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Italia-Albania. Come delocalizzare il lato oscuro dell’accoglienza

Alcuni l’hanno già ribattezzato la “Guantanamo italiana” per le caratteristiche di extraterritorialità dei centri di detenzione , altri lo paragonano alla nave prigione britannica “Biby Stockolm” dove vengono reclusi gli immigrati irregolari che approdano nella perfida Albione. Altri ancora fanno riferimento agli indicibili accordi con la Libia per trattenere i migranti nei lager fantasma sull’altra sponda del Mediterraneo.

Il protocollo siglato tra Italia e Albania, secondo l’Ansa che ha potuto visionarlo, è un documento di 9 pagine, con 14 articoli in tutto, che resterà in vigore “per 5 anni”, rinnovabili di altri 5 “salvo che una delle parti avvisi entro 6 mesi dalla scadenza” l’intenzione di non rinnovarlo.

Ma cosa significa questo accordo sulla gestione dei migranti siglato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il primo ministro albanese Edi Rama?

L’accordo – ha dichiarato la premier Meloni nel comunicato stampa diffuso da Palazzo Chigi – consiste nel fatto che l’Albania darà la possibilità all’Italia di utilizzare alcune aree in territorio albanese nelle quali l’Italia potrà realizzare, a proprie spese, sotto la propria giurisdizione, due strutture dove allestire centri per la gestione dei migranti illegali. Queste strutture potranno accogliere inizialmente fino a tremila persone, che rimarranno in questi centri il tempo necessario a poter velocemente espletare le procedure per la trattazione delle domande di asilo ed eventualmente ai fini del rimpatrio”.

A chiusura del protocollo l’Italia si impegna a restituire “le aree” in Albania dedicate ai centri di identificazione, reclusione o rimpatrio per i migranti.
Nei centri per i migranti previsti dal protocollo Italia-Albania
 il diritto di difesa è assicurato consentendo l’accesso alle strutture di avvocati e ausiliari, organizzazioni internazionali e agenzie Ue che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale, nei limiti della legislazione italiana, europea a albanese. E’ previsto che i migranti potranno restare non oltre il periodo massimo di trattenimento consentito dalla vigente normativa italiana. Secondo il protocollo, a fine procedure le autorità di Roma provvedono all’allontanamento, con spese a carico dell’Italia.

La giurisdizione dei centri dislocati in territorio albanese sarà italiana. A Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening; a Gjader realizzerà una struttura modello Cpr per le successive procedure. L’Albania collaborerà con le sue Forze di polizia per la sicurezza e sorveglianza. «L’Albania già vede un’importante presenza di Forze dell’Ordine e magistrati italiani», sottolinea Palazzo Chigi.
Nei centri di concentramento “italiani” in Albania non potranno essere presenti contemporaneamente più di tremila migranti.  Nell’intesa è previsto che le strutture siano gestite dall’Italia secondo la normativa italiana ed europea, ed eventuali controversie con i migranti sono sottoposte esclusivamente alla giurisdizione italiana Quando viene meno, “per qualsiasi causa”, il titolo alla permanenza nelle strutture, l’Italia trasferisce immediatamente in migranti fuori dal territorio albanese. In caso di nascita o morte, precisa il protocollo, i migranti sono sottoposti alla legge italiana.

Fin dal momento dello sbarco in Albania – spiega il prof. Vassallo Paleologo che da anni segue la questione – i migranti, già ritenuti comunque “illegali”, saranno totalmente privati della libertà personale. La procedura individuata dall’Italia, secondo Vassallo, potrebbe configurarsi come un «respingimento collettivo”.

I migranti ai quali non verrà riconosciuto il diritto d’asilo verranno rimpatriati nei paesi d’origine. Ma qui nasce già un secondo problema, visto che l’Italia ha degli accordi sui rimpatri con solo tre paesi, mentre la geografia di provenienza dei migranti riguarda un numero di paesi assai più ampio.

Inoltre se i migranti – solo uomini visto dall’accordo sono esclusi donne e bambini – non verranno rimpatriati, una volta scaduti i termini dall’Albania faranno ritorno in Italia: visti gli attuali numeri dei rimpatri degli irregolari, nove ospiti su dieci potrebbero arrivare da noi dopo il passaggio albanese.

Sul piano giuridico molti esperti sottolineano come ci siano molti buchi relativi all’esternalizzazione della procedura d’asilo, alle eventuali violazioni dei diritti umani, alla limitazione del diritto di difesa dei migranti. Ragione per cui la ratifica del protocollo con l’Albania dovrà passare al vaglio del Parlamento in quanto alcuni punti suscitano molti dubbi proprio sul fronte del rispetto degli obblighi internazionali e del diritto dell’Unione europea, anche con riferimento alla direttiva accoglienza e alle direttive sulle procedure.

Se è vero che proprio l’Unione Europea ha dato la netta impressione di scaricare la rogna sugli sbarchi dei migranti alla sola Italia, è anche vero che il governo ha fatto spesso professione di fedeltà europeista e quindi della rogna deve prendersi carico.
Per l’Albania la “cessione di sovranità” di due pezzi del proprio territorio all’Italia sembra essere una cambiale da pagare per l’ingresso nell’Unione Europea. Ma anche nel “Paese delle Aquile” stanno sorgendo problemi sul protocollo siglato con l’Italia.

L’Ansa riferisce che l’opposizione albanese (in questo caso di centrodestra) è già sul piede di guerra contro il premier Edi Rama per la firma a Roma dell’accordo sui migranti con la Meloni. Nonostante “la gratitudine verso l’Italia, per quanto fatto negli ultimi 33 anni a nostro sostegno, noi non siamo ancora pronti ad intraprendere un simile passo”, ha scritto su Fb il vicepresidente del parlamento, Agron Gjekmarkaj, membro del Partito Democratico (una nemesi per la Meloni, ndr): “Il governo Meloni è sotto grande pressione per la gestione della crisi” dei migranti, e “il governo Rama non dovrebbe trasferire in Albania questa crisi”.

Il leader del Pd albanese, Lulzim Basha, ha puntato il dito sulla mancanza di trasparenza da parte del premier Rama che “non ha nessun mandato a negoziare con nessun Paese: l’Italia è un nostro alleato e partner, un Paese amico, ma qui si tratta degli interessi nazionali”, ha aggiunto, accusando Rama di essere responsabile della fuga degli stessi albanesi all’estero “mentre decide di far arrivare qui i migranti illegali. E’ inaccettabile”.

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