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Liguria. Il crack della cricca

Da quanto emerge dalle carte dell’inchiesta sul finanziamento illecito alla fondazione Change e al Comitato Toti, aperta nel 2021 dalla Procura di Genova sulle base di segnalazioni sospette da parte di Bankitalia, il “Modello Liguria” seguiva in fondo uno schema abbastanza semplice.

Si tratta di una seconda inchiesta – tutt’ora in corso, solo in parte confluita nell’attuale – rispetto a quella che due anni fa portò alla perquisizioni nelle sedi dei finanziatori del governatore, il quale ai tempi non compariva tra gli indagati.

La cricca politica di Giovanni Toti faceva cassa chiedendo finanziamenti alla cricca economica della regione in cambio di favori di varia natura che ne facilitavano gli affari, il tutto a discapito della “Cosa Pubblica”.

Questa prassi sembra essersi talmente consolidata da diventare un vero e proprio codice di condotta nell’interscambio bidirezionale interno alla trama di poteri che governava la regione, e che comprendeva anche uomini vicini (o non invisi) alla sedicente “sinistra”; oppure, come lo stesso Toti, cui il Movimento 5 Stelle al governo aveva conferito un molto delicato incarico di “commissario straordinario” nel 2018.

Una trama di potere per ora con 25 indagati in custodia cautelare – ma solo Signorini è in carcere -, da cui neanche i vertici locali della CGIL escono puliti.

Venanzio Maurici, ex segretario della Fillea Cgil e poi della Filcams Cgil, ora iscritto allo SPI e dal 2019 responsabile della Lega Medio Ponente di Genova dei pensionati, è accusato di corruzione elettorale “con l’aggravante di associazione mafiosa“, secondo cui sarebbe il referente genovese del clan Cammarata di Cosa Nostra.

Non proprio un pesce piccolo nel sindacato, e non per semplice corruzione, insomma.

Uno che ha passato la propria vita da sindacalista in impegni dirigenziali prima nella Federazione gli edili, poi nel commercio e infine tra i pensionati.

Su “Zi Venè” la Casa della Legalità della Liguria aveva da tempo sottolineato alcune frequentazioni non proprio limpidissime, ma questo non aveva frenato la sua carriera nel sindacato che fu di Di Vittorio.

Per capire l’”alto profilo morale” di questa cricca economico-politica è bene ricordare che la parola più pronunciata captata dalla intercettazioni era Montecarlo 646 citazioni.  – Se vi aggiungiamo Monaco – nel senso del Principato – si arriva a 857.

Una specie di ossessione, per così dire, che ricorda l’immagine – non troppo distante dalla realtà – dei commenda nella saga fantozziana, con il codazzo di tutto quello che si può immaginare, ludopatia a parte.

Ma ancora più interessante un altro termine che ricorre frequentemente: “milione”, anzi “milioni”. Ma non si tratta nemmeno del valore delle tangenti, ma del costo delle opere da sbloccare con la presunta corruzione.

Ossia la rimozione di “Quei lacci e lacciuoli”, avrebbe detto qualcuno, che rallentano le possibilità del business e sono stati rimossi a suon di bustarelle. Quei “freni”, insomma,  per cui le istituzioni e gli impianti legislativi posti come filtro cautelativo rispetto alla legge della Giungla del capitalismo selvaggio, sono una insopportabile scocciatura e rispetto ai quali va costruita una “corsia preferenziale”.

Come avrebbe detto nelle intercettazioni un noto imprenditore nautico: “non chiedo mica la Luna

Favori che diventavano moneta di scambio per far “marciare l’economia”. Una disponibilità di “ascolto” delle istituzioni che solitamente i “normali cittadini” non trovano  mai… Ma che hanno degradato la funzione pubblica e il welfare a livelli infimi, e per cui i cittadini  – se pretendono ciò che gli spetta di diritto – vengono trattati come piantagrane.

Una modalità di governance che sembra essere stata la prassi per la realizzazione di “grandi opere”, come hanno mostrato per esempio le inchieste precedenti riguardanti lil TAV in Liguria, sul COCIV, e potrebbero interessare gli altri faraonici progetti infrastrutturali di dubbia utilità ancora allo stadio di progetto: Gronda di Ponente, “nuova” diga foranea, tunnel sub-portuale.

Le bustarelle, in totale, finora ammontano ad una cifra quasi ridicola: 574.611 euro.

La metà del costo della casa romana affacciata al Colosseo di un ex famoso ministro ligure che se l’è trovata comprata “a sua insaputa“, com’ebbe a dire mostrando assoluto sprezzo del ridicolo o una faraonica faccia tosta.

Un altro termine rientra tra i più presenti: Riesi. E’ il paese di provenienza della “colonia mafiosa” genovese indicata come “grande elettrice” di Toti, attraverso i gemelli Testa – fin qui dirigenti locali di Forza Italia – in cambio del poter disporre le assegnazioni di alloggi in case popolari e assunzioni, nel più tradizionale rapporto clientelare ereditato dalla Democrazia Cristiana o dal PSI craxiano, anche sotto la Lanterna.

Ma come riporta il Sole 24 Ore,I pubblici ministeri e la GdF si accingono a studiare il materiale sequestrato nei giorni scorsi, con l’obiettivo di fare ulteriore luce su un sistema d’affari, politica, presunte mazzette che coinvolge oltre al porto, il sistema dei rifiuti, le grandi opere e potrebbe anche sfiorare, non escludono gli investigatori, la sanità”.

Insomma, rimarrebbe fuori veramente poco da questo “sistema” nato in regione con il centrosinistra di Burlando (2005-2015). Si può rileggere l’ottima inchiesta Il Partito del Cemento. Politici, imprenditori, banchieri. La nuova speculazione edilizia, di Ferruccio Sansa e Marco Preve del 2008, edita da Chiarelettere.

L’inchiesta giudiziaria ha tolto il sorriso al sindaco di Genova Marco Bucci, che con Toti rappresentava una delle coppie politiche più consolidate in Italia (dopo Il Gatto e La Volpe) e che sono apparsi sempre insieme per le costose baracconate che avevano organizzato in questi anni e, in genere, ogni occasione pubblica.

Potrebbe presto essere sentito come “persona informata sui fatti”.

Ecco, diciamo che fare luce sulla ditta Toti e Buccimaneggi e mastrussi, come suggerisce l’adagio popolare – sarebbe a questo punto doveroso.

Vorremo solo ricordare l’endorsement di Toti a Bucci, lo scorso agosto, come possibile commissario alla Diga Foranea: “Ha dimostrato di essere il miglior commissario d’Italia, quello che in due anni è riuscito a far realizzare il Ponte San Giorgio dopo il crollo del ponte Morandi”.

Affermazioni piuttosto imbarazzanti, alla luce dell’inchiesta.

Si apre insomma una grossa breccia in quello che sembrava un intreccio granitico tra malaffare economico e rendita politica che si alimentavano reciprocamente senza remore, e di cui vanno evidenziati i tratti essenziali per poter meglio combatterli e sradicarli.

Strapotere della rendita, carattere parassitario di una classe prenditoriale stracciona ed arrogante, una cricca politica senza una qualsiasi visione progettuale che non sia occupare stabilmente il potere agendo da comitato d’affari di prenditori e rentier, un apparato mediatico prono a diffondere una narrazione vincente di questo modello, ormai abituata a fare pubblicità per il potere piuttosto che informare su quel che combina; e infine una sedicente “sinistra” politica e sindacale inetta, quando non organica al “sistema”, che sostanzialmente ha fiancheggiato l’andazzo senza grande imbarazzo.

Anche per questo la costruzione della mobilitazione del Primo Giugno è una condizione necessaria per consolidare una vera opposizione a questo governo e alla falsa alternativa del cosiddetto “campo largo”, per porre le basi di un’alternativa a questa fetida e marcescente “classetta” economica-politica.

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3 Commenti


  • Oigroig

    Ma chi è che aveva detto che lo Stato è «il comitato d’affari della borghesia»?…


  • Pasquale

    …oppure, …”le elezioni sono solo un gioco di marionette, il capitale è tutto, la borsa è tutto”…


  • Bernardino Marconi

    Ormai la corruzione è parte del sistema capitalistico, i protagonisti sono così spavaldi che non hanno nulla da temere perché fanno parte dello stesso potere che in teoria dovrebbe giudicarli. Le elezioni non sono il mezzo di risoluzione perché anche queste sono acquistabili.

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