Per i palestinesi in Italia la vita sta diventando difficile. Prima gli arresti di Anan Yaesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, adesso la detenzione di un altro giovane palestinese. Invece di perseguire i genocidi, la magistratura italiana sembra più impegnata a perseguire chi vi si oppone.
Ahmad Salem è un ragazzo palestinese di 24 anni, che da sei mesi è detenuto in regime di alta sicurezza nel carcere di Rossano Calabro per aver denunciato il genocidio che il suo popolo stava e sta subendo per mano di Israele.
Ahmad Salem è nato e cresciuto nel campo profughi palestinese di Al-Baddawi in Libano, è arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.
Durante l’audizione davanti alla Commissione territoriale, il suo telefono è stato sequestrato e perquisito e ad Ahmad sono stati contestati gli articoli 414 (istigazione a delinquere) e 270 quinquies (autoaddestramento con finalità di terrorismo) del codice penale articolo noto come “terrorismo della parola” recentemente introdotto con il “DL Sicurezza”.
Le autorità italiane, così come la stampa, lo hanno descritto come un “jihadista” che incitava all’odio e istigava a compiere atti terroristici, sostenendo che sul suo telefono fossero presenti “materiali istruttivi” utili a fini terroristici.
In realtà si tratta di spezzoni decontestualizzati di un video in cui invita la società civile a mobilitarsi per la Palestina, ma sono bastati per accusarlo di “propaganda jihadista”.
Altri filmati presenti sul suo cellulare sono considerati dall’accusa “video istruttivi” di matrice terroristica. I filmati – diffusi in passato dalle principali testate giornalistiche italiane – non contengono però effettive indicazione tecniche o di addestramento.
I reati contestati ad Ahmad Salem – istigazione a delinquere e autoaddestramento con finalità di terrorismo – sono stati introdotti dal recente Ddl Sicurezza, cardine della repressione del dissenso che è l’unico tratto distintivo del governo Meloni. Un provvedimento che, tramite l’introduzione di nuovi reati e l’inasprimento di pene, aggravanti e sanzioni, limita diritti e libertà fondamentali.
Ahmad Salem ora va sostenuto, come lui ha tentato di fare col popolo palestinese. Dobbiamo diventare la sua voce, amplificare la sua rabbia e aggiungerci la nostra verso un governo sempre più securitario e criminalizzante.

Raccogliendo l’appello lanciato in questi giorni, invitiamo a spezzare l’indifferenza che circonda la detenzione di Ahmad Salem.
Intanto però non è ancora conclusa la vicenda di altri giovani palestinesi arrestati in Italia perché Israele li accusa di far parte della resistenza e la magistratura italiana continua a dare credito alla versione israeliana.
Ieri, 21 novembre si è svolto un nuovo presidio di solidarietà davanti al Tribunale de L’Aquila per i tre palestinesi – Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh – accusati di terrorismo. Anaan è ancora in carcere sballottato ormai da più di un anno tra vari istituti di pena (adesso è in quello di Melfi), sottoposto spesso a regime punitivo. Per saperne di più su questo caso vedi: Scarcerati Ali e Mansour ma Anaan resta in carcere.
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