L’assoluzione completa di Mimmo Lucano smonta, tra l’altro, una strategia di gestione dell’immigrazione che accomuna da anni il centrodestra e il Pd. Non bisogna infatti dimenticare che l’offensiva giudiziaria contro di lui è stata condotta materialmente dalla Procura di Locri, ma “supportata” politicamente dalle amministrazioni locali che a quel tempo avevano come riferimento politico un ex ministro dell’interni di quel partito.
Andiamo con ordine. Il “processo Xenia” si è concluso ieri pomeriggio nell’aula della Corte d’Appello di Reggio Calabria smontando completamente la sentenza di primo grado.
L’unico reato rimasto nel pettine è un “abuso d’ufficio” relativo a una delle delibere da lui firmate quando era sindaco. Una sulle 53 prese in esame dalla Corte.
Nessuna appropriazione indebita, nessuna “associazione a delinquere”, nessuno “falso” commesso nell’esercizio delle funzioni, nessun favoreggiamento dell’”immigrazione clandestina”.
Resta censurata solo una “disattenzione” tipica del lavoro quotidiano di un sindaco, una “forzatura” delle norme per risolvere un problema minimo (di quelli che bisogna quotidianamente affrontare in un piccolo comune, di valore economico pari a zero ma burocraticamente “enorme”, stando alla lettera di norme pensate da legislatori che vivono sulla luna).
Punita formalmente con un anno e sei mesi di detenzione, ma pena sospesa secondo legge. Erano stati dati 13 anni e mezzo in primo grado.
Festa grande per lui e tutti gli attivisti, naturalmente. Ma a mente fredda bisognerà inquadrare anche le conseguenze di questa assoluzione sul “modello” imposto in modo bipartisan dagli ultimi governi contro l’accoglienza dei migranti.
Il “modello Riace” finito sotto processo, infatti, utilizzava il ‘Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati’ (Sprar), affidato agli enti locali, che prevede(va) oltre alla semplice fornitura di vitto e alloggio anche “misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento”.
Insomma, una strategia di integrazione progressiva tesa ad evitare la maggior parte dei problemi che si creano buttando la gente per strada o nei lager.
Il successo non solo europeo del “modello Riace” contrastava apertamente con la volontà dei governi degli ultimi dieci anni (tutti, nessuno escluso) di risolvere invece in modo molto sbrigativo il “problema dell’accoglienza” affidando la soluzione ai “Cpr” (veri e propri lager temporanei) e alle espulsioni (complicate da realizzare).
La criminalizzazione di Mimmo, insomma, era stata un tassello fondamentale di questa linea politica bipartisan.
Ora si apre la possibilità di recuperare la logica dell’esperienza di Riace riproponendola come alternativa alla linea del governo. Non tanto, o non solo, per “motivi umanitari”. Ma per ragioni di efficienza.
Un modello che toglie i migranti dalle strade e li integra toglie anche argomenti agli “imprenditori della paura”, quelli che incancreniscono i problemi e le differenze (di pelle, cultura, lingua, abitudini, ecc) per regnare su un popolo in parte terrorizzato e in parte bastonato.
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bruno beneventano
Il “modello Riace” è, a mio avviso, il primo, e unico, tentativo di gestione di un fenomeno epocale. Un fenomeno con cui l’Italia e l’EUROPA avranno a che fare nei prossimità decenni.
Insomma un felice tentativo di uscire dalla logica dell’emergenza e mutarla in opportunità di sviluppo.
ANNA
Finalmente una buona notizia