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Sabato la manifestazione nazionale contro il Ddl1660

Sabato a Roma ci sarà la manifestazione nazionale contro il Ddl 1660 sulla “sicurezza” approvato dalla Camera ma in discussione al Senato. Il corteo partirà alle 14.00 da Piazzale del Verano.

Come abbiamo già scritto su questo giornale, dobbiamo essere preoccupati della nuova legge repressiva ma non dobbiamo assolutamente sentircene impauriti. Le sue contraddizioni sono numerose e il fronte che sta comprendendo la pericolosità di questa legge si sta allargando. Ad esempio il 5 ottobre scorso migliaia di persone hanno sfidato massicciamente un inaccettabile divieto di manifestare per la Palestina ed hanno mandato un segnale straordinario di resistenza.

Sebbene la consapevolezza della gravità di questo provvedimento sia ancora minoritaria e difficilmente diventerà maggioritaria, una minoranza ben organizzata e matura politicamente può ottenere risultati insperabili se saprà agire con lucidità anche in un contesto di ferro e di fuoco come quello che stiamo vivendo.

La domanda rimane quella su di che cosa hanno tanta paura le classi dominanti in Italia da dover ricorrere ad un crescente modello di comando autoritario. Potremo dire che hanno paura della loro paura. È la paura di chi sa che non è più grado – né ne vede la necessità – di dare risposte adeguate alle aspettative sociali e ai bisogni popolari. Al contrario, provoca l’aumento delle disuguaglianze, della disgregazione e della competizione in basso nella società. E per gestire questa logica della sottomissione si ricorre alla logica da caserma, alla galera e all’autoritarismo.

I pronto soccorso degli ospedali sono al collasso e la gente picchia (sbagliando ovviamente) medici e infermieri perché è esasperata dalla mancanza di cure e dalle attese? Si aumentano le pene per chi mena il personale sanitario e si mettono i poliziotti, ma non si migliorano o aumentano mica le risorse per i pronti soccorsi degli ospedali per renderli più efficienti. Lo stesso avviene sui trasporti pubblici.

Le carceri sovraffollate esplodono perché troppa gente finisce in galera anche quando non dovrebbe e le condizioni di detenzione sono bestiali? Si aumentano le pene per i detenuti che fanno casino o si ribellano, ma mica si riduce il sovraffollamento o le condizioni alternative alla detenzione.

Il sistema trasversale di propaganda repressiva ha il preciso scopo di instaurare nella mente della collettività un senso di pericolo sociale costante, talmente grave da rendere necessario l’intervento del pugno di ferro del governo. Se è vero, infatti, che i reati sono diminuiti, sono i reati di prossimità quelli che danno maggiore fastidio (borseggi, furti negli appartamenti piccole rapine etc.). E’ difficile infatti che le persone possano trovarsi a contatto con gli evasori fiscali, i corrotti, le grandi organizzazioni criminali.

Sanno della loro esistenza ma non li incontrano mai sull’autobus strapieno dove ti fregano il telefonino, non li incontrano di notte in strade senza illuminazione, non ti entrano dentro casa mentre sei fuori. Ragione per cui, contro alcune figure e comportamenti illegali c’è solo la stigmatizzazione morale ma non c’è la percezione che siano un problema più grosso di quello che invece i telegiornali e programmi televisivi ti rappresentano ossessivamente – e strumentalmente – come problema principale, accanendosi contro immigrati, rom, ex detenuti, detenuti, marginali.

Allo stesso tempo, però, si tenta di intimidire gli stessi soggetti sociali destinatari della repressione con minacce di pene sproporzionate, cercando così di annientare sul nascere qualsiasi tipo di impegno politico serio e orientato ad un reale cambiamento verso un’alternativa sistemica, soprattutto sui più giovani, protagonisti delle ultime mobilitazioni.

In questo senso, le classi dominanti fanno ricorso alla nota funzione di deterrenza, tipica di quel “diritto penale del nemico” che non è fatto di norme generali e astratte che si concentrano sul fatto, bensì di norme specificamente indirizzate contro specifici soggetti, organizzazioni o realtà politiche.

Chi sono i settori sociali colpiti dalla nuova legge sullo stato di polizia? Chi sono queste categorie sociali “pericolose” e da reprimere? Ce lo dice lo stesso DDL: disoccupati, senza casa, lavoratori e giovani/studenti.

Come fanno questi gruppi sociali oggi senza più alcuna rappresentanza politica a far sentire i loro interessi? Possono farlo solo con i conflitti sociali e le forme di protesta che ne derivano.

I disoccupati, ad esempio, non possono ricorrere all’arma dello sciopero, ragione per cui possono far sentire le loro istanze solo bloccando le strade occupando edifici istituzionali.

I senza casa non possono scioperare, quindi ricorrono a forme di lotta come le occupazioni di case o edifici abbandonati.

I lavoratori delle fabbriche che chiudono, ricorrono ai blocchi stradali o alle occupazioni della fabbrica o di edifici istituzionali per far sentire il dramma di stare per perdere il lavoro.

I lavoratori che operano nel settore strategico della logistica sono tra i pochi ad avere ancora potere negoziale perché possono interrompere con blocchi e picchetti la circolazione delle merci oggi divenuta decisiva. E poi ci sono gli studenti e i giovani che hanno deciso di ricorrere a forme clamorose di protesta come i blocchi stradali o le contestazioni dei luoghi “di vetrina” per denunciare l’emergenza dell’infarto ecologico del pianeta.

Per tutte queste ragioni la Legge 1660 sulla sicurezza va fermata, dentro e fuori le aule parlamentari. Ci si vede sabato in piazza.

 

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