Neanche il tempo di archiviare la storia dei “40 bambini decapitati” a Kafr Azza, ed ecco che bisogna occuparsi di altre falsificazioni.
In realtà anche la prima notizia resta ufficialmente sul campo, ma siamo ormai fuori dal campo dell’informazione verificata.
Davanti all’incontestabile assenza di testimoni “terzi” – ossia non israeliani – per quanto riguarda l’orrore dei “bambini decapitati”, pur essendo stati portati parecchi giornalisti occidentali nel kibbutz della strage, prima il governo Netanyahu, poi il Jerusalem Post, si sono sbracciati a “garantire” che era tutto vero.
Particolarmente significativo il tweet del quotidiano: “Il Jerusalem Post può confermare, sulla base di foto verificate, che le notizie su bambini decapitati e bruciati durante l’assalto di Hamas sono corrette. Che il loro ricordo sia di benedizione”.
“Lo diciamo noi” e tanto vi deve bastare. I riscontri sono superflui…
Non è così che funziona il giornalismo, né la Storia. Abbiamo condividiso ovviamente il sacrosanto rifiuto a mostrare immagini terribili al grande pubblico, ma non si può davvero pretendere che “la parola” di una delle due parti in conflitto sia “la verità” in assenza di verifiche. Altrimenti è fin troppo facile “cantarsela e suonarsela”.
A Kfar Azza, come detto, dopo l’assalto erano stati portati diversi giornalisti occidentali, di media decisamente importanti, quindi “non prevenuti” nei confronti di Israele. Anzi…
Non era complicato – è quello che si fa in casi simili – proporre, a quelli tra loro ‘più forti di stomaco’, di posare gli occhi, anche per un solo attimo, sull’orrore. Parliamo di “colleghi” che spesso hanno camminato tra corpi polverizzati dalle bombe, sono entrati in rifugi e bunker bombardati, assistito al peggio che si possa immaginare in un teatro di guerra. All’indicibile…
E invece tutti gli inviati, compresi fotoreporter israeliani, hanno dato la stessa versione: “non abbiamo visto nulla”.
Ma ci viene chiesto di credere sulla parola al macellaio Netanyahu, tardivamente – e senza riscontri – supportato da uno dei quotidiani di Israele, guarda caso grande sostenitore del Likud (il partito del corrotto premier “Bibi”).
Forse incerto sulla propria stessa credibilità, Netanyahu ha poi mostrato alcune “foto dell’orrore” al suo ospite, il ministro degli esteri statunitense Antony Blinken.
Persona certamente potente, ma non proprio “imparziale”, visto che ci ha tenuto a presentarsi come “ebreo di origini ucraine“, i cui parenti erano stati “vittime dei pogrom in Russia” (non sappiamo in che epoca, se prima o dopo la Rivoluzione d’Ottobre ma, a occhio, prima…), alcuni anche rinchiusi nei lager nazisti.
Detto sobriamente, fin qui si tratta di un “sintonia” stabilita tra le massime autorità di Usa e Israele, non di una “prova”. Qualcuno deve aver sollevato qualche dubbio…
Così ancora Netanyahu ha postato su Twitter tre foto di bambini carbonizzati, asserendo che si trattava dei bambini di Kafr Azza. Un orrore, sicuramente. Ma avvenuto dove? Immagini simili arrivano anche da Gaza, a tutte le ore e da parecchi anni. Colpiti da bombe da 500 chili, magari, o da missili teleguidati… Non ci sembra meno orribile.
In ogni caso si è obbligati a notare che la motivazione ufficiale per cui non erano stati fatti vedere a nessuno i corpi delle vittime “in presenza” è nel frattempo scomparsa alla velocità della luce. Ora si può, anzi “si deve”, vedere quel che il governo di Bibi ci sottopone.
Difficile verificare, comunque, specie nell’epoca in cui qualsiasi foto può essere “montata” con l’intelligenza artificiale da chiunque, nel chiuso della propria casa. Potete anche provarci…
Tanto basta comunque ai quotidiani e ai Tg italiani. Nell’elevazione del livello dell’orrore garantisce Netanyahu, una vera autorità morale, in materia…
Ma non si può chiedere al resto del mondo di essere altrettanto credulone. Specie se non ben pagato come questi signori…
E veniamo perciò alla notizia di ieri.
Vi diamo per intero il lancio dell’agenzia Ansa, quella cui si abbeverano tutti i cronisti-poltronisti (coloro che non escono spesso dalle redazioni).
Hamas afferma di aver liberato una donna e suoi due bambini, stando ad un comunicato.
“Una colona israeliana e i suoi due figli sono stati rilasciati dopo essere stati detenuti durante gli scontri“, hanno detto in una nota le Brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas.
Alcuni media israeliani hanno poi smentito la liberazione.In un video trasmesso successivamente da Al-Aqsa Tv, il canale del gruppo islamico, si vedono una donna in camicia blu con due bambini e tre uomini armati che si allontanano da una zona con filo spinato che sembra essere la recinzione eretta da Israele attorno alla Striscia di Gaza.
Secondo la televisione pubblica israeliana, queste immagini mostrano persone che “non sono mai state portate a Gaza“.
La stampa locale spiega che si tratta di Avital Aladjem, una residente del kibbutz Holit che, secondo quanto raccontato in una serie di interviste, sabato era stata portata con la forza, insieme ai due figli di un vicino, da uomini di Hamas fino alla zona di frontiera tra Israele e la Striscia di Gaza.
La signora Aladjem ha raccontato che i suoi rapitori l’hanno poi lasciata libera di andarsene con i piccoli.
Tutto chiaro?
a) Hamas dice di aver liberato una donna e due bambini tra quelli fatti prigionieri nei kibbutz assaltati;
b) c’è un video con la scena del rilascio, trasmesso da Al Jazeera e dalla tv di Hamas (effettivamente poco illuminante, quanto a volti e luogo);
c) alcuni media israeliani smentiscono che i tre siano stati a Gaza (implicitamente, che non erano stati fatti prigionieri).
Dunque, per i giornali italiani, non c’è mai stato nessun rilascio di prigionieri. Avanti tutta, non c’è nulla da contrattare…
Facciamo sommessamente notare che, stando alle stesse fonti israeliane citate dall’Ansa:
a) la signora ha un nome e un cognome (Avital Aladjem)
b) la signora e i due bambini erano stati effettivamente fatti prigionieri in un kibbutz, quello di Holit (uno dei più a sud, quasi al confine egiziano, nell’area blu della foto)
c) la signora Aladjem è arrivata sana e salva, insieme ai bambini, tra la sua gente (non viene detto se ritrovata da soldati o da civili), e ha confermato in diverse interviste di essere stata presa prigioniera da Hamas e poi rilasciata.
Saremo anche prevenuti, poco professionali, dozzinali, ecc. Ma secondo noi, e tutti quelli che abbiamo consultato, anche “del mestiere”, si può tranquillamente dire che una donna e due bambini israeliani catturati nei kibbutz assaltati sono stati rilasciati da Hamas.
Perché viene negato dai media mainstream?
Possiamo soltanto fare un’ipotesi, sicuramente soggettiva ma altamente realistica.
Una notizia del genere condiziona la “narrazione” dominante, ovvero la “disumanizzazione del nemico” che è alla base della propaganda di guerra. Riduce, in parte forse piccola piccola ma significativa, anche la credibilità della notizia sui “40 bambini decapitati”.
Soprattutto rende meno “giustificabile” l’immenso bagno di sangue che il governo di Israele continua a promettere per tutta la popolazione di Gaza… Come se Netanyahu avesse un disperato bisogno di quei “40 bambini decapitati” per poterne polverizzare 40.000 dentro Gaza…
Il che ovviamente non significa affatto che non possa esser vero che parecchi bambini sono rimasti uccisi, nelle sparatorie casa per casa nei kibbutz. Il che è un orrore, certo. Come ogni uccisione di bambini in guerra.
Tra parentesi ricordiamo che oltre il 50% della popolazione di Gaza è minore di 15 anni. Significa che i 1300 morti certificati fino a ieri a Gaza sono, almeno per il 50%, bambini o comunque giovanissimi minori. E non contiamo neanche quelli caduti nelle altre “tempeste di fuoco” scatenate sulla Striscia negli ultimi trenta anni. Sarebbe una contabilità macabra che farebbe sicuramente impallidire quella di questi giorni.
Questo è lo stato dell’informazione occidentale in tempi di guerra: propaganda pura. Non conta quel che accade, ma “chi lo dice”.
Una vergogna totale: morale, politica, deontologica,
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Mauro
…Nella mia sfera di cristallo ho visto verificarsi attentati nelle capitali europee da parte di “kamikaze islamici” in solidarietà con la Palestina…
m
RIFERIRE un fatto senza averlo vissuto è già una falsificazione. In un ritorno di nazismo integrale come è l’attuale, la propaganda spacciata per giornalismo viene sistematicamente ingegnerizzata da algoritmi, fact cheker e AI. Tutto questo è PURA manipolazione. Quindi: di quale assenza di significato potremmo parlando?
Alessandro
Chissà cosa ne pensa Sean Penn di tutto questo?