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Dimissioni di Toti, la Liguria al voto anticipato

Venerdì 26 luglio, con una lettera scritta in stampatello, indirizzata al presidente ad interim Alessandro Piana e al presidente del consiglio regionale Gianmarco Medusei, Toti si è dimesso dalla carica di governatore della Liguria.

Dopo 80 giorni agli arresti domiciliari, con una lettera affidata all’assessore Giacomo Giampedrone, finiscono i nove anni dell’era Toti in regione e del tanto sbandierato “modello Liguria” del fino ad ora inseparabile tandem Toti-Bucci.

Si apre la strada delle elezioni anticipate che dovranno svolgersi entro 90 giorni, che con ogni probabilità andranno a coincidere con quelle in Emilia-Romagna, fissate al 17-18 novembre, dopo le dimissioni di Bonaccini che ora siede nei banchi dell’Europarlamento.

Insieme all’Umbria, questa triplice elezione regionale potrebbe costituire un importante test per la tenuta della coalizione di centro-destra e soprattutto di lancio del campo largo, e dei rapporti di forza al suo interno.

A pesare probabilmente sulla scelta di Toti, è stata la volontà di avere maggiori chance per ottenere una revoca degli arresti domiciliari, che il proprio legale richiederà già questo lunedì.

Così come una situazione politica alquanto anomala che avrebbe potuto portare ad un ulteriore logoramento del centro-destra, uscito a livello d’immagine con le ossa rotte dalle inchieste in corso.

Già dalla prossima settimana potrebbe essere chiesto il giudizio immediato, con un processo che potrebbe tenersi in piena campagna elettorale già a settembre o ad ottobre.

È chiaro che nei prossimi giorni si definiranno gli equilibri all’interno del centro-destra ed il ruolo che assumerà la Lista Tori. Essa era stata una componente rilevante nella coalizione che aveva portato alla rielezione del governatore, e non ha intenzione di essere marginalizzata.

La Lista Toti è però anche arrivata ai ferri corti con la maggioranza, in specie con la Lega, che aspira non proprio velatamente a candidare Edoardo Rixi per il centro-destra, rilanciando il suo progetto politico piuttosto in crisi.

Se il centro-destra rischia di avere le convulsioni, il campo largo è ai blocchi di partenza per le elezioni anticipate che ha chiesto sin da subito. La sua credibilità è minata però, per quanto riguarda il PD, dalle pesanti responsabilità in regione rispetto a vari processi politici, poi ulteriormente sviluppati dal centro-destra.

Stiamo parlando della privatizzazione della sanità pubblica, della speculazione edilizia che ha permesso di ampliare ulteriormente la funzione economica della malavita organizzata in regione, di una politica di de-industrializzazione a beneficio del settore turistico ed infine, ma non ultimo, dell’avvio di un processo di svendita alle “multinazionali del mare” degli scali liguri a discapito della forza lavoro portuale.

Il Movimento 5 Stelle, che ha espresso due governi con a capo Conte ed uno in tandem con Salvini, ha precise responsabilità rispetto al consolidamento del “modello Liguria”.

Ad esempio, la nomina di Bucci a commissario straordinario per la costruzione del ponte sulla Polcevera dopo il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018. Ed anche la promulgazione del cosiddetto Decreto Genova, scelte che hanno consolidato il centro-destra e spianato la strada prima alla rielezione di Bucci, poi di Toti.

Chi poi appoggia ‘da sinistra’ l’ipotesi del campo largo in regione, rimuove le storture di quel modello neoliberista che ha caratterizzato la doppia presidenza Burlando, che per un decennio – dal 2005 al 2015 – ha governato la regione.

Particolare non irrilevante. Italia Viva a Genova è dentro la giunta di centro-destra di Bucci e nel 2020 aveva espresso un proprio candidato, che non era riuscito a sedere in Consiglio in regione – Aristide Massando -.

Oggi starà insieme al centro-sinistra, spostando ancora più a destra il baricentro politico del campo largo, in questo caso larghissimo, e non è detto che il “killeraggio” politico di cui è campione Renzi non sortisca i suoi effetti sugli equilibri della coalizione.

Non è un segreto che il nome su cui puntare sembra essere quello dell’ex ministro Andrea Orlando, ma nel toto-nomi ci sono l’attuale sindaco di Savona, Marco Russo (simbolo della riconquista della città da parte del centro-sinistra, e che si è esposto nella battaglia contro il rigassificatore), come quello del senatore Lorenzo Basso, meno accreditato.

Dopo l’uscita di scena dell’ormai ex governatore, dal 7 maggio ai domiciliari con l’accusa di corruzione e recentemente (il 18 luglio) di finanziamento illecito, potrebbe aprirsi la strada per una vera ipotesi di discontinuità politica con il ventennio Burlando-Toti e di rappresentanza dei ceti subalterni in grado di rompere con la finta alternanza del bipolarismo imperfetto fino a qui sperimentata.

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