Sta facendo discutere, in questi giorni, il voto favorevole avvenuto in Commissione cultura scienza ed educazione della Camera che riguarda un emendamento della Lega a un disegno di legge del ministro Valditara. Quest’ultimo vuole vincolare i progetti di educazione sessuale e all’affettività al parere positivo dei genitori.
L’emendamento della Lega intende andare oltre, impedendo qualunque progetto nella scuola primaria e secondaria inferiore a prescindere dall’espressione dei genitori.
Le ragioni per le quali la maggioranza fascio-leghista che sostiene il governo vuole bloccare qualunque progetto di educazione affettiva e sessuale nelle scuole almeno sino alle medie sono confuse e pretestuose.
Il relatore in commissione Rossano Sasso, deputato della Lega, ha affermato che si vorrebbe evitare “quanto accaduto in passato: attivisti di estrema sinistra in classe che parlano a bimbi di 6 anni di fluidità sessuale, binarismo sessuale e transizione di genere, argomenti non adatti a quell’età”.
Sasso ha inoltre sottolineato che “negli ultimi mesi ci sono state drag queen, pornoattori e attivisti di estrema sinistra che diffondevano materiale discutibile e senza alcuna competenza pedagogica e scientifica”.
Il deputato ha concluso affermando che “il corpo docente non ha bisogno di esperti esterni per insegnare il rispetto”.
L’on. Sasso è noto per le sue iniziative in tema di sessualità violenta. Nel 2018 si scagliò contro un giovane marocchino accusato di violenza sessuale tacciandolo di essere “un bastardo irregolare sul nostro territorio” e organizzò ronde sul lungomare di Taranto. Quando quel giovane fu assolto con formula piena tacque e non proferì nemmeno una parola di scuse.
Personalmente dubito che siano avvenuti gli happening di drag queen e pornoattori (ovviamente di sinistra) descritti dall’on. Sasso, ma più concretamente vorrei ricordare che qualunque progetto di educazione sessuale e affettiva nelle scuole passa al vaglio del collegio dei docenti e quindi viene attentamente esaminato da professionisti in merito ai contenuti, ai metodi e agli esperti invitati.
Tutto questo fa parte delle regole dell’autonomia scolastica ed è abbastanza singolare che quest’ultima sia ritenuta positiva e salvifica dalla destra quando prevede la sottomissione delle scuole pubbliche alle esigenze del mercato e della concorrenza ma non altrettanto quando si deliberano progetti educativi.
Quanto all’osservazione per cui i docenti non avrebbero bisogno di esperti esterni per insegnare il rispetto l’on. Sasso dimostra di avere un gran confusione in testa poiché non di un generico “rispetto” si parla ma specificamente dei rapporti tra i generi.
L’educazione affettiva è trasversale alle discipline e deve sicuramente essere curata da tutti i docenti: sono convinto che la lettura di poesie e racconti, l’ascolto o l’esecuzione di musiche e canzoni, il contatto con opere plastico-pittoriche e l’osservazione scientifica condotte adeguatamente possano essere preziose per il suo sviluppo.
Se ciò non avviene, è semmai proprio per la riduzione dei saperi a un ruolo ancillare verso le “competenze”, con la conseguente riduzione dell’insegnamento a ciò che “serve” per il lavoro tanto sostenuto dal Ministero e una corrispondente caduta del valore umanistico dell’educazione.
Anche su questo cade il castello di carta di una scuola ridotta a istruzione professionale e non a formazione del cittadino e delle cittadine. Nondimeno, non si vede perché per trattare di temi legati alla sessualità, le scuole non possano ricorrere a esperti specifici come avviene peraltro per tanti progetti messi in atto dagli istituti.
Tra l’altro, e per questo dico che l’on. Sasso non comprende il contesto scolastico, è un’evidenza che a volte i giovani e le giovani hanno difficoltà a discutere e porre domande in tema di sessualità ai loro docenti, anche quando costoro siano i più amichevoli e comprensivi possibile. L’insegnante ha in ogni caso un ruolo istituzionale e in qualche misura di potere che può rendere meno fluida la comunicazione su alcuni temi.
Alla fine, resta il dubbio che le fantasiose dichiarazioni dell’on. Sasso siano dovute all’ossessione degli esponenti della destra per la inesistente teoria “gender” che starebbe secondo loro alla base di molti progetti educativi nelle scuole.
Un’ossessione che ha raggiunto livelli grotteschi che l’on. Sasso dovrebbe ben ricordare.
Infatti alcuni mesi orsono, sollecitato da un consigliere comunale e da un gruppo di genitori leghisti, presentò un’accorata interrogazione parlamentare in cui si deplorava che nelle scuole del Comune di Buccinasco (Mi) fosse stato distribuito un libro in cui si narrava di bambini (maschi) che si abbigliavano con i tacchi.
In seguito fu chiarito che il libro in questione, scritto dall’ex sindaco di Roma Veltroni, trattava della Costituzione italiana e che il “bambino con i tacchi” era Pio La Torre, dirigente comunista assassinato dalla mafia che a causa della povertà della sua famiglia d’origine, doveva andare a scuola con le scarpe della zia. Insomma, l’ossessione “gender” aveva portato a condannare un libro senza nemmeno leggerlo.
Capita comunque opportuno un riferimento alla Costituzione per chiarire la gravità delle posizioni fascio-leghiste, ereditate dalle concezioni cattoliche più retrive, in materia di educazione in generale e non solo sessuale.
Il fatto che per poter svolgere determinati progetti le scuole debbano avere il consenso delle famiglie, o anche, come qualcuno ha scritto che “so io come educare mio figlio” esprime una visione di potere familistico assoluto sull’educazione dei bambini e delle bambine.
Si tratta di un problema rilevante poiché purtroppo è sotto gli occhi di tutti che molte famiglie non sono in grado di garantire un’adeguata educazione oppure non vogliono farlo in modo corretto.
In queste situazioni è necessario che sia previsto un controllo e un intervento correttivo dello Stato, che è previsto dall’art. 30 della Costituzione.
Quindi la discrezionalità della famiglia sull’educazione dei bambini non può essere assoluta come si invoca dai settori più oltranzisti della destra. Ciò ancor più se si considera che purtroppo la famiglia è il luogo, come dimostrano le cronache, dove nella maggior parte dei casi avvengono le violenze di genere sino al femminicidio.
Non è accettabile che la visione patriarcale della famiglia si estenda anche all’educazione dei bambini, quasi fossero sempre e comunque proprietà della famiglia,
Un altro motivo d’opposizione all’educazione sessuale e affettiva è quella che i bambini non sarebbero pronti, soprattutto nelle scuole primarie, ad affrontare temi lontani dai loro orizzonti.
Si tratta di un’ idea sbagliata e pericolosa, poiché nella società d’oggi i bambini e le bambine sono sottoposti a una quantità sterminata di messaggi sessisti e prevaricatori sino alla vera e propria violenza che li raggiungono attraverso i media.
È quindi necessario che anche in questo caso la scuola sappia intervenire con un’efficace comunicazione informativa ed educativa, volta a sviluppare una relazione di genere serena e corretta evitando che i minori affrontino da soli e senza alcun sostegno critico quanto passa quotidianamente sotto i loro occhi.
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