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UE, Il governo di estrema destra di Mario Draghi

Ho appena scritto un libro per documentare la crescente convergenza tra forze liberali e forze reazionarie occidentali, nel nome delle politiche liberiste e di quelle di guerra alla Russia oggi, e alla Cina domani. Ho chiamato tutto questo LIBERALFASCISMO, ma non pensavo che sarebbe diventato così rapidamente  il governo della Unione Europea.

La nuova Commissione UE, presieduta da Ursula von der Leyen è la più a destra della storia della comunità europea, la prima nella quale entra in ruolo apicale l’esponente di una forza erede del neofascismo, il partito di Giorgia Meloni che oggi giustamente festeggia.

Anche la votazione è senza precedenti.

Nel voto del Parlamento Europeo la Commissione è passata per il rotto della cuffia, solo il 51%, il consenso più basso della storia europea. Per fortuna non solo le sinistre e la destra non di governo hanno votato contro, ma anche parlamentari verdi e socialisti che hanno rifiutato il vergognoso mercato dei posti dei loro partiti, mercato grazie al quale PD, SPD e soci hanno accettato di governare assieme all’estrema destra.

Ma se l’asse politico del governo europeo è sbilanciato verso l’estrema destra, quello programmatico lo è ancora di più.

Nel suo discorso di insediamento Ursula von der Leyen ha esplicitato in modo persino brutale che i due cardini della sua politica saranno il progetto di “competitività” di Mario Draghi e il riarmo in funzione della guerra.

I grandi temi sociali, la povertà dilagante e le disuguaglianze crescenti, i licenziamenti per la crisi industriale, i bassi salari, il degrado dei sistemi sanitari pubblici e più in generale dei servizi sociali, tutto questo è assente o marginale nel programma della presidente della Commissione UE. La stessa questione ambientale, che era stata il fiore all’occhiello della UE. viene ora derubricata a variante della ricerca del massimo profitto.

Perché per Ursula von der Leyen, in pieno accordo con Mario Draghi, ogni problema nasce dalla scarsa competitività delle grandi imprese europee e solo quando esse saranno potenti come quelle degli Stati Uniti e della Cina, si potrà avere uno sviluppo socialmente equilibrato e compatibile con l’ambiente.

Come tutti i liberisti, von der Leyen e Draghi sostengono la politica dei due tempi: prima lo sviluppo delle imprese, poi i problemi sociali. Per essi la giustizia sociale passa attraverso la crescita dei profitti: quando questi saranno sufficientemente elevati, ci sarà qualcosa in più per tutti. Gli economisti Reagan e Thatcher la chiamavano la “teoria dello sgocciolamento” (trickle down); cioè, quando in alto c’è tanta ricchezza, qualcosa piove anche giù in basso.

La conquista e la costruzione dello “stato sociale” in Europa, conseguenza non casuale della sconfitta del fascismo, dal 1945 in poi aveva rovesciato questo principio liberista reazionario: la crescita dell’eguaglianza e dei diritti sociali doveva diventare la base dello sviluppo della ricchezza.

Ora con il governo centro-estrema-destra di Ursula von der Leyen lo stato sociale viene abbandonato anche nelle dichiarazioni programmatiche, mentre al suo posto viene esaltato lo stato liberista di guerra.

Draghi nel suo rapporto aveva quantificato in 800 miliardi all’anno il fabbisogno del sistema delle imprese europee per diventare grande come quello dei principali competitori. Questi soldi dovrebbero arrivare dagli Stati e dalla grande finanza, e dovrebbero essere tutti indirizzati a far sì che sorgano colossi privati in grado di investire adeguatamente nell’innovazione. Questa sarebbe anche la via per la transizione ecologica: un gigantesco flusso verso il sistema privato di fondi pubblici, o raccolti dal sistema pubblico.

All’Europa dei grandi monopoli privati di Draghi, von der Leyen ha poi aggiunto quella dell’economia di guerra.

La Russia spende il 9% del PIL in armi, la media europea è ancora sotto il 2, ha lamentato la presidente della Commissione. Quindi bisogna far crescere le spese militari ben oltre il 2% chiesto dalla NATO, la “virtuosa” Polonia è già al 4.

Insomma, anche senza il concorso di Giorgia Meloni, il governo UE sarebbe programmaticamente di destra, della destra peggiore, quella che coniuga l’austerità lacrime e sangue con le privatizzazioni e con l’escalation guerrafondaia.

Nulla del discorso di Ursula von der Leyen contrasta con quanto potrebbe annunciare in Italia il governo di destra. Neppure sui migranti, perché la politica dei muri e dei lager è condivisa da tutti i vertici della Commissione. I problemi casomai saranno del PD quando in campagna elettorale protesterà per i tagli alla sanità e per l’aumento delle spese militari. È chiara la risposta: lo vuole l’Europa e lo avete votato anche voi.

Poveretta, Elly Schlein, che sarà vittima della legge del contrappasso. Lei, segretaria del partito più ottusamente europeista, dovrà passare il tempo a sostenere che l’Europa non conta più di tanto e che qui siamo in Italia. Mentre la ex sovranista Giorgia Meloni diventerà fervida “europeista”.

Ma al di là della farsa del trasformismo dei politici italiani, la tragedia è che questa Commissione UE rappresenta una Europa reazionaria e liberista, capace solo di fare proclami di guerra alla Russia e di sperare che gli USA di Trump se la prendano con tutti gli altri tranne che con essa. Un disastro completo per il nostro continente.

Il discorso di Ursula von der Leyen è stato un peana e un affidarsi a Mario Draghi, sanzionando così che il governo più penosamente di destra della storia della UE è anche il governo dell’ex banchiere.

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1 Commento


  • Pasquale

    Nessuna novità visto che il drago è quello del ‘watever it takes’ sul ‘Britannia’ e la ursula è quella implicata nel ‘Pfizergate’.

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