Menu

AVS: L’antipasto di “sinistra” (servito dal PD)

La sicurezza con cui taluni commentatori dibattono l’esito delle recenti elezioni regionali in Toscana, speculando su un ipotetico miglior risultato per la “sinistra” qualora AVS avesse sostenuto la candidatura di Antonella Bundu anziché Eugenio Giani, rivela una sconcertante amnesia storica e una fatale incomprensione delle dinamiche politiche.

Simili congetture non solo mancano di rigore analitico, ma ignorano deliberatamente la natura intrinseca e il ruolo sistemico di Sinistra Italiana.

È imperativo richiamare alla memoria che Sinistra Italiana, lungi dall’essere una forza radicalmente autonoma, si è configurata in origine come una mera costola tattica del Partito Democratico. Sebbene il suo atto fondativo di Rimini, scaturito da una mozione congressuale, fosse veicolato dall’ambizione di porsi come alternativa al PD, la sua traiettoria è stata una palese ritirata strategica.

L’alleanza precoce per le Regionali del Lazio con il PD di Zingaretti, seguita alla sua fondazione, non è stata una contingenza, ma il primo, esplicito tradimento di quel mandato programmatico, causando una prevedibile emorragia di iscritti.

L’uscita di Nicola Fratoianni dall’assemblea congressuale successiva, pur confermato segretario, non sancì una ritrovata coerenza ideologica, ma formalizzò un mandato di capitolazione: quello di perseguire alleanze che, nella pratica, la incatenavano alla strategia di “campo largo” del PD.

Non si può negare che, su questioni specifiche, quali i diritti civili più avanzati o talune istanze ambientali particolarmente sensibili, SI e AVS abbiano saputo articolare un distinguo tattico rispetto alla linea ufficiale del PD. Tali mosse, tuttavia, non rappresentano la prova di un’autonomia sostanziale, ma costituiscono un’operazione di cosmetica politica, studiata ad arte per mantenere viva la loro “patente di sinistra” e giustificare la propria esistenza agli occhi della base più critica.

Questi scarti occasionali non mettono mai in discussione la fondamentale appartenenza al “campo largo”, garantendo la conservazione del potere di coalizione.

Coloro che oggi definiscono AVS come l’autentica “sinistra” disattendono la sua funzione reale e consolidata: quella di un sofisticato vaso di raccolta per il voto di protesta. AVS intercetta quell’elettorato disilluso e disgustato dalle politiche strutturalmente neoliberiste del PD, convogliando tali suffragi nel bacino più ampio della coalizione di centrosinistra.

Questo meccanismo, astutamente congegnato, offre all’elettore la simulazione di un voto “puro” – un’autoassoluzione morale per non aver sostenuto direttamente il PD – mentre, nella sostanza, rafforza la medesima architettura di potere che si intende criticare.

L’ipotesi, rilanciata in occasione del buon risultato di Toscana Rossa, di un potenziale “distacco” di AVS dal PD per confluire in una fantomatica “Sinistra autentica” non è che una mistificazione ideologica, una narrazione miserabile volta a cancellare la memoria storica. È un tentativo retorico di conferire dignità e autonomia a un soggetto politico la cui funzione storica è la sussidiarietà.

La conclusione, fondata sull’analisi della sua condotta politica e delle sue reiterate scelte di campo, è lapidaria e ineludibile: Mai con Sinistra Italiana/AVS. Questo principio non è frutto di settarismo, ma l’ineluttabile corollario di una rigorosa valutazione della sua persistente subalternità e della sua incapacità, o forse non volontà, di porsi come polo di vera opposizione al mainstream politico.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

2 Commenti


  • Giovanni Lamagna

    Anche io ho nutrito sempre forti perplessità sul ruolo politico di AVS.
    Sono altresì consapevole che le attuali leggi elettorali sono quelle che sono.
    E fare politica – almeno a livello istituzionale – obbliga a tenerne conto.
    Altrimenti si corre il rischio di fare solo testimonianza.
    Questo non elimina le mie perplessità, ma semmai ne aggiunge altre.
    Rispetto, ad esempio, all’azione politica di soggetti che si pongono in maniera “lapidaria e ineludibile” al di fuori del cosiddetto (e anche per me famigerato) “campo largo”.
    Non ho soluzioni, me ne rendo conto.
    So solo che l’efficacia in politica è altrettanto importante della coerenza.


    • Redazione Contropiano

      Tutte giuste preoccupazioni, ma bisogna ricordarsi una cosa: centinaia di migliaia di persone in piazza, l’occasione per mostrare il proprio dissenso, la pressione che ha mandato in tilt Tajani, ha costretto Meloni a parlare di riconoscimento della Palestina, seppur con riserva, la prima sospensione di invio di munizioni a Israele, non sono stato frutto della politica istituzionale. Giusto guardare agli organismi istituzionali, ma per una reale alternativa bisogna pensare alla dialettica che si è capaci di instaurare nel paese. Chi era nelle istituzioni non solo non l’ha fatto, ma ha anche costituito un tappo. Eppure il tappo è saltato. Ragioniamoci, intanto il 25 ottobre a Roma c’è un’assemblea per la costruzione di un blocco sociale e politico verso le elezioni del 2027.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *