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Borexino, ovvero come ardono le stelle

Il 25 novembre 2020 è stata annunciata su Nature la prima rivelazione di neutrini solari generati attraverso il ciclo CNO (carbonio-azoto-ossigeno), il meccanismo di produzione dell’energia dominante nelle stelle più massive, proposto per la prima volta nel 1938 dal fisico nucleare Hans Bethe.

Si tratta di un notevole risultato scientifico e di una conferma fondamentale nell’ambito dell’astrofisica stellare, frutto di una collaborazione internazionale di lunga durata, concretizzatasi nell’esperimento Borexino, situato presso i laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso.

Per comprendere l’importanza di tale scoperta è necessario introdurre a grandi linee il funzionamento dei sistemi stellari.

Le stelle sono corpi celesti che si formano a partire da grandi nubi di gas e polveri, per effetto dell’attrazione gravitazionale. Essa dà inizio ad una fase di contrazione in cui la temperatura centrale della nube aumenta progressivamente, fino a diventare sufficientemente elevata da innescare quelle reazioni di fusione nucleare che caratterizzano ogni stella e forniscono una pressione in grado di bilanciare la forza di gravità e bloccare così il collasso.

Le stelle sono pertanto dei corpi in equilibrio idrostatico. Per la maggior parte della loro vita esse rimangono nella “sequenza principale”, uno stadio relativamente quiescente dove evolvono lentamente, convertendo l’idrogeno in elio attraverso due processi: il ciclo pp (protone-protone) ed il ciclo CNO (carbonio-azoto-ossigeno).

In entrambi i casi il risultato netto è la trasformazione di quattro protoni liberi in un nucleo di elio-4, costituito invece da due protoni e due neutroni legati assieme dalla forza nucleare forte. Occorre notare che la massa iniziale dei reagenti (i quattro protoni liberi) risulta superiore alla massa finale del prodotto di reazione (il nucleo di elio).

Questo piccolissimo difetto di massa (appena lo 0.7% della massa di partenza[1]) è tramutato in energia secondo la ben nota formula di Einstein E=mc2, ed è il responsabile, dato il gran numero di fusioni, dell’enorme luminosità dalle stelle.

Il ciclo pp è articolato in vari passaggi. Si comincia con l’unione di due protoni in un atomo di deuterio, un isotopo dell’idrogeno costituito da un protone ed un neutrone. Un ulteriore protone trasforma il deuterio in elio-3. Infine, una reazione tra due nuclei di elio-3 produce elio-4, ovvero l’isotopo di elio più abbondante in natura e libera due protoni, nuovamente disponibili per riavviare il processo.

Affinché i nuclei atomici, acquistino l’energia cinetica sufficiente per vincere la repulsione elettrostatica tra cariche dello stesso segno, è necessario che l’intera sequenza si verifichi a temperature di milioni di gradi.

Figura 1: diagramma che raffigura le fasi del ciclo CNO. Sono evidenziate le emissioni di fotoni, di positroni e di neutrini.

Il ciclo CNO si svolge invece in un maggior numero di passaggi. Esso impiega il nucleo di un atomo di carbonio come catalizzatore, che prende parte alla reazione e la innesca, rigenerandosi poi al termine di essa.

Con ogni aggiunta di protoni, il carbonio rilascia energia sotto forma di un fotone e si converte in elementi più pesanti, come azoto e ossigeno.

Questi, per mezzo di decadimenti radioattivi, riducono il loro numero di protoni, con l’emissione di un positrone (l’antiparticella dell’elettrone, con carica positiva) e di un neutrino.

Un’importante proprietà delle reazioni termonucleari è la loro forte dipendenza dalla temperatura. Il ciclo CNO è infatti favorito alle temperature più alte; dal momento che le stelle massive sono in generale più calde, esso diviene dominante per i sistemi che superano le 1.3 masse solari. Al contrario, la catena pp rappresenta il principale meccanismo di produzione dell’energia nelle stelle di piccola massa, e contribuisce per circa il 99% al bilancio energetico del Sole.[2]

Nella nostra stella si verifica continuamente una quantità impressionante di eventi nucleari, i cui prodotti di scarto, come i neutrini, viaggiano indisturbati fino a raggiungere la Terra. Questi ultimi sono però delle particelle estremamente elusive e interagiscono assai raramente con la materia. Per dare un’idea basti pensare che in un secondo, ogni centimetro quadrato della nostra pelle viene attraversato, senza la minima conseguenza, da circa 60 miliardi di neutrini.

L’esperimento Borexino è costituito da un rilevatore purissimo, che sfrutta la piccolissima probabilità di interazione di tali particelle con gli elettroni, cercando di distinguere le tracce dei neutrini provenienti dal Sole da ogni possibile rumore di fondo. Le sorgenti di rumore possono essere di vario tipo: si va dai raggi cosmici provenienti dall’universo – per cui si ricorre all’effetto isolante del Gran Sasso, che ne lascia passare appena un milionesimo – alla semplice radioattività ambientale.

Quest’ultima è molto difficile da eliminare; per questo motivo si ricorre a complicati sistemi di schermaggio ed a livelli via via crescenti di radiopurezza, che rendono Borexino “il posto meno radioattivo al mondo”.[3] È estremamente importante escludere ogni tipo di contaminazione.

Infatti, occorre pensare che, a dispetto dell’enorme numero di neutrini solari che arrivano in ogni momento sulla Terra, si registrano solo poche interazioni al giorno per ogni tonnellata di liquido rivelatore (e ancor meno per i particolari neutrini del ciclo CNO), contro i 10 000 o anche i 100 000 decadimenti radioattivi caratteristici invece nei materiali comuni, come aria, acqua o metallo, per tonnellata ogni secondo.[4]

Riportando quanto scritto dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), possiamo meglio comprendere l’elevatissimo livello tecnico e scientifico raggiunto da Borexino.

Figura 2: schema illustrativo dell’esperimento Borexino, situato presso i Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso.

L’esperimento visto dall’esterno appare come una cupola di sedici metri di diametro al cui interno si trova una sorta di “matrioska”. La cupola contiene 2400 tonnellate di acqua altamente radio-purificata, che serve come primo schermo per le emissioni radioattive ambientali e come rivelatore per le poche radiazioni emesse dai contaminanti.

All’interno del volume d’acqua si trova una sfera di acciaio dentro cui sono fissati 2200 fotomoltiplicatori, occhi elettronici che registrano l’emissione di lampi di luce, anche debolissimi, provocati dai neutrini quando interagiscono nel cuore del rivelatore. Questa sfera contiene mille tonnellate di pseudocumene, un idrocarburo utilizzato per schermare la parte sensibile del rivelatore.

Infine, il cuore ultimo di Borexino contiene, dentro una sfera di nylon, 300 tonnellate di liquido scintillante. Il funzionamento assomiglia a quello di un vecchio flipper: quando i neutrini si “scontrano” con gli elettroni dello scintillatore trasferiscono loro parte della propria energia, provocando un’emissione luminosa da parte delle molecole del liquido. Questi lampi vengono visti dai fotomoltiplicatori grazie alla trasparenza del liquido interno alla sfera”.

Il lavoro minuzioso con cui vengono allestiti gli esperimenti sui neutrini solari, per rilevare anche gli effetti più sfuggenti del loro passaggio attraverso la materia, ha permesso quindi di comprendere a fondo il funzionamento del Sole, di perfezionare la nostra conoscenza della fisica particellare e ad oggi anche di confermare direttamente l’esistenza di processi nucleari che alimentano molte stelle con delle proprietà fisiche completamente differenti dalla nostra. Si tratta senz’altro di un settore della fisica che offre ancora molto da imparare.

Per approfondire:

L’ESPERIMENTO BOREXINO

BOREXINO OTTIENE LA PRIMA PROVA SPERIMENTALE DI COME BRILLANO LE STELLE MASSIVE

[1] R. Kippenhahn, A. Weigert, A. Weiss, Stellar Structure and Evolution, 2012, Springer, pag. 193.

[2] The Borexino Collaboration., Agostini, M., Altenmüller, K. et al., Experimental evidence of neutrinos produced in the CNO fusion cycle in the Sun, Nature 587, 577–582 (2020).

[3] https://home.infn.it/it/comunicazione/comunicati-stampa/4198-borexino-ottiene-la-prima-prova-sperimentale-di-come-brillano-le-stelle-massive

[4] The Borexino Collaboration., Agostini, M., Altenmüller, K. et al., Experimental evidence of neutrinos produced in the CNO fusion cycle in the Sun, Nature 587, 577–582 (2020).

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