Giocare sulle parole, “buttarla in caciara”, alimentare il vittimismo aggressivo e poi passare all’attacco. La premier Meloni ha recitato il suo solito copione anche in queste ore.
La vicenda è quella legata alla liberazione del generale libico Osama Almasri, per il quale la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto con l’accusa di tortura, assassinio, violenza sessuale, minaccia, lavori forzati, lesioni a danno di un numero imprecisato di vittime nei centri di detenzione libici.
Un avvocato, Luigi Li Gotti, (ex missino tra l’altro, ma che per la Meloni è diventato anche lui “di sinistra”, ndr) ha denunciato alla procura alcuni membri del Governo (Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario addetto ai servizi segreti Mantovano) per favoreggiamento personale e peculato chiedendo alla magistratura inquirente di indagare sulla legittimità dell’utilizzo di un aereo di Stato per prelevare il generale libico a Torino e condurlo in Libia invece di trattenerlo e poi consegnarlo alla Corte Penale Internazionale.
Ma cosa è accaduto veramente? In primo luogo c’è un cosiddetto “atto dovuto” da parte dei magistrati. Quello ricevuto dalla Meloni infatti non è neanche un avviso di garanzia – come impropriamente riferito sia dalla Meloni sia dal deputato Fratoianni in aula, cosa quest’ultima che ha scatenato il putiferio. Si tratta solo di una notifica al Tribunale dei Ministri la quale informa gli interessati che è stato consegnato alla Procura di Roma un esposto contro alcuni ministri e la premier da parte di un cittadino. Una cosa ben diversa.
La stessa Associazione Nazionale Magistrati ha segnalato al fine di fare chiarezza, “il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89”.
Si tratta appunto di una disposizione che impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati”. “Si tratta, dunque, di un atto dovuto”, conclude l’Anm.
Il contesto in cui questo atto dovuto è pervenuto è però quello di un durissimo braccio di ferro tra due poteri dello Stato – quello esecutivo e quello giudiziario – sulla controversa riforma della giustizia varata dal governo e osteggiata apertamente dalla magistratura.
Da qui è scattato il consueto binomio tra vittimismo aggressivo – la sindrome di Calimero alla quale ricorre fin troppo spesso la premier Meloni – e la strumentalizzazione ai fini della lotta politica. Con il risultato che le omissioni del governo sulla vicenda Almasri rischiano alla fine di finire in secondo piano.
Ad esempio il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, rispondendo ai cronisti ha definito la decisione “una reazione alla riforma della separazione delle carriere voluta dal governo, del tutto priva di fondamento” – ha dichiarato Tajani – “Non credo sia giusto aprire uno scontro da parte di alcuni magistrati nei confronti del potere politico perché questo fa un danno alle istituzioni. Non condivido neanche la scelta dei tempi lampo da parte della Procura di Roma, che trovo fuori luogo. È un attacco al governo che va respinto totalmente”.
Sin dall’inizio di questa vicenda è apparso evidente che il governo ha fatto del “lavoro sporco” sul caso Almasri in nome di “ragioni superiori” e di Stato. Del resto il generale libico è uno che sta facendo da anni il lavoro sporco per l’Italia, chiudendo o aprendo i rubinetti delle partenze dei barconi dalla Libia. Sarebbe interessante, tra l’altro, portare alla luce gli “accordi indicibili” tra l’Italia e la Libia del generale Almasri, e in quel caso si risalirebbe anche agli anni passati, quelli del ministro Minniti e dei successivi. Ma a questo punto ogni richiesta e necessità di chiarimento sulle molte contraddizioni e omissioni con cui il governo ha gestito l’affare Almasri è scomparsa in un polverone. Al punto che pare saltata anche la informativa al Parlamento dei ministri Piantedosi e Nordio prevista per oggi. Il governo sta alzando la polvere e affilando le armi per giocare questa partita sia contro la magistratura che contro l’opposizione.
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Giovanni
Il declino italico e’ iniziato, ma tanto arriva Sanscemo e l’ italiano – medio canta… Ballate burattini che vi vogliono contenti.
Mara
Quousqu tandem abutere Meloni patientia nostra?
Manlio Padovan
Cedo sia perfettamente inutile lasciare un commento visto che avete il vizio della censura.
Redazione Roma
Visto che hai il vizio dell’autocompiacimento crediamo che sia perfettamente inutile commentare
italiani oh oh
Spiegazione logica alla quale aggiungo quella di Roberto Saviano, inquadrata con la forma mentis di chi, conoscendo bene la criminalità organizzata, definisce il fatto molto lucidamente.
https://www.dire.it/29-01-2025/1119500-video-saviano-strapazza-meloni-e-ricattabile-ed-e-sotto-estorsione-della-mafia-libica/
In realtà il ricatto della Libia esiste.