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Autonomia Differenziata, pilastro della disgregazione democratica

Domenica a Roma si terrà una assemblea nazionale contro l’autonomia differenziata. Non si tratta solo di sfasciare l’Italia: il progetto di Autonomia Differenziata rappresenta uno dei pilastri del disegno liberista di disgregazione dello Stato democratico.

Da un lato, si cancellano diritti attraverso l’autonomia differenziata e il folle progetto di premierato; dall’altro, si pongono in essere norme repressive, destinate a garantire la riuscita di questo progetto, criminalizzando il dissenso tramite il nuovo ddl sicurezza.

Questi nuovi e aberranti tasselli poggiano su un’impalcatura solida di riforme bipartisan attuate negli ultimi 30 anni, senza le quali tali aberrazioni democratiche non avrebbero potuto prendere forma. La riforma del 2001 ha invertito il rapporto Stato-Regioni e introdotto il principio di sussidiarietà, imponendo un nuovo imperativo: il privato è sempre preferibile, e solo se i privati non possono o non vogliono intervenire, può farlo il pubblico, a condizione che sia il livello più vicino ai cittadini.

Questa dinamica rappresenta una doppia delegittimazione dello Stato: da un lato verso i privati, dall’altro verso gli altri livelli istituzionali.

Tale processo non si è mai invertito; anzi, ha continuato ad aggiungere tasselli che comprimono gli spazi di partecipazione democratica, trasformano i diritti fondamentali da assoluti a condizioni da negoziare ogni volta.

E con l’autonomia differenziata viene definitivamente concretizzata questa struttura: 20 differenti centri di potere, che eserciteranno in maniera autonoma e scoordinata in 20 maniere differenti, magari anche in opposizione tra di loro o con lo Stato. Abbiamo già visto, durante la pandemia, cosa significa avere un piccolo premier che rema contro l’interesse pubblico per il proprio misero tornaconto politico o personale, figuratevi domani, con questi nuovi amplissimi poteri….

Questi ulteriori poteri, inoltre, dovranno essere esercitati “ad invarianza finanziaria”, significa che non ci sarà alcun trasferimento di fondi a favore delle regioni per garantire l’esercizio di queste nuove funzioni che pure gli si vogliono attribuire. Se oggi sono già sottofinanziate e in perpetuo deficit di bilancio, intrappolate dai debiti e dai vincoli imposti dalle nuove dottrine economiche europee, come potranno domani svolgere ulteriori compiti con le stesse risorse?

C’era un tempo in cui la Repubblica utilizzava tutti gli strumenti a propria disposizione, inclusi quelli di politica economica e monetaria, per realizzare il proprio scopo costituzionale: il principio di uguaglianza, formale e sostanziale. Per realizzare l’uguaglianza è fondamentale eliminare le differenze: ciò significa ridistribuire le risorse da chi ha di più a chi ha di meno e implementare progetti e strategie industriali per il progresso di tutti i cittadini.

Questo è il ruolo di uno Stato democratico, come afferma la nostra Costituzione.

Oggi, invece, la Repubblica è stata ridotta a un pennacchio di poteri vuoti: non possiamo fare programmazione economica perché ai mercati non piace; non abbiamo una politica monetaria autonoma, poiché abbiamo ceduto tale facoltà. Oggi ci dicono addio al diritto alla salute, all’istruzione e alla casa, giustificando tutto con la mancanza di fondi. Il nuovo paradigma condiziona l’esercizio dei diritti fondamentali a un dato di bilancio.

Non ci sono soldi per i diritti, ma per le armi sembra ci siano. Fiumi di miliardi per la morte, ma non per la vita.

Questo contrasta con lo spirito stesso della nostra Costituzione; tuttavia, la questione non è solo giuridica, ma profondamente politica: la salvaguardia dei diritti e della democrazia passa necessariamente attraverso il rifiuto di questo intero impianto riformista, non solo della legge Calderoli, e la costruzione di un’alternativa democratica reale e collettiva.

Per questo vi ricordo l’assemblea di domani, 20 ottobre, a Roma, al Cinema L’Aquila, a partire dalle 10.

Discuteremo su come costruire un’alternativa popolare all’autonomia differenziata.

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