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Nuove misure su spazio e materie prime critiche. Il governo si butta nella competizione globale

Due giorni fa la riunione del Consiglio dei Ministri ha dato via libera a vari decreti e disegni di legge. Tra di essi, vanno annoverate anche alcune modifiche degli strumenti in ambito fiscale, con un altro favore alle imprese: il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, ha spiegato che non ci saranno “sanzioni per le imprese che ammettono, in via preliminare, eventuali violazioni con il fisco“.

Come se se ne sentisse il bisogno, di garantire ancora ulteriore impunità ai prenditori italiani. Ma ad ogni modo, qui vogliamo concentrarci su altre due disposizioni, che sono perfettamente calate nei tempi che viviamo, ovvero quella sulla “space economy” e quella sulle materie prime critiche.

Lo stesso ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottolineato che si tratta di “due importanti provvedimenti legislativi che riguardano il futuro“. Per questi settori i fondi sono stati trovati (o almeno promessi) senza troppi problemi, nonostante ci si aspetti un’ulteriore ondata di tagli e privatizzazioni dopo la procedura di infrazione sui nostri conti pubblici aperta dalla UE.

Partiamo dal disegno di legge quadro sullo spazio. Nel comparto, ha detto Urso, il governo ha “allocato 7,3 miliardi di euro tra fondi Pnrr, fondi nazionali, fondi attribuiti all’Esa (Agenzia spaziale europea) e all’Asi (Agenzia spaziale italiana) da qui al 2026” per permettere “alle nostre imprese di diventare protagonisti in questa nuova avventura“.

L’esecutivo della Meloni, sin dal suo insediamento, ha guardato allo spazio come a un orizzonte attraverso cui rilanciare il paese nella competizione globale. Sulla stessa linea, è stata già annunciata per settembre una legge quadro sulla blue economy, un ramo di quella green che punta alle zero emissioni attraverso l’innovazione tecnologica e il riuso di risorse già consumate attraverso differenti trasformazioni.

Collegato al tema delle risorse è anche l’altra misura che qui analizziamo nel dettaglio. Col decreto legge sulle materie prime critiche, ha detto sempre Urso, “abbiamo finalizzato il fondo strategico del Made in Italy e 1 miliardo di euro come prima dotazione proprio a sviluppare la filiera strategica di estrazione delle materie prime così anche per far nascere un grande attore nazionale, che oggi non abbiamo“.

In occidente le imprese minerarie significative le hanno gli australiani e i canadesi. Oggi tutti i paesi europei si stanno orientando su questa strada, per non passar dalla subordinazione del carbon fossile russo a una più grave subordinazione alle materie prime critiche e alla tecnologia cinese che oggi detiene quasi il monopolio“.

La logica di costruirsi una filiera integrata, un ‘campione europeo‘ anche in questo settore, con l’Italia che giochi un ruolo centrale, è ancora una volta esplicitata da Urso, senza mezzi termini. Del resto, già in passato aveva ribadito la necessità di guardare alle risorse del nostro sottosuolo, e addirittura a quelle del sottosuolo lunare.

Con questo provvedimento, infatti, si allinea la legislazione italiana allo European Critical Raw Materials Act, che dovrebbe garantire l’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche. Un comitato tecnico di nuova istituzione predisporrà triennalmente un piano nazionale per rafforzare la filiera italiana in questa direzione.

Ovviamente, ciò avverrà con una serie di sussidi, incentivi e garanzie per le imprese coinvolte, che lavoreranno a stretto contatto con i ministeri, usufruendo anche di una certa semplificazione burocratica. Ciò avverrà soprattutto per i progetti dichiarati strategici.

In pratica, miniere ed estrattori che sventreranno il territorio, probabilmente con meno controlli, e contro cui ogni protesta sarà repressa con gli strumenti che si vogliono adottare col famigerato disegno di legge 1660. Tutto in nome dell’indipendenza dalla Cina nella conversione ecologica, invece che nello spirito della cooperazione per affrontare insieme la crisi climatica.

L’inasprirsi della competizione globale e il ritorno di una logica per blocchi fa sentire i suoi effetti, a livello economico, militare e di tutela dei fondamentali principi democratici. L’opposizione si rende necessaria.

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