“C’ammazzano tutte, c’ammazzano tutte“.
Martedi 9 gennaio 1979. Roma. Quartiere San Lorenzo. Via dei Marsi. Ore 10 e 20. Un commando dei Nar fa irruzione a Radio Città Futura.
In onda sui 97.7 della modulazione di frequenza c’è il collettivo casalinghe con “radio donna”, appuntamento fisso da oltre 3 anni, dalle 10 alle 11.
Due bottiglie molotov, seguite da una raffica di proiettili si abbattono su Anna Attura, Rosetta Padula, Carmela Incafù, Gabriella Pignone, Annunziata Miolli, detta Nunni. Un inferno.
Con Anna Attura fanno di peggio. La sbattono contro un muro e con una pistola col silenziatore le sparano a breve distanza sei colpi nell’addome.
Viva per “miracolo” Anna verrà poi trasportata in ospedale e operata d’urgenza per gravissime emorragie interne. Dopo un lungo intervento operatorio le verrà asportato utero e parte dell’intestino.
Bilancio: cinque donne ferite, quattro alle gambe, una al ventre.
Quella mattina i nuclei armati rivoluzionari sono in tre capeggiati da Giusva Fioravanti. Gli altri due sono Dario Pedretti, ex leader del Fuan e Alessandro Pucci.
In origine dovevano attaccare Radio Onda Rossa, ma poi decidono di spostare il tiro su Rcf. Non gli è andata giù una battuta, ritenuta di pessimo gusto, su Francesco Ciavatta uno dei militanti missini uccisi un anno prima ad Acca Larentia: “i fascisti sono rimasti senza una ciavatta“.
Ecco uno stralcio della rivendicazione: “Abbiamo colpito un covo di predicatori d’odio, abbiamo colpito duramente ma avremmo potuto essere più pesanti“.
Non fu una dichiarazione di guerra, come ebbe a dire Fioravanti in sede processuale, ma la richiesta di una tregua, “un armistizio“, da una posizione di forza: “noi sappiamo versare il vostro sangue come e quando vogliamo“.
Insomma vi possiamo colpire, ma non vorremmo. Meglio un disarmo bilaterale. Una farneticazione.
Rosetta racconta: “Io stavo al mixer e le compagne nella stanza dei microfoni parlavano. Ho sentito un rumore nel cortile e mi sono affacciata a guardare. Giù c’erano tre persone tutte con il passamontagna e una si stava infilando i guanti.
Io credevo che fossero dei compagni con il passamontagna per il freddo…e così ho detto ‘ciao…’, poi ho visto che il primo che cominciava a salire le scale aveva un mitra in mano!
Allora sono entrata nello studio e ho detto. ‘…guardate c’è gente con il mitra in mano!’
Loiro mi guardavano perplesse, pensavano che io scherzassi. Intanto quelli erano arrivati su. Un questi tre con la pistola in mano entra nello studio e Gabriella gli dice: ‘Chi siete? Cosa volete ?…se volete noi ce ne andiamo…’
A questo punto Bum, fa scoppiare la prima bomba incendiaria al centro del tavolo. Una vampata proprio davanti a me e a Linda…a questo punto corriamo verso il mixer e lì un’altra vampata.
Così ci siamo trovate tra due fuochi… siamo riuscite a raggiungere la porta. Io avevo i capelli in fiamme, ho visto Nunni con le braccia infiammate, Anna con i capelli in fiamme e un’altra che le bruciavano i vestiti addosso.
Per non ammucchiarci sulle scalette ho cercato di scendere dall’altra parte e come ho cominciato a scendere le scale mi sono trovata dietro uno di quelli che mi ha puntato la pistola in faccia. Ho gridato ‘No!!…mi spari?!…Nooo!’, allora ha abbassato la pistola e mi ha sparato alle gambe e il sono caduta sul pianerottolo in cima alle scale.
Mi veniva fuori il sangue dalle gambe come un rubinetto e sentivo sparare e le compagne che urlavano…spari, urla e io li che non potevo muovermi e da ultimo ho sentito una sventagliata di mitra…allora ho pensato: ‘Le compagne sono morte…le hanno ammazzate tutte! Adesso finiscono anche me…’“.
La notizia della tentata strage si diffonde velocissima. Un tam tam che porta nelle strade di San Lorenzo migliaia di persone.
Nel pomeriggio esplodono due bombe: una all’interno della sezione del Pci di via del Boschetto e l’altra contro l’entrata secondaria della sede del quotidiano Il Messaggero, in via dei Serviti.
Sono sempre loro, i fascisti.
* da Facebook
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