L’Accademia reale svedese delle Scienze (Kungliga Vetenskapsakademien) nei giorni scorsi ha assegnato il Premio Nobel per la Fisica 2016 a tre fisici inglesi, David Thouless, Duncan Haldane e Michael Kosterlitz, “per le scoperte teoriche delle transizioni di fase topologiche e le fasi topologiche della materia”. Si tratta di ricerche che risalgono agli anni ’80 e che oggi stanno avendo importanti applicazioni nel campo delle nuove proprietà dei materiali e dei computer di nuovissima generazione (quantistici).
Ah, in qual mondo delirante
squadro il mio discorso!
Edwin Abbott
Questa scelta non è fortuita, ma probabilmente coincide con gli attuali interessi della struttura economico sociale neoliberista, che non si lascia certo sfuggire le ghiotte occasioni di estensione del proprio campo di dominio offerte da queste ricerche: colonizzare il mondo ultramicroscopico e potenziare all’infinito le capacità di calcolo degli attuali sistemi informatici, ormai giunti ai limiti estremi delle loro prestazioni.
Per capirci qualcosa dobbiamo tirare in ballo il reverendo Edwin Abbott che, verso la fine dell’800, scrive “Flatlandia”, un geniale saggio su mondi stravaganti a sole due dimensioni, Flatlandia appunto, a una dimensione, Linelandia, e finalmente a tre dimensioni, Spacelandia. “Chiamo il nostro mondo Flatlandia … per rendere più chiara la sua natura a voi, miei beati lettori, che avete il privilegio di vivere nello Spazio. Immaginate un enorme foglio di carta in cui Linee Rette, Triangoli, Quadrati e altri figure, invece di restare ferme ai loro posti, si muovono liberamente per tutta la superficie, senza però avere il potere di elevarsi al di sopra di essa…”.
Attraverso fantastiche e rigorose costruzioni teoriche e geometriche Abbott ci introduce in mondi fantastici e alieni i cui personaggi sono appunto quadrati, segmenti, cerchi, punti: “Quel Punto è un Essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo mondo, tutto il suo Universo”. Spaventoso!
A questo punto entra in scena un altro protagonista del racconto, l’atomo di Carbonio, che noi tutti conosciamo bene, o quasi, essendo a fondamento delle strutture viventi. È un atomo che ama travestirsi in tante forme, così diverse tra loro, tali da potersi innalzare alla bellezza e preziosità del Diamante, all’utilità del Carbone o del Petrolio (anche se ultimamente non godono più di grande fama), all’impiego della Grafite nelle matite. Ci interessa proprio quest’ultima sostanza: stranamente essa è formata come un wafer, sì quei biscotti a più strati con il cioccolato tra uno strato e l’altro. La grafite è un wafer di strati cristallini piatti di atomi di Carbonio, tra questi una moltitudine inarrestabile di elettroni è in continuo e rapido movimento. Uno strato del wafer, ah … scusate, della grafite, può essere isolato ed essere chiamato Grafene, il materiale più sottile che esista al mondo perché è uno strato di atomi dello spessore di un atomo, proprio quello di Carbonio di cui è composto. Non è finita, ormai abbiamo imparato a plasmare la materia nanoscopica: avvolgendo il Grafene come per fare una sigaretta, otteniamo i Nanotubi. Se isoliamo un filamento di atomi di Carbonio otteniamo un Filo Quantico, sino ad arrivare al Punto Quantico!
Ricordate il reverendo Abbott e le sue strane geometrie? Eccole riproposte dopo un secolo e mezzo!
Il fatto è che questi materiali, a base di Carbonio, hanno strane proprietà, non ancora del tutto chiarite, ma soprattutto un’elevata conduttività elettrica, visto l’alto grado di mobilità degli elettroni, un’alta resistenza meccanica, e chissà cos’altro ancora!
Quindi abbiamo visto nuovi materiali mono e bidimensionali e strutture nanometriche dalle strane proprietà con le quali è possibile varcare la soglia del mondo normale per addentrarsi nei meandri del mondo quantico!
Ecco allora che gli studi teorici dei nostri tre scienziati relativi alla struttura delle superfici (Topologia ) di alcuni materiali ultrasottili durante le Transizioni di fase (fino al cosiddetto condensato quantistico a temperature prossime allo Zero assoluto, – 273°C) e alla conduttività elettrica alle basse temperature, hanno dato impulso all’impiego di nanomateriali mono o bidimensionali (ricordate Abbott?) dalle proprietà stravaganti, quali la superconduttività e la superfluidità (ricordate il Grafene e simili?). Anche i computer quantistici sono figli di queste ricerche. Sono macchine con una potenza di calcolo inimmaginabile perché i normali, ingombranti e termoinstabili processori al Silicio, potranno essere sostituiti con una manciata di atomi, infinitamente più veloci e infinitamente più piccoli!
Cosa desiderare di più!
Nel pieno rispetto dell’autonomia della ricerca scientifica, si pone una domanda, di tipo politico, sull’uso che si fa della ricerca stessa e delle sue applicazioni. Ormai lo sappiamo, la tendenza del capitale è quella di colonizzare ogni ambito della vita sociale e culturale per imporre la propria regola economica, ossia la dipendenza dal mercato e da chi ne condiziona le dinamiche.
Quindi, sempre più veloci e sempre più piccoli. Ma per fare cosa? Per continuare nella folle corsa verso una crescita esponenziale che porta con sé il collasso del sistema (sistem failure) economico ed ecologico? Oppure per cominciare a dispiegare la straordinaria intelligenza sociale (general intellect) che l’umanità è in grado di generare, questo Nobel ne è un esempio, per migliorare le condizioni di vita di noi tutti, NESSUNO ESCLUSO?
* Antonio Fiorentino
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michele
Il collasso economico si può evitare solo con la ricerca scientifica. Tutto quello che siamo oggi, la medicina, la tecnologia che usiamo oggi e il resto lo dobbiamo al metodo scientifico ed alla ricerche teoriche iniziate nel 1700 che all’epoca ai profani sembravano non avere alcun senso. Ricordiamoci che 200 anni fa la vita media era di 40 anni e si moriva tutti i giorni con qualsiasi infezione. le nostre bisnonne facevano 10 figli e ne morivano 8 entro i primi 10 anni.
Finitela di sputare nel piatto dove mangiate
Redazione Contropiano
Il progresso scientifico è una delle poche speranze dell’umanità per affrontare e risolvere tutti i problemi che ha.
NOn possiamo però non notare che “l’uso capitalistico della scienza” non mira al progresso della ricerca in quanto tale, ma solo alla sua “utilità economica e militare”.
Il che deve porre qualche domanda, non evitarle.