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TAV. Aumentano gli anni, ma non i centimetri

Questa vicenda del TAV è proprio lo specchio delle nostre vite: una costante che ci accompagna da oltre un trentennio, alla quale – quasi quasi – iniziamo ad affezionarci.

Negli anni, tanti anni, tanti governi sono cambiati. Quando iniziò, al governo c’era De Mita, poi Andreotti, nel 1989 (foto 1). Poi, seguirono Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte, Meloni.

Tutti i governi, tranne uno che poi si rimangiò la parola, erano favorevoli al TAV. La lobby trasversale, che tanto ha spinto il disastroso progetto nei decenni, aveva come capofila alcuni esponenti di quel “sistema-Torino” – ex PCI poi PDS poi PD – che hanno stazionato nella città per oltre due decenni, in tutti i CdA delle partecipate, in tutti gli assessorati, vice assessorati, valvassorati e valvassinati disponibili.

L’ideologia poteva ricondursi al vetero-sviluppismo del PCI anni ’40-’70, di matrice affondante nel socialismo reale, prima della consapevolezza ecologista instillata nell’allora partito di sinistra a partire dalla fine degli anni 60.

Se il PCI cambiò la sua posizione da pro a contro il nucleare, ad esempio, come mai i piddini torinesi tanto hanno insistito con questo TAV? Probabile che non sia più vetero-sviluppismo, ma neo-bancomatismo.

Il TAV alimenta da decenni le finanze di tutto il sottobosco politico e tecnico che fa riferimento al PD, fra commesse milionarie, commissioni, percentuali e bustarelle.

Figura 2

Ma gli anni passano anche per i “compagni SITAV”: Pininfarina che nel 1991 faceva pubblicare dal quotidiano SITAV di riferimento l’articoletto “TAV subito o sarà tardi” (vedi figura 2), l’architetto Mario Virano ed il suo sogno di inaugurare la Grande Opera, con successiva statua di lui a cavallo stile Caval d’Brons che scaccia le tenebre ed indica la via per il Progresso, e i sogni e le brame di molti altri, si sono scontrati con “’a livella”, davanti alla quale non può che esserci silenzio e rispetto.

Lo stesso silenzio e rispetto che dimostreremo nei prossimi anni, quando alcuni dei rimanenti – ormai pochi – esponenti di punta della lobby dovranno anche loro ascendere ai Pascoli del cielo, data l’età che avanza.

Anche altre forze politiche sono SITAV, ma ovviamente – se si parla di Lega o neofascisti – il termine “ideologia” è inaccostabile a qualunque loro presa di posizione.

I media, poi, al TAV sono ormai abituati. Tutti (tranne Fatto e Manifesto) hanno fatto palestra col TAV: il patentino di ammissione in redazione consisteva in varie prestazioni, fra cui un bell’articoletto leccapiedi e sedizioso, pieno di mezze bugie e distorte verità, pro TAV o atto a diffamare qualcuno di noi NOTAV.

Anche alcuni di loro, accidenti, con gli anni han dovuto arrendersi alla morte, alla demenza o alla malattia grave: anche per loro, riserviamo – e riserveremo ai prossimi – soltanto l’onore delle armi. Perché non siamo come loro.

Anche l’opposizione al TAV è cambiata, con gli anni. Pure molti di noi purtroppo han dovuto gettare la spugna, sebbene abbiano avuto come magra consolazione il fatto che “vivi loro” non un centimetro del tunnel di base del TAV sia stato scavato.

Poi, anche noi abbiamo i nostri “casini” interni, sui quali taccio. Ricordo oramai con tenerezza quando il sottoscritto, consulente della Comunità Montana sin dalla prima metà degli anni ’90 per le questioni uranio e materiali pericolosi, dopo centinaia di ore di lavoro gratuito e innumerevoli serate e conferenze, rapporti, misero nominato al premio Nobel per la Fisica nel  2015 e professore ordinario dal 2000 (concorsi veri e non opelegis, roba di una volta, dove se tu vincevi c’eran almeno 5 che perdevano) venne improvvisamente messo da parte grazie ad alcuni nuovi arrivati, in quanto non abbastanza democristiano, poco esperto nell’arte sublime della diplomazia.

Potrei fare nomi, cognomi e numeri di matricola, mettere in evidenza i loro grandi “successi”come Toninelli-boys, o come Appendini, i disastri sfiorati e gli autogol.

Mi limito ad osservare che la grande fortuna del NOTAV è avere dalla propria parte la forza della ragione e della verità fattuale, e l’incapacità davvero disarmante dei “tecnici” SITAV: per cui, alla fine, bastano anche dei mediocri di buona volontà per fare il compitino. Evviva: conta il risultato!

Non ci vuole molta brillantezza per far notare che il Tav Torino-Lione è la più inutile, dannosa e costosa fra le grandi opere progettate negli anni ’80 del secolo scorso e rimasta allo stato larvale dopo circa 2 miliardi di sprechi malcontati e 33 anni di studi e carotaggi, finticantieri e devastazioni.

Per “completarla” (torneremo dopo su quanto sia improprio l’uso di questo verbo) servirebbero sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%).

Qualunque governo decente dovrebbe far così: riunire i protagonisti – quelli ancora in vita – in maniera bipartisan, in una grande cerimonia, conferire a tutti un cavalierato della Repubblica per l’impegno profuso e la costanza, medaglie speciali, pergamene, cimieri, e poi: annullare un’impresa nata già morta quando fu pensata, figurarsi oggi dopo trent’anni e passa.

Certo, sarebbero molte le onorificenze da consegnare: imprenditori e prenditori, falliti o che hanno dovuto anche profondersi in pericolosi abbracci con la ‘Ndrangheta, la “sinistra” (il Pd dei Chiamparini), FI, Lega, triade sindacale, Confindustria, coop bianco-rosse e mafie varie.

Una bella spesa: ma sarebbe l’ultima.

Pensate a certi politici: nel contratto M5S-Lega, del governo Conte I, sul Tav Torino-Lione, si leggeva: “Ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”.

Il povero Conte – strozzato dalla Lega – disse poi che “i costi di uno stop sarebbero superiori ai benefici del farlo”, ma mentiva, povera stella: aveva in mano un Rapporto di una Commissione ad hoc che diceva esattamente il contrario (Rapporto Ponti).

Quando partì l’idea della Torino-Lione, si pensava a un TGV per passeggeri sullo snodo italo-francese del Corridoio 5, da Lisbona a Kiev.

Kiev, esattamente. Che faceva ancora parte dell’URSS.

Di quel progetto, mai realizzato, restano alcuni reperti archeologici: in particolare un cantiere-fortino in Val Clarea, dove alcuni anni fa vennero scavati pochi kilometri di un buco di prova, totalmente inutile, se non per provare di saper scavare un tunnel (già lo fece Edmond Dantes nel romanzo di Dumas, a dire il vero) e spender soldi (anche in quello, il conte di Montecristo era bravissimo).

Figura 3

E il manifestino di un convegno del 1992, al quale io ignaro trentenne presenziai (figura 3) non sapendo quanto mi avrebbe cambiato la vita.

Pur di non ridiscutere il dogma, anni fa si virò disinvoltamente dall’“alta velocità” (persone) all’“alta capacità” (merci). Chi parla di “treno per persone e merci” non sa cosa dice: il Torino-Lione riguarda solo le merci, mentre le persone viaggiano serene da decenni sul Tgv o in aereo.

Il Tav sarebbe una seconda linea ferroviaria da affiancare a quella storica (la Torino-Modane, inutilizzata all’80-90%), scavando 57 km di tunnel dentro montagne piene di amianto e materiali radioattivi e devastando l’intera Valsusa.

Il tutto per soddisfare un fabbisogno che non esiste: il previsto boom del traffico merci su quella direttrice si è rivelato una bufala colossale. L’ha riconosciuto a fine 2017 persino l’Osservatorio della Presidenza del Consiglio: “Molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Ue sono state smentite dai fatti”.

Sulla Torino-Modane la linea è utilizzata per un quinto delle potenzialità: a che serve affiancargliene una nuova?

Insomma, l’attuale capacità disponibile è sovrabbondante e non si verificheranno criticità per almeno mezzo secolo, anche nello scenario più sviluppista. Ogni giorno percorrono l’autostrada tra Torino e il confine francese poco più di 11.000 veicoli contro i 33.000 della Torino-Piacenza: una infrastruttura secondaria e poco utilizzata.

Secondo molti sedicenti esperti, il TAV è “una delle opere più importanti che l’Europa aspetta da anni”, nell’ambito di una fantomatica “piattaforma logistica del Nord Ovest”.

Ma la Commissione Ue non ha mai chiesto che l’attraversamento delle Alpi avvenga su una linea ad alta velocità: sia a Est sia a Ovest le merci possono tranquillamente continuare a viaggiare su reti ordinarie, come da Lione a Parigi.

Alta velocità e bassissima occupazione: le previsioni più rosee indicano 4 mila nuovi occupati. Visto quanto ci costerebbero pro capite è molto più conveniente conferire loro un reddito di citTAVinanza e mandarli a risistemare boschi e fiumi.

Il governo Gentiloni nel 2017 stimò il costo complessivo del solo tunnel di base in 9,6 miliardi. Di questi, il 57,9% lo pagherebbe l’Italia e solo il 42,1 la Francia (il tunnel è per l’80% in territorio francese e solo per il 20 in territorio italiano), più altri 5,5 miliardi per opere ancillari.

Se aggiungiamo il consueto aumento medio fra previsioni e realtà in queste opere, si arriverebbe tranquillamente – ad oggi – alla venticinquina di miliardi per un’opera la cui ultimazione è prevedibile nel 2045-2050. E che al massimo servirà come museo degli orrori viaggiante.

Non c’è quindi “penale” che tenga: fermarsi è l’unica opzione per risparmiare.

In ogni caso, non c’è un solo contratto o accordo col governo francese, con l’Ue o con ditte appaltatrici che parli di penali.

L’Italia, nel tracciato italiano, può fare ciò che vuole (legge 191/2009, art. 2, comma 232 lettera c). Quanto alla Ue, finanzia solo a lavori ultimati: dunque, se il Tav non si fa più, l’Italia non deve restituire un euro, al massimo non incassa fondi per un’opera annullata in quanto inutile.

Quando il Portogallo si sfilò, non sborsò nulla alla Spagna né all’Ue. Certo, se avessero intascato tangenti e temessero di doverle restituire, questo potrebbe essere un problema: certa gente può essere poco raccomandabile, quando si parla di robba e di picciuli.

Ed infine, alle migliaia e migliaia di giovani che a fine luglio sono venuti al nostro Festival dell’Alta Felicità, oltre a un immenso grazie, lascio un appello forse un po’ machista, ma che fa anche tanto Papa Giovanni: “Cari ragazzi, quando tornerete alle vostre case, misurate con un centimetro la lunghezza del vostro pisellino, e sappiate: anche se di un solo centimetro, oppure tanti, in ogni caso sarà più lungo della profondità scavata in trent’anni per il tunnel di base del TAV: ZERO CHILOMETRI, ZERO METRI, e ZERO CENTIMETRI.

Altro che “ultimare” il TAV. Il progetto va “terminato”: ma nel senso di Arnold Schwarzenegger.

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3 Commenti


  • Massimo Zucchetti

    L’autore ringrazia MT direttore del Fatto, alcuni spunti sono presi da un suo ottimo pezzo del 2018.


  • Giovanni

    Fulgido esempio di dignita’… Nicoletta Dosio e altre mille come lei, questo devono sapere i giovani troppo narcotizzati da tastiera e competizione.


  • Ugo

    per correggere il (brutto) finale, sarebbe bastato parlare di capezzoli! sono esenti da differenze di genere, e in ogni caso sempre più lunghi della TAV attuale….

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