L’8 Ottobre 2019, l’Accademia reale svedese delle scienze ha conferito il premio Nobel per la fisica a Jim Peebles, Michel Mayor e Didier Queloz, “per i contributi alla nostra comprensione dell’evoluzione dell’universo e del posto della Terra nel cosmo”. Peebles, che da solo ha ricevuto metà del riconoscimento, è stato premiato per le sue “scoperte teoriche in cosmologia fisica”.
Questo articolo ha lo scopo di delineare, nei tratti storici più essenziali, le basi teoriche ed osservative che costituiscono il fondamento per poter comprendere lo sviluppo della cosmologia moderna.
La parola greca kósmos vuol dire ordine, mondo e si riferisce all’universo nel suo insieme. La cosmologia pertanto è quella scienza che si occupa della nascita, dell’evoluzione e della struttura dell’universo a grande scala.
Per restare ai greci, la storia dell’universo, allo stadio delle attuali conoscenze, potrebbe avere come incipit le stesse parole usate da Esiodo nella Teogonia: “In principio era Caos”. E infatti non sappiamo descrivere cosa è accaduto all’atto zero, dal momento che le moderne teorie fisiche, a scale così piccole e ad energie così alte come in “principio”, perdono di significato. Possiamo però delineare, con gradi di speculazione sempre minore e talvolta con eccellenti capacità di predizione, ciò che è accaduto nell’universo a tempi successivi1 (da un’età di 10-36 secondi, cioè zero virgola e poi altri trentacinque zeri prima di incontrare l’uno) e temperature più basse (a partire da 10 miliardi di miliardi di miliardi di gradi), quando l’universo si espandeva e progressivamente si raffreddava, rendendo in seguito possibile la nascita delle particelle a noi note, dei nuclei degli atomi e di strutture via via più legate.
Questo scenario prende il nome di Hot Big Bang Model, modello a Big Bang Caldo e ha necessitato di molti anni prima di essere proposto, perfezionato e generalmente accettato; lo sviluppo della cosmologia ha richiesto grandi progressi scientifici per vincere i forti pregiudizi di carattere logico, metafisico e concettuale che ancoravano l’uomo ad una errata immagine del cosmo.
Ma partiamo da lontano.
Nel 1915, un noto fisico tedesco pubblicò la sua Teoria della Relatività Generale, essenzialmente una trattazione geometrica della gravità. Einstein aveva derivato delle equazioni che descrivono il modo in cui la presenza di massa-energia modifica lo spazio-tempo, rendendolo curvo e non più piatto ed euclideo così come siamo abituati a concepirlo; equazioni secondo cui è lo spazio-tempo curvo a dire alla materia come comportarsi, determinando di conseguenza il moto.
Queste ultime righe possono sembrare innocue, ma in realtà racchiudono una vera a propria rivoluzione scientifica e del modo di intendere la realtà. La teoria di Einstein presuppone infatti la scomparsa di spazio e tempo intesi come concetti assoluti, palcoscenici eterni ed immutabili in cui si svolgono gli eventi ed il moto, e modifica radicalmente la concezione di gravità avuta fino ad allora: non più interazione tra masse, corpi, Sole e pianeti.
Con Einstein si parla di campo, ovvero regione di spazio (e di tempo) che proprio poiché perturbata rende manifesti gli effetti di una forza, e riproduce le orbite che siamo abituati a osservare. Di nuovo, è la massa che incurva lo spazio, è lo spazio a dire alla massa come muoversi.
Ma ad Einstein, che aveva rivoluzionato così tanto la fisica del XX secolo, mancò di compiere il passo finale ed accettare ciò che le sue stesse leggi implicitamente suggerivano: che l’universo non fosse statico, immutabile, ma dinamico, costretto dal suo stesso contenuto di massa e dalla sua geometria, ad evolvere ed inesorabile ad espandersi o ricollassare.
Certo, all’epoca non si sapeva e non si poteva sapere che l’universo era in espansione. Mancavano delle osservazioni astronomiche fondamentali e per di più non si conoscevano galassie al di fuori della nostra.
Fu Aleksandr Friedman, un matematico russo, a risolvere nel 1922 le equazioni di Einstein per ricavarne una che descrive come evolve l’universo in base alla sua composizione e curvatura. Ciò trovò presto un riscontro sperimentale con le osservazioni dell’astronomo americano Edwin Hubble. 2
L’universo era quindi in espansione. Ma un universo in espansione non presuppone necessariamente un Big Bang. Potrebbe, come postulato da una teoria in voga negli anni ’50,3 essere esistito da sempre e, pur continuando ad espandersi, mantenere costante la propria densità di materia (cioè quanti chili di gas, stelle, atomi, persone ci sono in ogni metro cubo) mediante la produzione, l’aggiunta di un solo atomo di idrogeno per m³ ogni miliardo di anni, una quantità praticamente irrilevabile.
Un universo quindi stazionario, costantemente uguale a sé stesso, poiché di densità immutabile, in cui un ipotetico osservatore vedrebbe grosso modo lo stesso scenario in tutte le epoche cosmiche.
Occorreva quindi una prova. Secondo il modello di Hot Big Bang, in principio c’era un punto, chiamato singolarità, di densità e temperatura infinite. Da questo unico punto è iniziata l’espansione e l’universo espandendosi, si raffredda.
I fotoni, nelle prime fasi, sono talmente energetici da produrre coppie di particelle di materia e antimateria, di elettroni ed antielettroni (a 1.000 miliardi di gradi), le quali si annichilano per restituire fotoni, in un equilibrio statistico tra reagenti e prodotti.
L’universo si raffredda ancora. Adesso, a 10 miliardi di gradi, i protoni e neutroni si uniscono per formare i primi nuclei atomici. Per terminare il processo, la formazione di atomi completi occorre legare gli elettroni ai nuclei. Occorre cioè una temperatura di poche migliaia di gradi, raggiungibile quando l’universo ha circa 300.000 anni.
È necessario qui soffermarsi su un aspetto. Un gas ionizzato, fatto cioè da protoni ed elettroni liberi, non è trasparente alla luce. I fotoni infatti urtano continuamente con gli elettroni, in un processo denominato scattering, diffusione. Ma una volta che gli atomi sono completi e neutri, i fotoni non vengono più deviati: fanno in tempo ad urtare un’ultima volta con gli elettroni, poi basta, filano dritti fino ai nostri giorni, permeando tutto il cosmo e diventando man mano sempre più freddi. L’universo diviene trasparente.
Il modello dell’Hot Big Bang prevede quindi in modo naturale l’esistenza di una Radiazione Cosmica di Fondo (Cosmic Microwave Background), che è la fotografia, il fossile, l’impronta dell’ultima interazione dei fotoni primordiali con la materia, difficilmente spiegabile in un universo stazionario ed immutabile.
Nel 1965, due astronomi della Bell Laboratories, Arno Penzias e Robert Wilson, mentre stavano lavorando ad un nuovo strumento, trovarono un segnale inaspettato. Inizialmente immaginarono un disturbo radio di natura terrestre. Ma questa pista fu scartata, perché esso proveniva da tutte le direzioni e non da una sorgente in particolare. Quindi pensarono ad un problema strumentale e provarono di tutto per eliminare ogni possibile contributo di rumore, incluso grattar via il “dielettrico bianco” lasciato dalla coppia di piccioni che aveva nidificato nell’antenna.4
Disperati, si rivolsero quindi ad un astronomo, R. H. Dicke, una delle massime autorità nella cosmologia dell’epoca ed a capo di un gruppo di ricerca che proprio in quegli anni aveva costruito un rilevatore per la ricerca della CMB, ma con esiti infruttuosi. Qui entra in gioco Peebles.
Dicke si rese subito conto che Penzias e Wilson avevano individuato ciò che lui stava da tempo cercando ed annunciò ai suoi colleghi: “We have been scooped!”. Quindi il suo gruppo di ricerca si mise al lavoro e pubblicò un articolo, poi passato alla storia, dal titolo “Cosmic Black-Body Radiation”, firmato da R. H. Dicke, P. J. E. Peebles, P. G. Roll e D. T. Wilkinson. Qui, dopo aver delineato alcuni scenari cosmologici e discusso la possibilità di rilevare una “radiazione termica primordiale”, i quattro scrivono:
“Mentre noi non abbiamo ancora ottenuto ancora risultati con i nostri strumenti, abbiamo recentemente appreso che Penzias e Wilson (1965) della Bell Telephone Laboratories hanno osservato un background di radiazione ad una lunghezza d’onda di 7.3 cm. Nel tentativo di eliminare ogni contributo al rumore osservato all’uscita del loro ricevitore, hanno concluso con un residuo di 3,5±1 K.5 Apparentemente ciò può essere solo dovuto a radiazione di origine sconosciuta entrata nell’antenna“.
Il tono è cauto, gli scienziati esitano. Ma sanno che la CMB è stata individuata e correttamente riconosciuta e infatti, un anno dopo, nel 1966, Peebles e Dicke difendono la scoperta di Penzias e Wilson e dimostrano l’incompatibilità di una spiegazione alternativa.
Penzias e Wilson vinceranno il Nobel nel 1978.
Peebles invece continuerà i suoi lavori e darà contributi fondamentali nel campo della cosmologia fisica e dei modelli cosmologici, studiando il meccanismo di inflazione cosmica, la materia e l’energia oscura, le fluttuazioni primordiali di massa da cui si sono in seguito formate galassie ed ammassi di galassie, le abbondanze primordiali di idrogeno ed elio, cioè la composizione iniziale dell’universo, per poi occuparsi di aspetti più prettamente astronomici, come la dinamica delle galassie e la formazione degli ammassi stellari.
1 Consideriamo qui i tempi di GUT (Grande Teoria Unificata) del modello inflazionistico del Big Bang.
2 Hubble dimostrò che le ben note nebulose a spirale, erano in realtà delle galassie e con l’aiuto del suo assistente Milton Humason, individuò in esse un particolare tipo di stelle, che prende il nome di Cefeidi. Queste sono estremamente importanti perché permettono di stimare la distanza della galassia che le ospita. Così Hubble, mise in relazione la distanza delle galassie con la loro velocità di recessione– cioè di allontanamento – da noi. Una galassia, più è lontana, più scappa velocemente. Poiché era irrealistico, da Copernico in poi, pensare che si allontanino tutte da una Terra posta al centro dell’universo, si concluse che non erano le galassie ad allontanarsi, ma l’intero universo a lievitare ed espandersi.
3 Teoria dello Steady State Universe, Stato Stazionario, formulata da F. Hoyle, H. Bondi e T. Gold.
4 B. Ryden, Introduction to Cosmology, Cambridge University Press, 2017.
5 Quando si effettuano misure in onde radio, l’intensità del segnale viene riportata come temperatura. Penzias e Wilson trovarono una temperatura di fondo di circa 3,5 gradi assoluti. Attualmente sappiamo che la CMB è un residuo a 2,72 gradi assoluti (circa 270 gradi centigradi sotto lo zero).
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Andrea Martocchia
Segnalo questo il commento di Francesco Sylos Labini e Martin Lopez Corredoira sull’assegnazione del premio Nobel per la Fisica a James Peebles. Sono perfettamente d’accordo con i due autori, non solo per quanto riguarda la funzione del premio Nobel in sé (quelli “per la pace” e “per la letteratura” sono sostanzialmente screditati da molti anni per la smaccata politicizzazione delle scelte) ma anche riguardo alla critica del modello cosmologico cosiddetto “standard”, al quale si continuano ad aggiungere epicicli disperatamente per salvare il paradigma assurdo di un universo che da “perfettamente omogeneo” diventa “altamente complesso” pur rimanendo “piatto” cioè in espansione asintotica, benché le osservazioni della materia percepibile non diano alcun riscontro in tal senso. A.M.
Nobel in Physics: un premio per scoperte eccezionali o un riconoscimento socio-politico?
Fonte: https://www.roars.it/online/nobel-in-physics-un-premio-per-scoperte-eccezionali-o-un-riconoscimento-socio-politico/