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Crolli e morti a Scampia. Intervista al Presidente della municipalità

Incontriamo Nicola Nardella, Presidente della 8° Municipalità di Scampia, l’estesa area a Nord della città di Napoli. Ovviamente Nicola (che per noi è soprattutto il compagno Nicola, da sempre impegnato, sia come Avvocato ma anche in qualità di attivista nelle più significative Vertenze in difesa dei diritti sociali negati e contro la inenarrabile manomissione ambientale dei nostri territori) è da alcuni giorni che dorme pochissimo, è presente sul luogo della tragedia, coordina e sprona i vari interventi a sostegno delle famiglie e degli abitanti della Vela in cui si è verificato il tragico crollo mortale e lo ringraziamo per aver trovato il tempo per rispondere alle domande di Contropiano.org.

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Caro Nicola, inizio chiedendoti come stai perché, conoscendo il tuo impegno umano, civile e politico sappiamo che stai vivendo questa tragedia di Scampia anche dal punto di vista della tua sensibilità personale. Detto ciò – e non è un dato formale – vorrei che ci illustrassi lo stato dell’arte della situazione materiale e della difficile condizione che stanno vivendo centinaia di nuclei familiari.

Caro Michele sono giorni di stanchezza enorme, perché è importante mantenere un contatto diretto con le persone in maniera ininterrotta. Molti sono spaventati e, giustamente, vogliono rassicurazioni per il loro futuro. Intanto il dolore è fortissimo. La notte della tragedia nella vela celeste, si sentivano le urla disperate dei bambinbi. È un qualcosa di difficile da elaborare.

Ad oggi abbiamo un centro della protezione civile che si è insediato fuori la vela, ed il grosso degli abitanti che hanno occupato la Facoltà di medicina della Federico II. È stata una scelta giusta perché l’università appartienead i cittadini di Scampia ed è corretto che sia nella loro disponibilità in un momento così tragico. Sono 800 le persone sfollate che abitavano nella vela celeste. Un numero enorme. Solo oggi siamo riusciti a far arrivare le brandine. Intanto c’è stata una soldarietà diffusa di proporzione inimmaginabile. Veramente sono orgoglioso dei cittadini di Scampia che si sono precipitati nella sede per portare acqua, biscotti, pannolini e generidi prima necessità.

 

Il crollo del ballatoio della Vela ha riproposto l’enorme questione dell’emergenza abitativa in questa porzione di città (sulla storia delle Vele sono stati scritti libri ed esiste una narrativa enorme che, in alcune sue forme, non ha disdegnato ad avvalorare interpretazioni criminali del “popolo delle Vele” e del suo contesto urbano ). Esiste – però – la realtà drammatica di questi giorni la quale pone domande precise circa eventuali ritardi o omissioni nella manutenzione di queste strutture. Al momento – considerato soprattutto la tua funzione istituzionale – cosa puoi dirci in relazione a questi interrogativi che, anche sui Social, molti stanno ponendo postando stralci di vecchie documentazioni del Comune di Napoli?

Le Vele sono mostri di cemento del tutto inabitabili. Credo che quanto accaduto ci faccia comprendere che è necessario fare una vera e propria corsa per la riqulificazionne del cosidddetto Lotto M (dove riomangono in piedi 3 vele). È corretto dire che questa questione deve essere inserita nel più ampio contesto dell’ERP (edilizia residenziale pubblica) e che bisogna mettere mano al problema con metodi diversi da quelli seguiti fino ad oggi. In moltissimi alloggi popolari vi sono infiltrazioni d’acqua ed i ceti popolari sono costretti a vivere in condizioni assurde. Eppure non voglio eludere la tua domanda. Bisognava fare una manutezione più accurata dentro la vela celeste. Questo è un dato incontrovertibile. Ovviamente non è semplice perché tutto lì è talemnte logorato che c’è necessità di un intervento radicale. In questo senso credo che l’accelerazione del piano RESTART sia la madre di tutte le battaglie.

 

A Napoli e nella sua area metropolitana sono in corso (pochi) lavori di recupero/riqualificazione del Patrimonio Abitativo pubblico (a Napoli Est registriamo ritardi e qualche opacità nel progetto di rigenerazione di Via Taverna del Ferro). Con i fondi del PNRR si annunciano poderosi piani di intervento che – a detta delle varie istituzioni – dovrebbero avviare una significativa ristrutturazione architettonica, urbanistica e territoriale. Ovviamente la “questione delle abitazioni” (citando non a caso Engels) è solo un versante della più generale crisi urbana in cui si intrecciano condizioni materiali dei ceti popolari, assenza di servizi sociali di ogni tipo e – in alcuni casi – anche evidenti desiderata di cambiare/sostituire la composizione urbana e sociale dei nostri quartieri. Puoi dirci la realtà che si vive a Scampia e il tuo punto di vista a proposito di questo importante snodo dei dispositivi della governance di una metropoli (particolare) come Napoli?

La crisi della forma della città è in primis la crisi del capitale. Scampia impropriamente viene talvolta definita periferia. In realtà essa è il centro di una vastissima conurbazione che sta avvenendo a nord della città. La struttura di questo processo è fondata sul lavoro irregolare. Le cosiddette “fabrichette” dei comuni a Nord di Napoli come Arzano, Melito, Casavatore, Casandrino sono piccole unità di produzione che disconoscono la dignità del lavoro praticando salari da fame e totale assorbimento dei tempi di vita nei tempi di lavoro. Eppure, se i processi estrattivi del capitale sono così intensi la qualità politica del lavoro del proletariato metropolitano di questa parte della città sta mutando, perché ritengo che qui si determini un grado più alto di produzione di soggettività che altrove. La fibrillazione dei movimenti che qui si oppongono proprio all’affievolimento dei servizi sociali di cui tu parli ne è dimostrazione oltre alla grande battaglia per il diritto al lavoro dignitoso.

 

Il tuo impegno sociale e politico è conosciuto non solo nella Ottava Municipalità di Napoli ma in tutta la città. L’ultima domanda che ti pongo riguarda il futuro. Non quello remoto ma quello prossimo. La tragedia di questi giorni poteva essere evitata e – soprattutto – i soggetti, individuali e collettivi, che animano la “Scampia Sociale” (quella delle associazioni indipendenti, dei movimenti di lotta, degli attivisti sindacali, degli artisti e delle giovani generazioni che hanno deciso di sottrarsi alla degradante sussunzione da parte della grande criminalità..) che contributo possono dare affinché (oltre lo straordinario moto di solidarietà che si sta producendo in queste ore) le spinte materiali e politiche che in questi anni si sono attivate per la Rinascita di Scampia e di tutta l’area Nord ritrovino e rilanciano le loro ragioni e il loro sano protagonismo di lotta e di organizzazione popolare?

Il contributo delle associazioni, dei comitati e dei movimenti è fondamentale. Oggi attorno alla riappropriazione di spazi verdi ad esempio, stanno nascendo esperienze comunitarie che stanno sperimentando delle forme di solidarietà mutuale. Ovviamente tutta questa autorganizzazione deve provare a misurarsi con la sfida che i tempi ci impongono, cioè avviare processi costituenti di soggettività politica, e ciò può avvenire solo se passà l’idea che i fili delle tante microvertenze debbano essere riannodati in un orizzonte generale di conflitto.

Consentimi di dire un’ultima cosa. Anche qui, dalle nostre parti, è importante rimettere al centro l’idea di classe. Nella metropoli post moderna esistono dei quartieri destinati ad ospitare un grande esercito di riserva inustriale. In questo senso Scampia non è troppo diversa dai quartieri popolari di altre città d’Italia. È incredibile pensare a quanto siano simili le forme di degrado che la crisi del capitale produce. Bisogna quindi che si rifletta profondamente sui temi di classe e soggettività. Scampia può essere, a mio avviso, una fotografia che ci rappresenta il tentativo che la classe in sé, faticosamente e non senza contraddizioni,sta facendo, per mutarsi in classe per sé.

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