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Alle armi! Ma ce li abbiamo i soldi?

Avanti ad occhi chiusi, anzi con cappuccio ben calcato in testa, ma con in mano molte armi che non servono a granché.

E’ l’immagine dell’Unione Europea più Londra (che intanto scivola verso il razzismo suprematista, visto che il guerrafondaio razzista alla guida si dice «laburista»), che ancora fanno fatica a capire che gli Stati Uniti hanno di fatto scaricato la guerra ucraina sui propri conti correnti.

Così abbiamo da un lato un «incidente del Tonchino» in salsa polacca, condito di lamentele rumene, salti di gioia baltici (convinti che «finalmente» si possa preparare l’assalto a Mosca che sognano dai tempi dei Cavalieri teutonici) e bestialità acefale di von der Leyen, arrivata a santificare i locali «Fratelli della foresta», ossia i collaborazionisti dei nazisti contro l’Unione Sovietica.

Dal lato opposto, il sempre algido Peskov – portavoce del Cremlino – fa notare che la Nato è “di fatto già in guerra” contro la Russia. Anzi, sono proprio “gli europei [che] ostacolano la risoluzione pacifica in Ucraina, non volendo considerare le cause principali della crisi“. Ovvero l’espansione della Nato ad est e quindi la pretesa di piazzare missili o quant’altro contro Mosca.

Risoluzione pacifica che peraltro viaggia assai a rilento – per usare un eufemismo – visto che l’amministrazione Trump sa fare poco altro oltre che sparare dichiarazioni sui social (un vertice di pace va preparato, non basta sedersi intorno a un tavolo e cominciare a chiacchierare), mentre Kiev e gli europei ancora sognano la «vittoria», o quanto meno l’invio di truppe occidentali al primo «cessate il fuoco» utilizzabile.

In una situazione del genere uno statista minimamente responsabile – anche totalmente imperialista – si fare due conti (che obbiettivi abbiamo, di che armi disponiamo, qual è l’esperienza di guerra reale dei nostri eserciti, quanto soldi possiamo investire, ecc) prima di aprire bocca.

Invece è tutto un fiorire di proclami, «decisioni irrevocabili», azzardati confronti col passato… Propaganda spicciola che in teoria serve a giustificare maggiori spese militari davanti alle rispettive popolazioni, ma che ormai sembra essere il credo che orienta menti non proprio spaziose. Tradotto: puoi dire qualsiasi scemenza per far bella figura in tv, ma se ci credi sei da ricoverare…

Una piccola verifica possiamo farla nella politichetta italiota, che internazionalmente conta nulla ma vive di riflesso le tensioni sul teatro europeo.

Il ministro della difesa, nonché ex lobbista delle industrie delle armi, Guido Crosetto, sfrutta la domanda di un giornalista embedded per dire che “Non siamo pronti né ad un attacco russo né ad un attacco di un’altra nazione. Lo dico da più tempo. La gente non vuole sentire parlare di necessità di difesa, ma io penso che il mio compito sia quello di mettere questo Paese nelle condizioni di difendersi se qualche pazzo decidesse di attaccarci. Non dico Putin, dico qualunque. 20 anni non si recuperano in un anno, in due anni, tanto più con i ritmi di produzione che ci sono adesso”. Per i marziani ci vorrà un po’ di più, ma ci si può pensare…

Un discorsetto classico: il governo vuole investire di più in armamenti, siccome è impopolare dobbiamo alzare il livello della paura su un attacco esterno (quando sono ormai 80 anni che mandiamo soldati in giro per il mondo senza che nessuno Stato straniero ci abbia mai nemmeno mandato a quel paese) e dare commesse in primo luogo alle «nostre» italiche industrie.

Il problema, come sappiamo, è che le indicazioni dell’Unione Europea – l’insieme che determina le nostra politiche economiche e l’uso del bilancio statale – sono schizofreniche: sì a più spesa militare (come deciso dalla Nato, un insieme ancora più grande), ma austerità di bilancio, quindi riduzione delle spese totali.

Nonostante il governo Meloni abbia costantemente premiato l’evasione fiscale decidendo di versi condoni sotto lo slogan del «fisco amico», le entrate fiscali sono comunque cresciute (anche grazie ad una minore spesa per pagare gli interessi sui titoli di stato), fino a creare un miracoloso «tesoretto» di 15-20 miliardi. Cosa farci è l’oggetto del contendere.

Il ministro leghista Giorgetti, responsabile dei conti, vorrebbe seguire la «linea Draghi» usandoli per ridurre almeno un po’ il debito pubblico. Crosetto li vorrebbe per gli armamenti (ma quel che industrie italiane producono non è quel che serve nella guerra contemporanea: droni di molti tipi, sistemi elettronici, ecc). Altri ministri li chiedono per irrobustire il proprio budget.

Una visione complessiva? E a che serve… A quella ci pensano la Nato e «l’Europa», qui ci si occupa solo di piccoli calcoli di bottega.

Come si vede, lo scenario cambia totalmente quando si passa dal «dibattito europeo» – un delirio irresponsabile che spinge per la guerra subito, proprio mentre gli Usa si sganciano da questo teatro – a quello italiano, fatto di interessi e soluzioni molto più prosaiche.

E gli interessi della popolazione (salario, servizi sociali, sanità, istruzione, ecc)? Chissenefrega, basta indicare un nemico: gli immigrati, Odifreddi, i centri sociali, le cavallette…

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