Il ministro Valditara, che da quando si è insediato al Ministero dell’Istruzione e del cosiddetto Merito alterna uscite reazionarie e repressive a fesserie pedagogiche, ne ha sparata un’altra: le classi di “accompagnamento” per gli alunni e alunne straniere che arrivano nelle scuole con scarsa o nulla conoscenza dell’italiano.
In sostanza, il Ministro vorrebbe costituire classi separate per tali studenti, che dovrebbero seguire un programma specifico d’italiano e di matematica (perché poi la matematica?). Queste classi, dato il termine che viene usato, dovrebbero “accompagnare” i giovani stranieri verso più adeguati percorsi scolastici.
Tale progetto è contrario a ogni principio didattico e pedagogico. Partiamo dall’aspetto didattico: è ormai assodato che per l’apprendimento delle lingue si deve distinguere tra lingua 2 e lingua straniera. La lingua 2 è quella che si impara in un contesto linguistico in cui l’apprendimento non si limita alle lezioni della lingua in questione, ma avviene anche durante le ore delle altre discipline sino ai momenti di mensa, ricreazione, gioco ecc. In questo contesto l’immersione linguistica totale favorisce l’apprendimento della lingua 2.
Si parla invece di lingua “straniera” quando l’apprendimento si limita alle lezioni specifiche, come, per esempio, nel caso di un alunno italiano che studi francese nelle ore dedicate dal piano orario della sua scuola.
E’ evidente che la situazione dei minori stranieri che frequentano le nostre scuole è quella della lingua 2 e che i loro progressi nell’italiano sono rafforzati dall’immersione linguistica totale che vivono nelle classi dove incontrano compagni più competenti nella nostra lingua e dove si possono avvalere anche della comunicazione in contesto che avviene per molte materie dove la lingua non è il centro dell’attenzione o il vettore principale di comunicazione ma è comunque usata per dare consegne, scambiarsi idee ed esperienze ecc. Si tratta di materie come la musica, l’educazione artistica e motoria e altre dove si verifica l’apprendimento in contesto di una lingua.
Non è un caso che nel sistema della Scuola Europea, dove confluiscono alunni di diversa lingua madre, alcune materie siano insegnate sin dai primi anni nella lingua veicolare del paese ospite proprio per favorirne l’apprendimento. Ed è anche il principio dei progetti CLIL nelle scuole italiane, dove si prevede l’insegnamento di una materia in lingua diversa dall’italiano.
Segregare i minori stranieri con scarse competenze linguistiche in classi specifiche significherebbe rendere artificiale, segregante e più lento il loro apprendimento dell’italiano e non certo migliorarlo, oltre che impedire lo scambio interculturale tra alunni autoctoni e stranieri. Infatti, l’inserimento degli alunni stranieri nelle nostre scuole non può limitarsi all’apprendimento dell’italiano, come se non esistessero altre specificità legate alle diversità culturali.
Passiamo così alla questione pedagogica: pensare di proporre a questi minori un apprendimento accelerato dell’italiano per poi inserirli in situazioni in cui se ne ignorano cultura, la storia individuale e sociale, le abitudini e i costumi è un progetto di stampo coloniale. L’apprendimento dell’italiano è solo uno dei punti dei necessari progetti interculturali che possono consentire un inserimento positivo dei minori stranieri a scuola e anche un arricchimento favorito dalla loro presenza per i giovani italiani.
Non credo che i principi che ho espresso siano ignoti agli esperti e ai consiglieri di Valditara. Penso piuttosto che dietro alla sparata del Ministro stiano ragioni politiche più che pedagogiche o didattiche. Infatti, assistiamo in questi mesi a un’offensiva ideologica di stampo fascioleghista che si propone di cancellare dalla scuola qualunque residuo di discorso e di pratica democratica ed egualitaria.
Questa è la vera ragione delle sortite del Ministro che infatti sono accompagnate da una vasta campagna ideologica che compiace i luoghi comuni più reazionari ed elitari sulla scuola. Uno di questi luoghi comuni è che la presenza di minori stranieri con scarse competenze in italiano rallenti il ritmo d’apprendimento delle classi.
Si tratta di una palese menzogna che però viene proposta, oggi, sui giornali, da diversi opinionisti di destra, come il noto Ernesto Galli della Loggia che in un suo disgustoso articolo sul Corriere della Sera (e in un recente libello che meriterà riflessioni più approfondite) ha espresso dubbi persino sulla presenza nelle classi degli alunni disabili, colpevoli, anch’essi, di rallentare il ritmo di apprendimento di quelli che, penso, siano per lui i “meritevoli”, in sintonia con la nuova, tutta ideologica, dizione del ministero.
Il tutto condito da offese verso gli insegnanti di sostegno che sarebbero incompetenti, poco motivati, che penserebbero solo a passare di cattedra sulla loro materia d’origine. Cose che per chi conosce la scuola sono delle evidenti falsità.
La scuola italiana si distingue da decenni per la sua capacità di accogliere alunni con diverse storie di vita, capacità, abilità, difficoltà d’ apprendimento e anche disabilità. Questo è un grande valore della nostra scuola che è riconosciuto a livello internazionale. Con questo spirito la scuola italiana ha affrontato anche il cambiamento avvenuto dagli anni novanta, nel corso dei quali l’Italia è diventata luogo d’immigrazione dopo essere stata a lungo paese d’emigrazione.
Le scuole non sono state ferme di fronte all’arrivo di un rilevante numero di minori stranieri ma hanno attivato progetti di supporto linguistico per loro e attività interculturali che hanno contribuito significativamente anche alla crescita dei giovani italiani. Tutto ciò anche in assenza di un supporto istituzionale, poiché, per esempio, non si è mai proceduto al reclutamento di docenti per la pur istituita classe di concorso A23 per insegnanti di italiano per alunni stranieri, mancanza di cui Valditara dovrebbe rispondere.
L’istituzione di classi specifiche per i ragazzi arrivati da poco in Italia sarebbe in realtà soltanto un provvedimento negativo e ghettizzante volto a compiacere le pulsioni xenofobe quanto ignoranti di quelle famiglie della borghesia che già da tempo aspirano a una segregazione sociale ed etnica nella scuola di cui ci siamo occupati tempo fa.
Purtroppo l’ondata restauratrice che si nasconde dietro alla logica del “merito” tanto amata da Valditara vuole riportare la scuola alle più indecenti discriminazioni di classe e di origine nazionale (che quasi sempre vanno insieme). Questo perché le condizioni di partenza degli alunni non sono uguali ed è un imbroglio descrivere l’iter scolastico come una corsa in cui i più meritevoli “vincono”. E se qualcuno vince, altri, che sono partiti in condizioni di svantaggio arrivano ultimi e debbono rassegnarsi ad avere una vita sfruttata e infelice.
Insomma, ciò che si vuole con la logica del “merito” non è che la conferma dei privilegi e della segregazione di classe, di cui fanno parte anche le deliranti proposte sulla ghettizzazione degli stranieri.
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