimento: “Non perderà solo voti”. E i comandanti delle milizie in Donbass gli dissero che finire lì e parlare coi russi sarebbe stato alto tradimento. Cambiò idea.
Oggi, forse, con le stesse milizie decimate e con la guerra che va avanti solo con il supporto occidentale, si apre paradossalmente la via della demilitarizzazione agendo semplicemente sul sostegno esterno.
E si apre la via per il ritorno alle intenzioni di quattro anni fa, con 200mila morti in più.
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Qui di seguito l’articolo di Analisi Difesa.it
Un nuovo pacchetto di aiuti militari degli Stati Uniti all’Ucraina da 500 milioni di dollari è stato annunciato il 28 giugno Forniture che includono 30 veicoli cingolati da combattimento di fanteria M2 Bradley (IFV) e 25 veicoli ruotati da combattimento M1126 Stryker per rimpiazzare le perdite subite in battaglia, munizioni per gli MLRS HIMARS e i sistemi di difesa aerea Patriot nonché missili anticarro Javelin e missili terra-aria Stinger.
Il capo di stati maggiore delle forze armate statunitensi, generale Mark Milley, ha dichiarato il 30 giugno che gli Stati Uniti stanno considerando di fornire munizioni a grappolo (cluster bombs) all’Ucraina impiegate anche dai russi e peraltro già fornite agli ucraini da altri alleati.
Milley ha detto in un intervento al National Press Club che le discussioni stanno continuando. “Gli ucraini lo hanno chiesto, altri paesi europei ne hanno fornito alcune, i russi le stanno usando”, ha detto Milley. “C’è un processo decisionale in corso”.
Non è chiaro se Washington valuti di fornire queste armi nel munizionamento aereo (bombe), o di artiglieria (razzi e missili contenenti sub-munizioni). A causa del gran numero di ordigni che restano inesplosi sul terreno, le munizioni a grappolo sono vietate da una convenzione internazionale del 2010 firmata anche da molte nazioni aderenti alla NATO ma non da USA, Russia e Ucraina.
Secondo quanto rivelato il 30 giugno dal Wall Street Journal, Washington sta valutando l’invio a Kiev di missili balistici tattici ATACMS (Army Tactical Missile System) lanciabili dagli MLRS HIMARS.
L’opzione era stata finora esclusa dagli USA per il limitato numero di armi di questo tipo disponibili nei depositi dell’US Army e per il timore che l’Ucraina possa usare tali missili, che hanno un raggio d’azione di 300 chilometri, per colpire obiettivi sul territorio della Federazione Russa.
Secondo il quotidiano, a smorzare le riserve finora espresse avrebbe contribuito il flop della controffensiva ucraina e la fornitura britannica e forse anche francese di missili da crociera Storm Shadow /SCALP aviolanciabili e impiegati a bordo dei Sukhoi Su-24M ucraini sui quali sono stati integrati.
Dopo gli Storm Shadow forniti dalla Gran Bretagna, già impiegati in numerosi attacchi contro obiettivi nelle retrovie russe e in parte abbattuti dalle difese aeree potrebbe essere stati già consegnati all’aeronautica di Kiev anche uno stock di missili dello stesso tipo giunto dalla Francia.
Il 30 giugno lo stato maggiore ucraino ha rivendicato di aver colpito il ”quartier generale russo e un deposito di carburante” nella città portuale di Berdiansk, nella regione di Zaporizhia. Vladimir Rogov, governatore russo della regione, aveva affermato che le difese aeree avevano abbattuto i missili lanciati verso Berdiansk e alcuni canali Telegram militari russi hanno diffuso le immagini (qui di fianco) e un video del relitto di uno Storm Shadow.
Il 26 giugno l’Australia ha reso noto che fornirà all’Ucraina un ulteriore pacchetto di aiuti militari e umanitari del valore di circa 74 milioni di dollari. Lo ha annunciato il capo del governo australiano, Anthony Albanese.
“Questo pacchetto risponde alle richieste dell’Ucraina di veicoli e munizioni e farà una differenza tangibile sul campo di battaglia”. Secondo quanto riferito, l’Australia invierà all’Ucraina 70 veicoli militari, inclusi 28 veicoli corazzati M113, 14 veicoli speciali, 28 camion medi MAN 40M e 14 rimorchi, oltre a una nuova fornitura di munizioni di artiglieria da 105 mm.
La Spagna, che ha appena assunto la presidenza semestrale della UE, ha reso noto il 1° luglio che consegnerà “presto” 4 ulteriori carri armati Leopard 2A4 e un ospedale da campo con capacità chirurgiche all’Ucraina. Lo ha detto il premier Pedro Sanchez.
La Bulgaria non invierà propri militari in Ucraina, ma contribuirà all’addestramento dei medici militari ucraini, come ha dichiarato in Parlamento il ministro della Difesa bulgaro, Todor Tagarev. “Nell’arco di un anno, un totale di 60 tra medici e infermieri militari ucraini riceveranno una formazione speciale presso l’Accademia medica militare”, ha affermato Tagarev.
In merito all’iniziativa dell’Unione europea relativa al rifornimento di munizioni all’Ucraina, il ministro bulgaro ha ribadito che l’industria bellica del Paese non produce i proiettili di calibro 155 millimetri, “ma esiste la possibilità per l’Agenzia europea per la difesa di stipulare contratti con società bulgare per la produzione di tali munizioni”. “A tal fine, saranno stanziati 500 milioni di euro dal fondo europeo”, ha detto Tagarev.
La Lituania ha annunciato oggi l’acquisto dalla società norvegese Konsberg di due sistemi missilistici terra-aria NASAMS per 9,8 milioni di euro da fornire all’Ucraina ma ha precisato che l’aiuto non comprende i missili. “I lanciatori per il sistema NASAMS arriveranno in Ucraina nel prossimo futuro”, ha dichiarato il presidente Gitanas Nauseda,
In Svizzera il Consiglio Federale ha invece respinto la richiesta della società elvetica RUAG che voleva consegnare a Rheinmetall 96 carri armati Leopard 1 (nella foto sopra) ex Esercito Italiano da trasferire in seguito in Ucraina. La richiesta non è compatibile con le leggi in vigore, sia con la legge sul materiale bellico che con la politica di neutralità elvetica, ha stabilito il Consiglio Federale.
I carri armati dismessi, erano stati acquistati nel 2016 da un’agenzia del Ministero della Difesa italiano e si trovano attualmente ancora fermi in Italia. La RUAG intendeva rimetterli a nuovo o utilizzarli per i pezzi di ricambio. A inizio giugno l’azienda di armamento di proprietà della Confederazione aveva reso noto di aver presentato – già il 27 aprile – una domanda di riesportazione allo scopo di avere un chiarimento sulla posizione ufficiale svizzera.
Quella che il Governo ribadisce ora è la linea già adottata in precedenza per tutta una serie di richieste analoghe, in particolare provenienti dall’estero. Si pensi per esempio alle munizioni di (produzione svizzera) per i semoventi antiaerei Gepard ceduti da Berlino a Kiev.
In Germania, Rheinmetall ha comunicato il 27 giugno che fornirà all’Ucraina 14 carri armati Leopard 2A4, acquistati dalle scorte di diversi Paesi nell’ambito di un programma finanziato da olanda e Danimarca.
I tank verranno consegnati dopo i lavori di ripristino e ammodernamento nel 2024. La fornitura verrà completata nel corso del prossimo anno. Si tratta di Leopard 2 A4 che Rheinmetall ha acquistato dalle scorte di diversi Paesi.
Un numero elevato di Leopard 2 è stato distrutto o danneggiato in giugno nella controffensiva ucraina sul fronte di Zaporizhia (nella foto a lato, un Leopard 2 A4 esploso su una mina e poi colpito da un missile anticarro).
Circa gli aiuti, non solo militari, dell’Unione Europea il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha dichiarato il 30 giugno che a 500 giorni dall’inizio del conflitto in Ucraina, l’Ue ha erogato a Kiev 70 miliardi di euro.
“Dall’inizio della guerra abbiamo mobilitato 70 miliardi di euro per l’Ucraina”, la scorsa settimana abbiamo erogato 9 miliardi di euro del nostro pacchetto di assistenza macro finanziaria da 18 miliardi previsti per il 2023″, ha aggiunto la presidente del Parlamento europeo.
“Abbiamo già consegnato oltre 220 mila munizioni e oltre 2 mila missili e ora siamo sulla buona strada per consegnare il milione di proiettili previsti entro i prossimi 12 mesi. Inoltre, entro la fine dell’anno, avremo formato più di 30 mila militari ucraini. Fino ad oggi, ne abbiamo già’ formati 24 mila”, ha concluso von der Leyen la cui commissione prevede di fornire a Kiev altri 50 miliardi di euro entro il 2027.
Dure le critiche, a tal proposito, del premier ungherese Viktor Orban, che è tornato ad attaccare la revisione di bilancio proposta dalla Commissione. “Non è accettabile – scrive Orban in un tweet – che Bruxelles voglia concedere 50 miliardi di euro di aiuti aggiuntivi all’Ucraina mentre non sappiamo nulla sull’utilizzo dei fondi Ue inviati dall’inizio della guerra”.
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