Le dimissioni della “capa” dei servizi segreti nel bel mezzo di una crisi diplomatico/giudiziaria come quella con l’Iran intorno al caso di Cecilia Sala, non è un fatto di ordinaria amministrazione. Al contrario, è un indicatore di rapporti estremamente tesi – fino a diventare ingestibili – nel torbido mondo dei servizi di intelligence ed in particolare tra “l’uomo nero” a Palazzo Chigi – il Sottosegretario Mantovano – e i vertici dei servizi.
L’ambasciatrice Elisabetta Belloni ha infatti annunciato ufficialmente le proprie dimissioni dalla guida del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, a decorrere dal 15 gennaio.
“Il tritacarne in cui sono finita in questi giorni mi impone di chiarire quanto è successo e soprattutto di sgomberare il campo da illazioni che fanno male non tanto a me quanto al Paese, soprattutto in un momento così delicato” ha dichiarato la Belloni.
Le dimissioni, secondo quanto riferito ad “Agenzia Nova” da fonti informate, hanno colto di sorpresa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – visto che l’incarico di Belloni sarebbe comunque finito a maggio – ma anche i dirigenti dei servizi d’intelligence. Secondo quanto riferito dalle fonti interpellate, la decisione di dare le dimissioni sarebbe stata presa dopo l’ennesimo scontro con il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, nato attorno alla vicenda di Cecilia Sala, la giornalista italiana detenuta in Iran.
Secondo indiscrezioni raccolte da “Il Fatto quotidiano” il 4 gennaio scorso, alcuni ritardi iniziali da parte dell’intelligence nelle comunicazioni relative all’arresto della giornalista italiana avrebbero infatti complicato la situazione della reporter. Il ministero degli Esteri e i Servizi segreti sarebbero stati informati della sua sparizione sin dal pomeriggio del 19 dicembre, ricevendo poi conferma la mattina del 20 dicembre in seguito a una telefonata di Sala dal carcere di Evin, ma non avrebbero informato il titolare del ministero della Giustizia, Carlo Nordio, che il 20 dicembre ha sottoscritto la richiesta di mantenere in carcere l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini senza sapere dunque nulla di quanto accaduto alla giornalista italiana.
Non è da escludere che tra i motivi di divaricazione tra la Belloni e Mantovano ci sia anche l’ipotesi di affidare le comunicazioni sensibili degli apparati dello Stato al sistema Starlink di Elon Musk emersa in questi ultimi giorni.
E’ bene ricordare però che una operazione simile fu tentata anche da Renzi nel 2016 quando era Primo Ministro. Il suo progetto era di affidare la cybersicurezza del paese e dei suoi apparati al suo “consigliere” Marco Carrai in stretti rapporti con il Mossad israeliano. Contro Carrai insorsero praticamente tutti gli apparati dello Stato, metà Palazzo Chigi e lo stesso Marco Minniti, il sottosegretario che allora aveva la delega ai servizi segreti
L’ambasciatrice Belloni, altissima funzionaria della Farnesina, era stata nominata direttore generale Dipartimento delle informazioni per la sicurezza il 12 maggio del 2021 dal governo guidato da Mario Draghi, quindi una nomina non gestita dall’uomo nero di Palazzo Chigi. Una “dissonanza” in un ambito strategico per il governo della destra sul quale sono noti da tempo le ossessioni e i progetti per avere un mondo dell’intelligence di stretta fedeltà al governo e ai suoi referenti politici.
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