Sulle accuse di complicità con il genocidio dei palestinesi messo in opera da Israele, il governo italiano dovrà fare i conti con due denunce – una penale, l’altra civile.
La conferenza in cui sono state illustrate le cause legali è stata promossa stamani da Amnesty international e ospitata presso la sede romana della Federazione nazionale della Stampa italiana.
La prima denuncia è un esposto presentato alla Procura di Roma da una rete di giuristi sostenuti dal Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia (Cred).
Una azione che, spiega il giurista del Cred Fabio Marcelli all’agenzia Dire , cerca di costringere Israele – e a seguire, Paesi come l’Italia – a dare esecuzione alle misure cautelari emanate dalla Corte internazionale di giustizia (Icj), che ha ritenuto “plausibile il carattere genocidario delle azioni dell’esercito e ordinato a Tel Aviv di porvi fine con ogni mezzo. Il crimine di genocidio però non riguarda solo uccisioni commesse con mezzi militari, ma anche “azioni che mettono alla fame la popolazione o la espongono ad altri rischi, come l’interruzione alle forniture di acqua, energia elettrica, comunicazioni”, dice Marcelli.
Da qui “abbiamo fondato l’esposto su alcune evidenze, tra cui l’invio di armi. Siamo il terzo esportatore dopo Stati Uniti e Germania. Il ministro Tajani afferma che tale traffico è cessato dopo il 7 ottobre ma questo- avverte il legale- viene smentito dai dati diffusi da alcuni organismi come l’Istat”.
Il secondo esporto riguarda invece la “sospensione delle donazioni da parte dell’Italia all’agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa)” da parte del governo italiano che è stato rapidissimo nell’accodarsi alla campagna scatenata dalle autorità israeliane contro l’agenzia delle Nazioni Unite, campagna che si è rivelata fallace e che ha visto molti paesi tornare a finanziare l’Unrwa dopo aver sospeso i pagamenti. Una scelta che il governo italiano, forse l’unico, ancora non ha fatto.
Gli altri paesi infatti hanno riattivato le donazioni a quella che viene considerata la “spina dorsale” dell’aiuto umanitario ai 2,3 milioni di abitanti della Striscia. “Non ci risulta che l’Italia lo abbia ancora fatto” dice Marcelli.
Se la Procura dovesse accettare la tesi della complicità in genocidio, potrebbero essere chiamati a rispondere esponenti di governo, come i ministri di Esteri e Difesa, Antonio Tajani e Guido Crosetto. “Nel caso- chiarisce Marcelli all’agenzia Dire- si attiva il Tribunale dei ministri“. Azioni svolte in aule di tribunale lontane migliaia di chilometri da Gaza, e che non hanno effetti diretti sulle scelte del gabinetto di guerra israeliano, ma “intanto proviamo a togliere ossigeno a quelle operazioni”, dice Gianluca Vitale, illustrando la causa civile intentata contro l’Italia su iniziativa di un avvocato palestinese, che nella guerra ha perso sette membri della sua famiglia e subito sei sfollamenti. Dice Vitali: “Israele sta commettendo un danno e il concorso a quel danno deve essere interrotto dal giudice civile”.
Cosi, al Tribunale “chiediamo che interrompa la vendita di armi italiane a Israele, e non solo: penso alla Leonardo che, ad esempio, fornisce i carrelli per i caterpillar che oggi servono a distruggere, o all’uso di Israele delle basi militari italiane”. E poi si chiede di togliere il blocco ai finanziamenti all’Unrwa.
La prima udienza è prevista per il 13 giugno. E si potrebbe poi aprire la strada a futuri ricorsi di cittadini palestinesi per chiedere che l’Italia li risarcisca dei danni materiali e immateriali subiti.
A chiarire il nesso tra la situazione a Gaza e la causa all’Italia è Salahaldin Abdalaty, da cui è partita la causa civile. “Dal 7 ottobre Israele ha commesso 3.150 massacri, tra cui quello che ha causato la morte dei miei familiari” denuncia. “Ha ucciso oltre 35mila persone, distrutto il 70% delle abitazioni, e questo grazie a Paesi come l’Italia che gli forniscono armi”. Abdalaty invoca “giustizia. Israele viola sistematicamente il diritto internazionale e umanitario, nonché ogni risoluzione Onu. Ma io ho fiducia nel diritto: la popolazione palestinese deve essere difesa” anche attraverso “sanzioni su Israele, come fatto per altri Paesi”.
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Felice Di Maro
La Corte internazionale di giustizia dell’Aia cosa ha deciso? Netanyahu continua la sua guerra e non s’intravvede il tanto richiesto: “cessate il fuoco”. La notizia che queste due denunce contro il governo italiano possano attivare una svolta sinceramente la vedo alquanto debole, ma vedremo come si evolverà, triste è che i media e in particolare i telegiornali non ne abbiano dato notizia almeno io non ascoltato niente al riguardo.
Il fatto che l’Italia continua a fornire armi ad Israele potrebbe quanto meno essere interpretato come un coinvolgimento diretto e quindi presentare un grado di complicità nel genocidio in corso. Naturalmente è una questione che decideranno i giudici o meglio, al momento, la Procura di Roma, ma è una questione politica che coinvolge direttamente l’Onu che per quel che interpreto la vedo alquanto prigioniera delle scelte Usa e naturalmente d’Israele. Vedremo.
Bernardino Marconi
L’Italia ha un’ autonomia di politica internazionale insignificante, ogni presa di posizione non è mai la propria ma sempre su suggerimento degli Stati Uniti dai quali dipendiamo. Un ruolo umiliante nonostante i discorsi di facciata di Mattarella.