Cari amici del dibattito politico, l’Assemblea Nazionale del PD ha avuto il suo momento catartico: Stefano Bonaccini e la sua “Energia Popolare” sono entrati ufficialmente in maggioranza, chiudendo il cerchio con un atto di unità che è stato salutato come la fine di ogni conflitto interno. L’immagine è quella di una grande famiglia che si ricompone.
Ebbene, mentre i “riformisti di popolo” di Bonaccini si stringono alla segretaria, e i “riformisti-riformisti” (i veri scontenti) si auto-isolano come un collettivo di dissidenza intellettuale, l’osservatore cinico non può che chiedersi: ma la svolta a sinistra, alla fine, ha ottenuto più voti o più freno a mano?
L’ingresso di Bonaccini è stato un esercizio di alto trasformismo moderno, un valzer dove chi prima era il principale sfidante ora è il sostegno più ingombrante. Questa mossa, lodata per l’unità tattica contro Meloni, in realtà cristallizza il problema principale del PD: la retorica della sinistra deve coesistere per forza con la prassi del centro.
I riformisti di Bonaccini hanno portato in dote la loro forza territoriale e la loro aura di “governismo pragmatico”. Ottimo, ma se l’obiettivo della segretaria era quello di rompere con il passato (fiscale, lavoristico, ideologico) del PD, come può farlo ora con una componente così potente e dichiaratamente “attendista” – perché diciamocelo, i governatori si sono schierati in attesa del “dopo Schlein” – che vigila su ogni passo come un severo revisore dei conti?
Il risultato rischia di essere un PD unito nel nome, ma paralizzato nei fatti: una segretaria che parla di trasformazione e una maggioranza che vuole conservazione. Si continua a promettere coraggio contro le disuguaglianze, ma l’ossessione è non fare nulla di troppo sgradito al ceto produttivo, al punto che il fantasma del Jobs Act e la paura di una vera patrimoniale aleggiano su ogni discussione.
Insomma, il valzer è finito. Abbiamo tutti i riformisti al loro posto, la segretaria consolidata, e un avversario esterno (Meloni) che li sbeffeggia perché non hanno un leader, ma due linee politiche che si neutralizzano a vicenda. Un grande successo dell’unità, se solo non significasse che la vera svolta a Sinistra ha appena ricevuto un caloroso benvenuto.. nella lista delle cose da fare dopo le prossime elezioni. Forse nel 2027. O forse mai.
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