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Fuori la guerra da scuola e università! “La conoscenza non marcia”

La conoscenza non marcia” è una campagna nata dall’iniziativa di un gruppo di docenti universitari (Antropologhe per la Palestina) che ha chiamato in causa gli studenti di Cambiare Rotta e di diversi comitati mobilitati contro il genocidio, e, sin da subito, l’eterogenea realtà dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, con l’intero sindacalismo di base ad esso connesso. I contenuti erano già stati raccontati su questa piattaforma, qui.

Dopo il lancio di settembre, con numerose partecipazioni del mondo della scuola e dell’università, oltreché delle realtà politiche organizzate, la campagna verrà presentata in due incontri pubblici (in cui accenneremo anche alla Legge di Iniziativa Popolare che è già in bozza avanzata): il primo a Bologna, l’11 dicembre alle 16.30, quando l’aula magna di Scienze dell’Educazione, in Via Filippo Re 6, ospita una tavola rotonda tra: Paolo Gaibazzi (Università di Bologna), Osvaldo Costantini (Università di Roma “Sapienza”), Giuseppe Curcio (Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università), Marco Montanarella (USB Scuola), Lorenzo Bulzinetti (Cambiare Rotta), Veronica Vicinella (Docenti per Gaza) con, ovviamente, un microfono aperto dopo gli interventi programmati per una discussione pubblica su questa proposta.

Il secondo incontro sarà invece a Firenze, alle 17.00 nell’Aula Magna UNIFI, al Plesso Brunelleschi in Piazza Brunelleschi. Interverranno Francesco Zanotelli (Università di Firenze), Leonardo Bargigli (Università di Firenze), Simone Virgili (docente di istituto superiore), Osvaldo Costantini (Università di Roma “Sapienza”), con, a seguire, una discussione tra Cambiare Rotta, Usb Scuola, Assemblea precaria UNIFI, Studentx per la Palestina, Scuole per la Palestina, Cobas Scuola, Scuole non caserme (no comando Nato), Sanitari per Gaza. L’evento del 17 risuona con quello che si tiene lo stesso pomeriggio a Roma (e online) presso la sede nazionale dell’Unione Sindacale di Base in Via dell’Aeroporto 129.

La campagna propone una Legge di Iniziativa Popolare (già in costruzione e pronta, con ogni probabilità, per Gennaio) basata su due pilastri contenuti nel documento politico della campagna: il divieto per il mondo dell’istruzione di avere rapporti, finanziamenti e iniziative, con università e scuole di paesi che praticano genocidio, apartheid e forme di colonialismo d’insediamento; il divieto per le scuole e per le università di avere qualsiasi tipo di rapporto (docenza, finanziamenti, terza missione, eventi sporadici) con industrie militari, con chi vende o distribuisce armi, filiere produttive implicate in forme di genocidio e colonialismo d’insediamento, organizzazioni e fondazioni con finalità militari o direttamente connesse al mondo militare (come la famigerata Med-Or).

La razionalità che ci ha mosso è quella di portare sul terreno del reale, con una proposta politica, un punto di vista completamente antagonista a quello che si sta imponendo in questi ultimi mesi – con una accelerazione tragica nelle ultime settimane – ovvero un processo totalitario di preparazione alla guerra che passa soprattutto per la militarizzazione dell’università e delle scuole. La ricerca e l’università, in particolare vengono sottoposte a una progettualità di integrazione entro la filiera militare-industriale, come si può evincere dalle parole del Ministro Crosetto, riportate dal Fatto Quotidiano lo scorso 5 dicembre: “proporrò al Parlamento un modello in cui industria, università, ricerca, difesa sono tutt’uno. I centri sperimentali di Esercito, Marina, Aeronautica, devono stare insieme all’università“.

Una dichiarazione – l’ultima di una serie di indicazioni in questo senso contenute nei documenti ufficiali – che si pone in un quadro generale di tentativo di uscita dalla crisi strutturale con l’economia bellica e ha altrettanto messo in campo i classici meccanismi della guerra interna, ovvero la repressione del dissenso di qualunque tipo in base alla logica bellica dell’amico/nemico: è di questi giorni la notizia della censura di un convegno di Angelo d’Orsi e Alessandro Barbero, con numerose personalità pubbliche tra i partecipanti, al Teatro Grande Valdocco Torino.

Poco più di un mese fa il ministero dell’Istruzione e del Merito censurava un convegno del Cestes (Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali) dell’Usb, co-organizzato con l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, dal titolo “4 novembre – La scuola non si arruola”.

È evidente che questo tipo di dibattiti ed opinioni non possono essere tollerati nel contesto storico in cui si cerca ogni giorni di convincerci – con scarsi risultati – della realtà del pericolo russo che si accompagna alle recenti dichiarazioni sulla necessità di essere disposti a sacrificare i propri figli e di fare uno sforzo congiunto per tenere in vita il morente apparato colonialista e imperialista occidentale, la cui credibilità è sepolta insieme alle bambine e ai bambini di Gaza.

Il lancio di questa campagna viene dalle mobilitazioni universitarie in solidarietà con il popolo palestinese (le iniziative studentesche unite alle diverse mozioni di boicottaggio che docenti e personale amministrativo hanno fatto passare nei singoli atenei e dipartimenti), quando era emersa con forza la questione dell’industria militare nell’università. Secondo i dati di Altreconomia: 23 atenei su 31 hanno rapporti con Leonardo, 20 con Thales Alenia e 8 con Mbda Italia Spa, una azienda che produce le ali per la bomba GBU-39, spesso usata a Gaza dall’esercito israeliano.

Già lo scorso aprile, quando è nata l’idea della campagna, dicevamo che il combinato disposto di una università sempre più definanziata, nonchè basata sul lavoro precario, e il piano di riarmo facesse diventare realtà l’idea di una “israelizzazione” del settore dell’istruzione, parte di un intero assetto sociale che assume sempre più somiglianze con il laboratorio Palestinese.

Sappiamo che diverse volte le sperimentazioni coloniali sono poi tornate come pratiche nel cuore dell’Europa (i campi di concentramento sono una invenzione spagnola a Cuba del 1896). In Israele – scrive Antonio Mazzeo – l’istruzione superiore e universitaria è uno dei pilastri del sistema politico-militare-securitario del paese.

Come spiega la studiosa israeliana Maya Wind, il comparto istruzione del paese è inserito completamente nell’impianto genocida e colonialista dello Stato ebraico: da un lato, sul livello del supporto materiale all’industria bellica. Le università israeliane hanno all’attivo dei programmi con la Iai, la Rafael, la Elbit, ovvero leader del settore bellico che, in cambio offrono sbocco lavorativo agli studenti ed alle studentesse, borse di studio e centinaia di migliaia di dollari di finanziamento alla ricerca; dall’altro, nei termini dei saperi (archeologia, storia, scienze sociali), la cui produzione è piegata ideologicamente alla volontà di accaparrarsi la terra dei palestinesi, la cui esistenza è negata dall’idea di una “terra senza popolo per un popolo senza terra”.

Da questo punto di vista, il DDl Gasparri, nell’equiparare antisemitismo e antisionimo, va ben oltre la repressione delle iniziative politiche di docenti e studenti, arrivando a toccare sinanche i contenuti della didattica. Altrettanto fa il documento sulla guerra ibrida di Crosetto che equipara ad agenti del nemico chiunque osi diffondere sfiducia (cioè critica) nei confronti dell’ordine democratico-liberale e delle sue istituzioni pilastro (UE, Nato, g7): sarà possibile fare delle lezioni sul neoliberismo che non evidenzino il ruolo della Nato nelle guerre in Iraq o Afghanistan basate su prove false?

In questo senso siamo già oltre la preoccupazione di fronte alle dichiarazioni sopra citate che si uniscono ad una stretta di controllo sulle università con la proposta del DDL Bernini di aumentare il mandato rettorale e inserire un membro del governo nei Cda dei singoli atenei. Quello che si profila all’orizzonte è un quadro di totale integrazione dell’istruzione all’interno della filiera militare-industriale: una integrazione che legittima ideologicamente il settore militare, tramite l’incensamento in una aura di scientificità, oltre ovviamente a porsi nel quadro del valore prodotto ed estratto (con l’uso delle aule pubbliche, delle ore lavoro degli amministrativi, e così via).

L’esempio più lampante è la Cittadella dell’Aerospazio in Corso Marche a Torino, realizzata con fondi PNRR a destinazione militare (e aerospaziale) in un partenariato tra Politecnico, Leonardo e Nato. Una triangolazione che ovviamente investe l’interezza del territorio e delle sue relazioni sociali.

Ecco, in questo quadro, noi proponiamo di mettere tutto questo al bando, fuorilegge, altrimenti, tra qualche anno saremo obbligati a raccontare nelle nostre aule che Dante passo dall’inferno al paradiso con 75 carri armati Merkava e il corpo dei marines dei Guelfi bianchi al suo seguito. Ammesso che le università non saranno distrutte e non vi saranno giovani a cui insegnare.

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