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“La guerra minaccia il mare”. Gli ecopacifisti replicano a Limes

Dici “mare” e pensi ad un Mediterraneo sempre più caldo e inquinato, ma anche alla tragedia dei migranti che cercano una vita migliore attraversandolo su barconi che spesso diventano delle bare.  Dici “mare” e rifletti su una preziosa fonte di ossigeno e di biodiversità, compromessa dall’impronta ecologica di uno sviluppo selvaggio, energivoro e sempre più insostenibile.

Dici “mare” e pensi agli oceani diventati teatri di mire strategiche che puntano a controllarli, per assicurarne a proprio uso e consumo lo sfruttamento delle risorse marine e fossili. Dici “mare” e non puoi non pensare ad esso come culla di civiltà, ispirazione di letterati e soggetto per artisti di ogni epoca.

Eppure il convegno promosso nei giorni 16 e 17 settembre 2023 dalla rivista ‘Limes’ al Palazzo Reale di Napoli ha fatto rotta verso un ben altro obiettivo, fin dall’allarmante titolo: “La guerra cambia il mare”. È stata un’intensa due-giorni (sponsorizzata da Intesa Sanpaolo, Fincantieri, Edison e Confitarma…) nel corso della quale si è parlato del mare quasi esclusivamente in una visione di sfruttamento delle risorse energetiche, di geopolitica e di strategia militare. Non a caso erano stati invitati a discuterne ben sei alti ufficiali delle forze armate ed il convegno si è concluso con lo sconcertante confronto su: “A che serve la NATO”.

Come infatti si legge nella presentazione del convegno:

“…il mare nostrum aggiunge il persistente ruolo di tragica frontiera liquida tra Ordolandia – l’Europa mediterranea, propaggine meridionale del mondo abbiente e (relativamente) stabile – e le inquiete terre nordafricano-levantine, affaccio costiero della vasta Caoslandia. Ma anche una dimensione medioceanica quale interconnettore tra Pacifico e Atlantico, tra Asia e Occidente, attraverso cui proiettare commerci e influenza…”.

E in effetti ammiragli stellati e studiosi di strategia, coordinati da Lucio Caracciolo, sono venuti a Napoli ad impartirci “le lezioni di guerra per il mare” ed a spiegarci “a che ci serve il mare” , ipotizzando “una strategia per il Medioceano” ed affrontando la drammatica questione delle migrazioni in un’ottica securitaria e di azioni di controllo militare.

Fatto sta che, in quei giorni al Teatro di corte di Napoli, circondati dalle uniformi di decine di vertici della Marina, si sono affacciati anche alcuni rappresentanti di un mondo alternativo, d’ispirazione ecopacifista, che pertanto non ha potuto fare a meno di stigmatizzare in una nota che in quell’incontro: “è mancata del tutto sia una prospettiva biologico-scientifica ed ambientalista, incentrata sui diritti al mare e del mare, sia una visione ecopacifista che ne sottolineasse la crescente e preoccupante militarizzazione ed il controllo delle sue preziose risorse a fini palesemente imperialistici”.

Neanche la presenza istituzionale (erano stati invitati il Presidente della Campania De Luca ed il Sindaco di Napoli Manfredi) ha riportato il discorso sull’urgenza di un approccio socio-ambientale al mare, che non è qualcosa da sfruttare in termini turistici e produttivi, ma la più preziosa risorsa per la sopravvivenza stessa del genere umano sul Pianeta.

Ecco perché – come dirigente dell’Associazione di protezione ambientale Verdi Ambiente e Società e presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione – nel comunicato congiunto diramato ho espresso la profonda delusione di coloro i quali non possono rassegnarsi al fatto che la terza città italiana, cuore pulsante del Mediterraneo, sia stata da decenni ridotta a centrale operativa della NATO e della US Navy per il Sud-Europa e l’Africa.

Non è affatto accettabile che a Napoli si discuta di mare solo in chiave strategica, senza alcun riferimento alle minacce – ecologiche e socioeconomiche – derivanti proprio dalla militarizzazione di quel bacino ma anche degli oceani, in base alla logica perversa secondo la quale portaerei, sottomarini ed incrociatori servirebbero a garantirci sicurezza e benessere, vantandosi anche di ‘difendere i nostri interessi’ con la loro asfissiante e arrogante ‘protezione’ armata.

Ed ecco perché VAS e MIR di Napoli – insieme con le altre realtà presenti nel Comitato Pace e Disarmo Campania che da molti anni si sono battute per la denuclearizzazione del porto di Napoli, continueranno dunque a premere sulle autorità preposte affinché i cittadini siano opportunamente informati di questa ulteriore minaccia per la sicurezza e la pace.

Proprio perché non sia la guerra a cambiare il mare, bensì il nostro mare torni ad essere risorsa di vita che ripudia la guerra.

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