Menu

La contestazione dalle università contro la cultura della guerra che avvelena gli atenei

La contestazione nata nel mondo universitario è stata capace di fermare, oltre 50 anni fa, la guerra del Vietnam: per questo oggi fanno così paura studenti e professori che negli atenei italiani (e di tutto il mondo) si oppongono agli accordi con le industrie delle armi e con gli enti di ricerca israeliani, impegnati nel settore militare.

Le proteste, allora come oggi, sono partite un po’ in sordina. Tutto ha avuto inizio negli Stati Uniti già prima del 1968, nello specifico nel 1964, con l’occupazione del campus universitario di Berkeley in California.

Ma in pochi anni quel movimento di opinione divenne maggioranza e il 15 Ottobre 1969 vide folle immense di persone in piazza contro la guerra in Vietnam.

Moratorium to end the war in Vietnam” fu una marcia capace di mobilitare e unificare studenti, lavoratori, minoranze, artisti e intellettuali. Si radunarono a New York 500 mila persone, consolidando di fatto il movimento di opposizione alla guerra. Siamo all’indomani del ‘68, della nascita dei movimenti pacifisti e hippie e delle rivolte studentesche, il clima era ormai cambiato.

Durante le proteste nacquero i primi movimenti di contro-informazione, che segnalarono l’uso del napalm e dell’Agente Arancio da parte dei soldati americani contro i vietnamiti, gli abusi e il massacro di Mỹ Lai che sconvolse l’opinione pubblica mondiale, esattamente come oggi suscita una generale indignazione il genocidio di Gaza.

Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti, o autori e musicisti come Lennon, Bob Dylan, Joan Baez o Arlo Guthrie, diedero forma e voce al no alla guerra. “Se l’anima dell’America morirà avvelenata, sul referto dell’autopsia dovrà esserci scritto ‘Vietnam’”, aveva detto Martin Luther King.

Oggi questa profezia è di nuovo attuale e riguarda Gaza e l’Ucraina, come sottolinea Luciano Vasapollo, docente che alla Sapienza ha instaurato – con gli altri docenti che si riconoscono nella sua “Scuola di economia antropologica decoloniale” – un serrato dialogo con gli studenti. Anche la preside di Lettere, Arianna Punzi, è andata a parlare con loro alle tende dove hanno fatto lo sciopero della fame contro la guerra.

Chiusura totale c’è stata invece da parte della rettrice Antonella Polimeni (approvata in questa posizione sciagurata dal presidente Mattarella che si è rifiutato di parlare con i giovani che hanno digiunato, differentemente dal card. Zuppi, presidente della Cei, e del Papa, che li hanno ricevuti, su richiesta del prof. Vasapollo e del direttore di questo giornale, Salvatore Izzo).

Nei confronti dei docenti che in questi mesi drammatici appoggiano le contestazioni a un sistema politico che fomenta le guerre inviando armi sui fronti in violazione evidente dell’art. 11 della Costituzione, iniziano intanto forme di repressione e persecuzione.

Il linciaggio mediatico contro il prof. Massimo Zucchetti, più volte candidato al Nobel per la fisica, colpevole di aver condannato l’invio delle armi in Ucraina e l’appoggio acritico a Israele, è un primo inquietante segnale.

Subito dopo si è accodata la “politica” con il senatore Paolo Marcheschi (FdI) che ha definito Massimo Zucchetti un pessimo esempio di insegnante e una prova di quanto sia pericoloso avere “cattivi maestri” nelle università italiane, seguito all’unisono da Augusta Montaruli, vice capogruppo FdI alla Camera. Insomma i compagni di partito di quelli che hanno aggredito un deputato in Parlamento pochi giorni fa.

È cominciato così un fuoco di batteria che ha mischiato e mixato frasi estrapolate dai contesti e battute al vetriolo dalla pagina facebook del prof. Massimo Zucchetti.

Una pagina, sottolinea Contropiano, “che né i media killer della destra né i loro esponenti politici si erano mai presi la briga di andare a guardare fino a quando il prof. Zucchetti non si era incatenato ai cancelli del Politecnico – dove insegna – insieme agli studenti per chiedere – e questa è la vera linea rossa che ha superato – di bloccare gli accordi con istituzioni israeliane”.

Un fuoco di fila vergognoso, fino a chiedere che l’università cacciasse via uno dei massimi scienziati italiani. Esattamente come durante i regimi nazifascisti in Europa.

In questo clima di caccia alle streghe non ha tardato a muoversi il Senato accademico del Politecnico di Torino. Secondo quanto diffuso dalle agenzie, adesso il rettore Stefano Corgnatiora dovrà verificare gli incarichi di nomina e procedere con la rimozione. Il Senato ha anche chiesto “di avviare le opportune istruttorie per gli eventuali procedimenti disciplinari”.

Lo stesso clima sta montando in Sapienza (e in diversi altri atenei italiani) verso quei docenti che si sono esposti a sostegno delle contestazioni alla guerra.

Me ne stanno facendo passare di tutti i colori ma è ovvio e resisto convintamente. Ecco come siamo trattati i professori che apertamente e senza mediazioni e coerentemente lottiamo per la pace contro le guerre imperialiste e le industrie delle armi di cui molte università pubbliche sono complici”, confida Vasapollo.

Resistenza, sempre resistenza, insegniamo cultura di pace e difendiamo e denunciamo con tutti i mezzi legali chi vuole isolare e criminalizzare i nostri saperi e il libero insegnamento. Libera è la scienza e libero ne è l’insegnamento. Denunciamo e difendiamo gli spazi di libertà e insegnamento garantiti dalla nostra Costituzione”.

Mi batterò fino all‘ultimo respiro contro censori e mistificatori e falsari che da meschini ci accusano siano professori o giornalisti di destra e di sinistra servi dei signori della guerra”, promette Luciano Vasapollo che sottolinea la comunanza di visione sui temi della pace con molti esponenti della Chiesa Cattolica, come il Papa e i cardinali Zuppi e Coccopalmerio, relatore a numerosi seminari promossi dal docente.

FarodiRoma, il cui direttore collabora con la scuola di Vasapollo come altre nostre firme, ha raccolto in più occasioni le testimonianze di professori e studenti che subiscono mobbing i primi e manganellate i secondi, e ne scaturisce un quadro di intimidazione insopportabile.

La certezza che abbiamo è che questi momenti difficili non piegheranno i ragazzi di Cambiare Rotta né i docenti che si schierano contro la guerra, e che alla fine emergerà la verità sugli interessi economici e personali che sottendono all’invio delle armi e alle persecuzioni nelle università.

*articolo apparso il 20 giugno 2024 su il giornale FarodiRoma

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *