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Cambiamento climatico, mancata manutenzione e cementificazione: le responsabilità di PD e destre nell’alluvione

A una settimana dalla nuova alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna dobbiamo prendere un attimo di respiro e fare un ragionamento complessivo su cosa sta succedendo.

Da subito siamo partiti da tutta la regione per andare a portare solidarietà attiva alle persone colpite, rimanendo colpiti ovviamente dalle condizioni di Traversara, in cui i muri delle case sono stati spaccati dalla forza dell’acqua, così come a vedere di nuovo sott’acqua le stesse zone e quartieri già alluvionati l’anno scorso, e che dopo 16 mesi devono ricominciare tutto da capo.

La forza e l’orgoglio che abbiamo visto l’anno scorso, in questi giorni le abbiamo viste sostituite da tanta rabbia che abbiamo sentito dire da praticamente tutte le persone: in 16 mesi nessuno ha fatto niente. Sabato si è formato un presidio a Budrio, domenica c’è stata una manifestazione spontanea a Faenza, per sabato prossimo ne è stata chiamata una dagli alluvionati della Val di Zena.

La rabbia è diretta a tutte le istituzioni: Governo e Regione per 16 mesi hanno condotto un balletto politico sui nostri territori, ma le responsabilità sono di entrambi. Da una parte, il governo Meloni, negazionista del cambiamento climatico nonostante le evidenze sempre più palesi, che ha messo su una struttura commissariale assolutamente fallimentare per fare arrivare i fondi dei ristori alle famiglie e alla ricostruzione.

Dall’altra, una Regione da sempre a guida PD, che nemmeno l’alluvione dell’anno scorso ha fatto ricredere sulle sue politiche di totale cementificazione: che il consumo di suolo fosse uno dei maggiori responsabili di queste alluvioni sta emergendo sempre di più da parte sia di urbanisti e geologi, sia da parte della stessa classe politica.

La timida critica di Lepore alla legge regionale cosiddetta “contro il consumo di suolo” è però non solo tardiva, perché sono cinque anni che insieme alle associazioni ambientaliste denunciamo come quella legge abbia favorito il consumo di suolo, ma anche falsa e ipocrita, perché è grazie a quella legge che il sindaco di Bologna ha potuto varare piani di urbanizzazione estremi, così come De Pascale, ora candidato PD alla presidenza della regione, nel suo mandato e mezzo da sindaco di Ravenna ha reso la sua città quella con il maggior consumo di suolo in Italia, seconda solo a Roma.

Nel giro di qualche settimana uscirà il nuovo rapporto Ispra sul consumo nell’anno 2023, e potremo così vedere come anche nei territori maggiormente colpiti dell’alluvione si è continuato a cementificare, proprio grazie alle ulteriori deroghe che vennero fatte alla legge regionale. Pronta è stata comunque la risposta del capo Bonaccini: provate voi a fare di meglio.

Dobbiamo rompere con il partito unico del cemento. La nostra proposta è di un completo cambio di rotta sulla gestione ambientale e la messa in sicurezza del territorio. Da una parte, l’abolizione immediata della legge regionale 24/2017 per una vera legge di consumo zero (e non 3%) del territorio senza deroghe, da affiancare a una moratoria su tutte le nuove costruzioni sia edilizie che di infrastrutture, le grandi opere inutili e inquinanti.

Dall’altra, un piano di lungo termine di gestione del territorio, che significa non soltanto riparare i danni esistenti, ma allargare i fiumi, insieme e non alternativamente alla creazione di casse di espansione.

Cambiamento climatico e cementificazione stanno condannando l’Emilia-Romagna a un’emergenza perenne, dobbiamo cambiare rotta, che vuol dire anche impedire a chi ci governa di continuare su una strada che ci porta verso la distruzione.

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